Paesi post-sovietici - Una panoramica sulla cultura omofobica e sui diritti LGBT nei paesi che facevano parte dell’Unione Sovietica. Tante, troppe le zone oscure
Cristina Carpinelli Sabato, 27/12/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2015
ESTONIA, LETTONIA, LITUANIA
Mentre sulla Russia piovono critiche per le sue politiche ostili verso le comunità LGBT, l’Estonia guadagna, tra gli stati post-sovietici, il primato di paese progressista. Già con le elezioni europarlamentari del maggio 2014, il piccolo paese Baltico aveva dato prova di “virtuosismo”, assegnando pari seggi a uomini e a donne (1). Ora ha legalizzato i matrimoni tra le persone dello stesso sesso. Questo è quanto emerge da una ricerca pubblicata nel portale Lenta.ru, il cui oggetto d’indagine è l’atteggiamento dei Paesi ex-comunisti nei confronti delle unioni di genere.
La legge estone sui matrimoni omosessuali entrerà in vigore il 1° gennaio 2016. Dalla ricerca si apprende, tuttavia, che su questa questione il parlamento si è spaccato a metà. Solo due voti in più hanno consentito di fare pendere l’ago della bilancia a favore dei matrimoni con persone dello stesso sesso. All’indomani dell’esito del voto, il presidente dell’Estonia, Toomas Ilves, ha dichiarato: “La nostra Costituzione sancisce l’uguaglianza. La società estone non sopporta l’intolleranza nei confronti dei propri cittadini. Siamo troppo pochi per poter discriminare qualcuno”. In base alla nuova legge, le coppie dello stesso sesso avranno il diritto di registrare il matrimonio, regolare giuridicamente le questioni patrimoniali, adottare i figli a patto che uno dei due partner sia il genitore biologico del bambino. Il testo estone segna una netta cesura con le leggi e la retorica politica omofobe di molti paesi ex sovietici, primo fra tutti la Russia. Sempre dalla ricerca si rileva, in controtendenza, che un altro paese Baltico, la Lettonia, ha “costituzionalmente” sancito il matrimonio solo come “un’unione tra un uomo e una donna”. In Lituania la proposta di legge anti-gay, che avrebbe vietato discorsi, parate e materiali audiovisivi a sostegno dei diritti degli omosessuali, è stata bocciata dal parlamento. Il paese baltico non si è, dunque, accodato alla terribile, quanto sempre troppo lunga lista di paesi che condannano in maniera esplicita o implicita l’omosessualità.
BIELORUSSIA, UCRAINA
In Bielorussia, l’atteggiamento sessista è piuttosto marcato. A partire da quello del presidente del paese, Lukašenko, secondo il quale “se una donna va con un’altra donna, la colpa è di noi maschi”. Le azioni repressive nei confronti degli omosessuali sono di varia natura: dall’impedire a questi ultimi di gestire night-club, al costante monitoraggio dei social network da parte della polizia, sino a richiedere una perizia psichiatrica ai giovani di orientamento omosessuale che si sottopongono a visita medica per la leva obbligatoria. Nella primavera del 2013, il parlamento bielorusso aveva preso in seria considerazione la reintroduzione nel codice penale della norma sulla pederastia. L’Ucraina, candidata ad entrare nell’Unione Europea, sta sempre più polarizzando la sua opinione riguardo alle unioni tra persone dello stesso sesso. Permane, comunque, al fondo, un atteggiamento non favorevole. Da un sondaggio, condotto dall’Ufficio indipendente delle notizie (Nezavisimoe Bjuro Novostej), alla fine del 2013, gli ucraini che si erano espressi contro la legalizzazione delle unioni omosessuali erano il 43% degli intervistati, mentre il 39% riteneva addirittura necessario - sull’esempio della Russia - introdurre una legge di divieto della propaganda omosessuale. In più, l’Ucraina (occidentale) è in mano a una leadership fortemente orientata a destra che non ha certo nelle sue intenzioni quella di compiere “la rivoluzione dei sessi”. A riprova di ciò sta il fatto che “l’Unione Europea ha deciso di chiudere un occhio sui diritti LGBT (…) anche in Ucraina: se in un primo tempo l’approvazione di una norma contro le discriminazioni faceva parte del pacchetto necessario per un accordo di cooperazione sui visti e i Paesi Bassi avevano esplicitamente minacciato di porre il veto nel caso in cui Kiev non si fosse impegnata contro l’omofobia, ora l’UE ha accettato di rinviare a una data futura indefinita l’introduzione di questa legge”(2).
