Martedi, 31/03/2020 - Caro Mark,
in questo cielo senza nuvole la quarantena sembra ancora più crudele. Lavo i denti con la finestra aperta pensando a un’altra giornata da iniziare senza fretta. Quanto silenzio fuori. Sembra un incantesimo, l’esatto contrario della guerra.
Non so se ti ho mai raccontato della prima volta che sono stata a Beirut. Era il 2006. La polvere delle macerie entrava dappertutto, il quartiere sciita a sud est della città sede della televisione al Manar era stato letteralmente raso al suolo.
Restavano solo gli scheletri dei palazzi. Ho ancora davanti agli occhi la foto pubblicata per questo giornale: due donne velate di nero che camminavano tra detriti imbiancati di calce.
Negli anni ho imparato che certe immagini fanno da ossatura alla memoria di una generazione, creano un senso di comunità che si trasmette raccontandolo a chi non c’era.
Anche per questo virus c’è un frammento di pellicola rimbalzato dalla tv che più di altri mi è restato impresso, è il trasporto di notte dei feretri su mezzi militari, una lunga colonna blindata, come in guerra.
A presto.
Emanuela Irace
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