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Ordinanza 18/21 sul Cognome Materno - LETTERA APERTA al Presidente e agli altri Giudici della Corte

Ordinanza 18/21 sul Cognome Materno - LETTERA APERTA al Presidente e agli altri Giudici della Corte

Il rispetto della Costituzione e dei Trattati muterà le sorti del Cognome dei Figli in Italia?

Mercoledi, 17/02/2021 - Buongiorno, a tutti i cortesi membri della Corte.

Sono stata indecisa se scriverVi o meno, in quanto la Corte Costituzionale rappresenta ed è la massima autorità nella valutazione della costituzionalità delle leggi e certamente non ha bisogno di interventi di chicchessia per operare.
E tuttavia questa mia lettera non mira a determinare le decisioni altrui – né potrebbe - ma solo a rendere manifeste le aspettative di molte donne, di quelle almeno – e non son poche – che da tempo si battono per una riforma delle norme attuali in materia.

Così, ho scelto di esprimere alcune considerazioni non tanto su ciò che, nella Vostra totale autonomia, potrete decidere sul 262 sotto esame, ma soprattutto su certe soluzioni passate che sempre la Corte, nelle sue decisioni precedenti, ha ritenuto di dover assumere.

La libertà di pensiero, che la nostra Costituzione ci assicura, non può essere scambiata d’altronde per intromissione o rifiuto di accettare, quanto meno nell’immediato, le decisioni delle autorità a ciò preposte. Se così non fosse, non soltanto si smentirebbe l’art. 21 nella sua applicazione vivente ma non sarebbe nemmeno stato possibile per la coppia Cusan e Fazzo, le cui richieste erano state bocciate nel concreto con la sentenza della Corte Costituzionale del 16 febbraio 2006, n. 61, adire successivamente il Tribunale di Strasburgo con il ricorso n. 77/2007 e provocare la famosa sentenza della CEDU del 7 gennaio 2014, di cui oggi è obbligatorio tener conto.

Ho letto con fiducia rinnovata la motivazione della Vostra ordinanza n.18 depositata l’11/02/2021. Non essendo una giurista – ma incontrerei forse qualche difficoltà anche se invece lo fossi – non mi appare molto chiaro il senso del passo “nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori”. Ciò che suscita in me degli interrogativi è la prima parte del brano, cioè l’inciso “in mancanza di diverso accordo dei genitori”.

Ora, sappiamo che, nei casi di riconoscimento successivo, è addirittura accaduto che qualche giudice sopprimesse a suo “insindacabile giudizio” il cognome materno sin lì avuto da una bimba che viveva peraltro con la madre, a vantaggio del solo cognome paterno. Sappiamo anche che, in caso di riconoscimento contestuale, la prassi dell’attribuzione dei cognomi è equiparata a quella vigente per le coppie coniugate, oggi mutata in parte per effetto della sentenza 286/16 della Corte. Sappiamo anche in che cosa consista la modifica intervenuta, cioè nella possibilità che i genitori optino per l’aggiunta del cognome materno – ma non per l’attribuzione del solo materno – per scelta comune. Ed è qui che alcune cose vanno dette e che, al contempo, si sostanzia la mia perplessità sulla possibile interpretazione di ciò che è scritto nell’ordinanza n.18.

Se l’accordo dei genitori è limitato all’aggiunta del materno, senza che vi sia alcun altro accordo “diverso” possibile, a quale “diverso” accordo ci si sta riferendo nel brano? Di fatto l’accordo “diverso” dal doppio cognome è tale per modo di dire, anzi non esiste nemmeno, perché senza accordo sul doppio vige esclusivamente il cognome del padre che non abbisogna di consenso alcuno per essere sempre vivo e vegeto e giganteggiare solitario in tutta la sua stolta pochezza.

Sarà un mio limite, anzi certamente lo è, ma non ho ben capito la questione.

Mi è chiaro invece quel che è disceso dalla sentenza 286/16 per i figli e per le donne italiane.

È stata riconosciuta l’utilità, per la formazione dell’identità della prole, del doppio cognome ovvero della presenza di un filo conduttore che colleghi tramite i due cognomi figli e figlie alle due matrici parentali di appartenenza, la paterna e la materna (o la materna e la paterna, se soltanto la mania dell’ordine alfabetico valesse anche quando ci si scontra con i residui quasi immortali della mentalità maschilista). Utilità e non necessità, perché dopo la sentenza CEDU del ’14 non è più possibile legalmente – a meno che non si vogliano misconoscere quegli articoli della CEDU, ripresi anche dalla CDFUE, che hanno determinato la decisione del Tribunale di Strasburgo – negare a una coppia il diritto di decidere in proprio per l’uno o per l’altro cognome da attribuire, se cioè il paterno o il materno.

