Moldavia - La nuova legge anti-discriminazione si applica alla razza, all’origine etnica, alla religione o alle convinzioni personali e alla disabilità. Ma non all’orientamento sessuale
Cristina Carpinelli Sabato, 13/10/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2012
Nella Moldavia post-sovietica, gay e lesbiche continuano a nascondersi nel timore di pregiudizi e discriminazioni. Secondo GenderDoc-M (un centro d’informazione sugli studi sui sessi), che si dedica ai diritti LGBT (lesbian, gay, bisexual, transgender and intersex), nel paese vivono circa 90.000 persone omosessuali. Molte di loro nascondono la loro identità sessuale temendo di essere vittima di pregiudizi ed esclusione sociale. Le organizzazioni in difesa dei diritti LGBT, come GenderDoc-M, denunciano da tempo che il numero delle aggressioni e delle discriminazioni di cui sono vittime le minoranze sessuali è cresciuto negli ultimi anni. Anche l’UE ha espresso la sua preoccupazione per queste crescenti manifestazioni d’intolleranza e discriminazione. In base ad un sondaggio nazionale realizzato nel 2011, solo il 14% degli intervistati accetterebbe vicini di casa omosessuali, il 13% li vorrebbe come colleghi, il 10% come amici e il 4% come futuri membri della famiglia. Il risultato di questo sondaggio è uno tra i motivi che hanno spinto il governo moldavo a ritirare la proposta di legge anti-discriminazione arrivata nel marzo 2011 all’esame del parlamento. L’approvazione di una legge anti-discriminazione, che è uno dei requisiti posti dall’UE per procedere sul cammino dell’integrazione europea e liberalizzare il regime dei visti, ha causato un vivace dibattito a Chiºinãu (capitale della Moldavia). Forti pressioni contrarie sono arrivate dalla Chiesa ortodossa, la quale ha argomentato che “l’introduzione di una simile legge avrebbe potuto limitare la libertà di espressione, vietando manifestazioni di omofobia” (sic!). Le principali città sono state inondate di volantini anonimi (dietro cui, secondo le autorità, vi era la chiesa ortodossa) nei quali si poteva leggere che la “legge anti-discriminazione sancisce la dittatura dell’omosessualità sulla normalità (...) dà ai pederasti più diritti che alle altre persone” o ancora che “qualunque omosessuale sarà libero di praticare la sua devianza in pubblico, anche davanti a bambini…I pederasti avranno ogni diritto d’insegnare che essere omosessuale é ‘buono e normale’ in giardini d’infanzia, scuole e università”.
Anche la pubblicità sessista delle aziende ha invaso la capitale moldava. Secondo l’avvocata Doina Ioana Straisteanu, questo tipo di pubblicità non è altro che mercificazione del corpo femminile, oltre che una proposta di modelli sessisti di bellezza. Aggiunge l’avvocata: “Il messaggio è che le donne possono fare carriera solo ostentando il loro corpo e la loro sessualità”. La legge sulla pubblicità in Moldavia non vieta la pubblicità discriminatoria. Fra i paesi dell’ex-blocco socialista, solo la Romania e gli Stati Baltici hanno posto restrizioni alle pubblicità sessiste. “La maggior parte delle agenzie pubblicitarie nell’UE si sono date un codice etico, e quelle moldave dovrebbero fare altrettanto”, afferma Ms. Violeta Neubauer, rappresentante della Commissione europea contro la discriminazione delle donne: “…è piuttosto difficile sanzionare chi viola questi principi, perché il settore privato è un’entità autonoma. Tuttavia, con una buona legge contro le discriminazioni, il governo potrebbe rendere le aziende più responsabili”.
L’assenza nel paese di una legge anti-discriminazione ha consentito anche, con vari pretesti, che fossero licenziate lavoratrici in stato di gravidanza. Queste donne sono considerate dalle imprese un fardello. Per loro niente flessibilità di condizioni di lavoro o congedi di maternità (previsti dalle leggi sul lavoro a partire dal sesto mese di gravidanza), ma rischio di licenziamento, nonostante lo Stato incoraggi la natalità. Un sondaggio su “donne e uomini nel mercato del lavoro”, effettuato dal Centro nazionale per l’informazione e gli studi sulle questioni femminili, ha evidenziato che alcune giovani donne avevano riferito di non essere state assunte perché giovani madri o per non aver escluso il desiderio di avere un figlio. Il 3% delle intervistate avevano dichiarato di essere state licenziate a causa del loro stato di gravidanza. Il 27% avevano sostenuto che i datori di lavoro consideravano le donne manovalanza a basso costo.