RUSSIA
In Russia - come già accennato - dal 1° luglio 2013 è entrata in vigore una legge che elimina ogni possibile propaganda sulla omosessualità in tutte le sue varianti. La legge anti-gay prevede per i trasgressori sanzioni amministrative severe, che vanno da 4mila a un milione di rubli (100 euro -25mila euro), a seconda se i responsabili siano semplici cittadini, funzionari pubblici o organizzazioni. Diversi Istituti russi di monitoraggio dell’opinione pubblica hanno rilevato che la maggioranza della popolazione russa è favorevole alla censura morale, tra cui quella nei confronti dell’omosessualità. Il russo Aleksej Komov, ambasciatore presso l’ONU e presidente del Congresso mondiale della famiglia,
in un’intervista, rilasciata a la “Voce della Russia”(3), ha affermato che “Oggi assistiamo a varie iniziative per imporre nuove e radicali ideologie rivoluzionarie, in particolare la teoria di genere secondo la quale il sesso di una persona non è dato da Dio, ma è piuttosto una sorta di costruzione sociale”. Per fortuna - sostiene sempre Komov - in Russia, dopo essersi sbarazzati di 23 anni di comunismo, sono state attuate molte leggi a favore della famiglia tradizionale: “la pubblicità dell’aborto è ora vietata, così come la propaganda aggressiva tra i minori dello stile di vita LGBT”. Per l’ambasciatore, la Russia è “(…) una realtà molto incoraggiante per i moderni cristiani occidentali che dimostra che la rinascita del cristianesimo è ancora possibile per l’Occidente, attualmente oggetto di una pesante ondata di apostasia e di propaganda anti-cristiana”.
REPUBBLICA CECA, UNGHERIA, POLONIA
Nel 1990, nella repubblica Ceca, sono stati rimossi dal codice penale i provvedimenti discriminatori e la norma che regolava la prostituzione omosessuale. Inoltre, la Camera dei deputati, il 15 marzo 2006, ha approvato una legge sulle unioni registrate per le persone dello stesso sesso. La legislazione ungherese ha adottato norme anti-discriminazione, e l’omofobia è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale quale atteggiamento discriminatorio. Tuttavia, nel 2012, è stato approvato dal parlamento dell’Ungheria il nuovo codice di procedura penale, entro il quale omofobia e transfobia sono stati riconosciuti come comportamenti potenzialmente delittuosi. Sebbene siano stati posti dei limiti al riconoscimento dei diritti della comunità omosessuale (non è consentito il matrimonio - vietato dalla Costituzione -, né l’adozione), dal 2009 le coppie di fatto, anche dello stesso sesso, sono riconosciute dallo Stato. In Polonia, gli omosessuali non godono di protezioni specifiche nella legge, le loro unioni non sono riconosciute giuridicamente, e il matrimonio omosessuale è vietato specificatamente dalla Costituzione polacca. La maggior parte della popolazione, come rivelano i sondaggi compiuti dal 2001 al 2013, si mostra contraria al dare diritti alle coppie omosessuali. Il tribunale polacco ha concesso nel 2011 a un partito di estrema destra di utilizzare un simbolo elettorale anti-gay: il Partito della rinascita polacca (Narodowe Odrodzenie Polski, NOP). A questo partito, oltre alla classica croce celtica, è stato consentito di usare questo nuovo logo, in cui un simbolo di divieto copre il disegno di due omini stilizzati impegnati in un atto sessuale. Il NOP ha diffuso il simbolo con lo slogan “Zaka Pedalowani” (qualcosa come “divieto di froceria”).
KAZAKISTAN, KIRGHIZISTAN, UZBEKISTAN, TURKMENISTAN
In Kazakistan nel 2007 è stato rimosso dal codice penale l’articolo sulla pederastia, e dal 2009 è ufficialmente autorizzato l’intervento chirurgico per cambiare sesso. Tuttavia, a seguito dell’approvazione del nuovo codice “Sul matrimonio e la famiglia”, nel dicembre 2011 è stata approvata una legge che vieta la registrazione delle unioni omosessuali, nonostante nel paese ci siano, a detta della comunità LGBT, più di 600mila persone di orientamento sessuale non-tradizionale. Circa due mesi fa era scoppiato uno scandalo perché in Facebook era comparso un banner, creato da un’agenzia pubblicitaria di Alma-Ata, nel quale era riportato il “famoso bacio tra Brežnev e Honecker”.
In Kirghizistan è stato presentato in parlamento un disegno di legge sul divieto di propaganda omosessuale. Ma i paesi che si sono distinti per una netta chiusura nei confronti dell’omosessualità sono Uzbekistan e Turkmenistan. Il codice penale di entrambi i paesi punisce la pederastia. In Uzbekistan, gli omosessuali rischiano la reclusione sino a tre anni, mentre in Turkmenistan - sino a due anni. Il presidente uzbeko, Islam Karimov, in un recente incontro con colleghi stranieri, ha dichiarato che “per gli uzbeki l’omosessualità è qualcosa di ripugnante”.
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