Andiamo adesso a ciò che dalla sentenza 286/16 è conseguito specificamente per le donne.
Prima della sentenza della Consulta del 2016, nessun genitore in Italia aveva la possibilità di discostarsi dalla patrilinearità assoluta. Non poteva volerlo la madre, ma non poteva volerlo neanche il padre, come ho appreso nel corso di una causa civile, la prima in Italia sul tema, avviata da me nel 1980 presso il tribunale civile di Palermo.
Su quell’esito di respingimento avvenuto nel 1982 non mi soffermo, per non dilungarmi su aspetti che appaiono oggi inessenziali. Quell’osservazione, però, diversamente da quasi tutto il resto era valida. Non era infatti esistita, sino alla sentenza 286 del 2016, una subordinazione della donna all’uomo – della madre al padre – in merito al cognome dei figli. Entrambi i genitori erano subordinati allo Stato, che, essendo di matrice patriarcale, favoriva nei fatti solo l’uomo a scapito della donna (nonché dei figli).

Quel che io e anche altre ci siamo chieste e ci chiediamo è come sia stato possibile per la Consulta determinare di fatto una situazione che cozza con l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29 Cost.), col divieto di discriminazione per sesso (art. 3 Cost.), nonché con gli espliciti divieti di discriminazione per sesso contenuti nei trattati internazionali sottoscritti (artt. 14 della CEDU e 21 della CDFUE che ha accolto e adattato la carta di Nizza), unicamente per aver voluto limitare il giudizio a quel segmento del problema generale collegabile alla richiesta di doppio cognome dei ricorrenti di allora. Non so, anzi non sappiamo, con quale criterio obiettivo lo abbia fatto, dato che ciò che oggi la Corte sta facendo è invece sottoporre ad esame l’articolo in sé da cui la disparità discende, prima ancora di valutarne l’incidenza nel caso pratico dell’eccezione presentata dal Tribunale di Bolzano.

Detto diversamente, penso e pensiamo che questa sensibilità e obiettività che la Corte sta oggi manifestando sarebbe dovuta apparire all’orizzonte anche prima, visto che gli articoli della Costituzione datano dal tempo della promulgazione della stessa e che i trattati, oggi da questa Corte richiamati, erano in vigore già allora.
Io, le altre donne e anche alcuni uomini, che hanno lottato per il cognome materno, nutriamo malgrado quanto esposto la fiducia che oggi non si guardi più la smagliatura ma l’insieme del tessuto sociale e giuridico esistente e che si possa determinare con serenità e coraggio il cambiamento.

Ce lo attendiamo, perché stiamo prendendo alla lettera quanto nell’ordinanza è stato scritto:
“l’esame di queste specifiche istanze di tutela costituzionale, attinenti a diritti fondamentali, non può essere pretermesso, poiché «l’esigenza di garantire la legalità costituzionale deve, comunque sia, prevalere su quella di lasciare spazio alla discrezionalità del legislatore per la compiuta regolazione della materia»…” (seguono sentenze varie).

Speriamo dunque vivamente che non si continui ad aspettare che il Parlamento, in una delle sue fiacche Legislature, faccia quanto da tempo avrebbe dovuto fare al riguardo. La preoccupazione di creare qualche difficoltà agli uffici anagrafici – risolvibile peraltro facilmente in via provvisoria con qualche circolare mirata – non può più tramutarsi in una lesione dei diritti costituzionalmente garantiti e nell’offesa alla dignità delle donne.

Ringraziando per l’attenzione accordata, porgo i miei deferenti e speranzosi saluti.

Iole Natoli
(giornalista)

Ringraziano insieme a me:
Elisa Martinello, Roberta Cordaro, Francesca Pipitone Bottini, Nathalie Pellegrino, Federica Fini, Cinzia Ciriotti, Iole Granato, Vittoria Camboni, Jeanine Bongiovanni, Irene Pecikar, Sara Mortoni, Daniele Fiorucci, Valeria Guerreri, Elena Bondi, Ranusia dos Santos Barboza, Christian Carmosino Mereu, Isabella Gangale, Martina Abrignani, Michela D'Angelo, Silvia Arisi, Cristina Pagani, Nadia Mozenich (Psicologa-psicoterapeuta, Muggia Trieste), Ekaterina Menchetti, Roberta del Re, Cristina Gusmeroli, Sen. Alessandra Maiorino, Mariangela Palazzolo, Irene Bonci, Federica Cagnolati, Magda Braini, Francesca Fabris, Marcella Formenti, Silvia Russo, Sandra Contipelli, Marina Longo, Roberta Fumagalli, Sara Nicusanti, Nicol Lazzarin.

Link di riferimento nel testo:

1 - ordinanza n.18:
https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2021:18

2 - la prima (causa civile) in Italia sul tema:
http://cognomematernosentenze.blogspot.com/2015/02/acquisto-e-non-trasmissione-del-cognome.html

3 - Iole Natoli:
https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/p/iole-natoli-e-il-cognome-materno.html

15.02.2021

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