Eppure, dice l’avvocata Doina Ioana Straisteanu, le leggi sul lavoro prevedono la tutela delle donne incinte, che hanno diritto ad adeguate condizioni di lavoro: “Il datore di lavoro deve assicurare la tutela della salute della donna e la lavoratrice non può essere licenziata a causa della gravidanza”. L’Agenzia statale per il lavoro ha testimoniato che in molti casi le donne raccontano di non essere state assunte perché hanno figli piccoli o che i datori di lavoro si rifiutano di pagare il congedo di maternità. Ala Supac, direttrice dell’Agenzia statale per il lavoro, sostiene che documentare le discriminazioni sul lavoro è difficile. I datori di lavoro trovano sempre un modo per motivare il licenziamento o la non assunzione, sostenendo, ad esempio, in quest’ultimo caso, di aver trovato una migliore candidatura. Ci sono situazioni in cui le donne sono costrette a firmare contratti che vieta loro di rimanere incinte nei primi due o tre anni di lavoro. Secondo le leggi sul lavoro, una madre ha diritto di rimanere a casa per prendersi cura di un figlio fino ai 3 anni, e anche i padri hanno diritto ad un congedo. Nel 2010, tuttavia, alcuni emendamenti hanno reso più facile licenziare le donne in stato di gravidanza per presunti errori o negligenze sul lavoro. Come spiega Claude Cahn, consigliere ONU per i diritti umani in Moldavia, questo succede spesso: “Non è un problema locale. In molti altri paesi si copre un licenziamento discriminatorio con pretesti relativi ad assenze ingiustificate”. La legge del 2006 che garantisce uguali opportunità fra uomini e donne in Moldavia non è applicata. Nessun caso di discriminazione sul lavoro per gravidanza è stato finora sanzionato. Anche per questa ragione, il governo aveva deciso lo scorso anno di sottoporre al parlamento una proposta di legge anti-discriminazione che rendesse più facile difendere i propri diritti davanti agli organi competenti.
Dopo forti pressioni da parte dell’UE e delle Ong locali, finalmente è stata approvata il 25/5/2012 dal parlamento la legge anti-discriminazione (firmata dal presidente della Repubblica il 28/5). La legge anti-discriminazione prevede la creazione di un “Consiglio per la prevenzione e la lotta alla discriminazione”, che rappresenta un importante meccanismo di ricorso per le vittime di discriminazione. Tuttavia, a seguito delle proteste della Chiesa ortodossa e di alcuni esponenti di varie forze politiche (anche del campo progressista), la tutela dei diritti LGBT è garantita dalla legge solo in relazione al mercato del lavoro. La legge anti-discriminazione si applica a tutti i settori della vita in riferimento alla razza, origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, ma non all’orientamento sessuale. Per quanto riguarda, invece, l’identità di genere, la legge non proibisce “esplicitamente” alcuna discriminazione in nessun settore della vita.
La nuova legge non compromette la definizione di famiglia concepita come fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Agli omosessuali non è permesso di formare delle famiglie e disturbare l’ordine pubblico. La nuova legge è stata approvata grazie anche agli sforzi della diaspora moldava che, attraverso appelli pubblicati da associazioni di residenti all’estero, ha esortato il governo ad avere più coraggio e ad approvare questa legge in linea con le richieste dell’UE e con l’obiettivo pure di velocizzare i negoziati sulla liberalizzazione dei visti. La legge entrerà in vigore nel 2013.
Il gruppo di lavoro all’ONU
Il 31 maggio 2012 un gruppo di esperti alle dipendenze delle Nazioni Unite ha chiesto pubblicamente alle autorità moldave di rafforzare i meccanismi istituzionali e finanziari per garantire l’attuazione coerente ed efficace del quadro giuridico in materia di parità tra uomini e donne. Questo gruppo di esperti ravvisa, ad esempio, ostacoli nell’applicazione corretta della legge sui casi di violenza domestica. La pioniera in questa materia, Eleonora Zieliñska, ha sostenuto che in Moldavia c’è un pregiudizio generale su come sono perseguitati e sanzionati i reati di stupro e altri reati sempre a sfondo sessuale. Ha richiamato, inoltre, l’attenzione sulle preferenze dei datori di lavoro di questo paese ad assumere donne senza familiari e sotto i 45 anni, sull’esistenza di un divario salariale tra uomini e donne e su vari casi di licenziamento illegittimo legati a gravidanze. Ms. Kamala Chandrakirana ha esortato il governo moldavo a condurre un monitoraggio periodico e rivedere le misure speciali che devono essere assunte per superare la sotto-rappresentanza delle donne in posizioni decisionali: “Alla luce della situazione economica della Moldavia, è deplorevole che le pratiche discriminatorie continuino ad essere perpetuate, impedendo la partecipazione piena e paritaria delle donne nel mercato del lavoro”. Il gruppo di esperti presenterà le proprie conclusioni e raccomandazioni finali in una Relazione, che sarà consegnata nel giugno 2013 al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
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