Giovedi, 12/01/2017 - L’omicidio in ambiente domestico, fratricida, di genere, uxoricida e altro, è annoverato tra i fenomeni in crescente allarme sociale, d’importanza emergente.
Al di là della compassione che si prova per le vittime e per chi resta, ci si chiede il perché di un così efferato delitto: un figlio sedicenne che con un compagno uccide brutalmente e a freddo i propri genitori. Non è sufficiente guardare tali avvenimenti in ambito strettamente famigliare o psichiatrico per trovare delle risposte, perché mai come oggi certi fatti andrebbero visti in un contesto più ampio, quello sociale. La famiglia, una sorta di contenitore emotivo, ormai è svuotata del suo significato, sempre più spesso diventa così ambito in cui si consumano tragedie simili. I motivi non riguardano più soltanto l’individuo ma il rapporto tra microcosmo e macrocosmo di riferimento. Le trasformazioni sociali stanno alterando lo stesso concetto di famiglia, soprattutto in un Paese come il nostro, caratterizzato da questo valore-etichetta. Nell’epoca odierna ci si chiede quanto possano influire tali mutamenti nell’educazione dei figli e nell’attuale pedagogia. Analizzando queste tragedie familiari è come se l’uomo postmoderno fosse un insieme d’identità, come frantumata, privato della possibilità di distinguere tra mondo reale e virtuale. Nella vita del minorenne omicida di Ferrara deve essere avvenuta una perdita di senso nelle relazioni interpersonali, una perdita della relazione IO-TU.
Troppo spesso l’educazione dei figli passa per una pedagogia adattata a “come va il mondo oggi”, che accetta acriticamente tutto il peggio della TV, dei fumetti, dei giocattoli di plastica, della “musica” orribile, del web, dei videogiochi - dove per vincere si eliminano delle sagome umane, figure scisse così dalla loro corporeità, ma pur sempre simbolicamente umane-.
L’educazione sembrerebbe orientata ormai agli “ideali” consumistici distruttivi e estranei all’infanzia, dove ambizione sociale e privata s’intersecano dando luogo alla inevitabilità di un “modello di successo”, modello in opposizione a tutto ciò che non si conformi a esso, quindi a qualcosa di deplorevole. Proprio per questo un insuccesso scolastico può trasformarsi facilmente in una rottura dell’equilibrio -una spaccatura dell’Io umano-, soprattutto quando dopo l’insuccesso segue il rimprovero. Una ramanzina, che se ripetuta, assume nel tempo un annullamento della propria autostima e una seria difficoltà di accettare le preoccupazioni genitoriali come tali.
Il successo ad ogni costo imposto pure in modo competitivo dai modelli culturali, pone il giovane tra una realtà sociale spesso difficile da affrontare e una realtà famigliare incerta o instabile. Spesso è proprio la famiglia considerata come motivo principale del proprio insuccesso e la via più semplice diventa quella di scaricare le frustrazioni sui propri congiunti. Dalla famiglia del passato che trasmetteva alcuni valori svolgendo un ruolo “etico-normativo” a quella attuale “socio-affettiva”, che delega al sociale le sue funzioni. Quasi inevitabile che il vissuto dei conflitti non si viva o si proietti sugli altri membri del nucleo famigliare.
Un gesto come questo tipo di omicidio è un segnale di “delitto-sintomo”, un’iniziale manifestazione patologica di tipo psicotico –spesso connessa all’uso di sostanze stupefacenti- ma anche un attacco al ruolo sociale che la coppia genitoriale rappresenta. L’uccisione diventa così la rottura di un tentativo mal riuscito di equilibrio famigliare logorato nel tempo e dall’interno.
Nell’insistente ricerca del perché di tale gesto si è parlato di una famiglia “normale” con un figlio un po’ timido ma normale. La definizione di normalità è in fondo una definizione dell’apparenza del comportamento umano, è la definizione della sua visione statica, perché altra cosa sono le aree dinamiche, come ad esempio il comportamento psichico del soggetto. Spesso le relazioni sociali si fondano su luoghi comuni, senza sentore di allarme, attraverso comportamenti convenzionali e condivisi, come l’incontro al “bar dei giovani”, l’alcol, il fumo, i vestiti firmati, il taglio alla moda, o altro, tutti modi di essere omologanti. Dietro ai luoghi comuni però si nascondono le vere differenze individuali, con l’autentica conoscenza dell’altro, magari immerso in un’infinita solitudine.
In questo delitto non si elimina un rivale, cioè il padre, come nella tragedia di Sofocle ma entrambi i genitori, quasi a volere assumere, inconsciamente attraverso quel terribile gesto, il ruolo paterno. Quel ruolo che rivendica un’azione liberatoria: la decadenza dell’ideale genitoriale.
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