Intervista a Rita Capponi - Per avere più donne nelle assemblee elettive basterebbe approvare alcune norme senza costi aggiuntivi per le casse dello Stato
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007
Con Rita Capponi, già responsabile riforme ed equilibrio della rappresentanza della Commissione Nazionale Parità, abbiamo fatto il punto su alcune questioni centrali rispetto al quadro normativo su cui, sia a livello nazionale che locale, occorre intervenire.
Norma transitoria
La riforma del titolo V della costituzione obbliga le Regioni all’inserimento nelle rispettive leggi elettorali di norme antidiscriminatorie in presenza o meno dei nuovi Statuti. Considerato il panorama sconfortante dei tempi di riforma degli statuti, il dibattito dovrebbe concentrarsi sulla approvazione da parte del Parlamento di una norma transitoria, suppletiva e ”cedevole”, che valga per tutte le leggi regionali non ancora adeguate alla riforma. Essa verrebbe meno non appena ogni singola regione adottasse norme proprie. Tale ipotesi, pienamente legittima in quanto attinente ad un diritto civile e sociale fondamentale, richiede tuttavia una forte volontà politica per il rischio di contenzioso che potrebbe venirsi a creare, sanerebbe temporaneamente una difformità inaccettabile all’interno del territorio nazionale. Le leggi elettorali regionali, in generale, o assumono meccanismi prescrittivi oppure non producono effetti significativi come hanno dimostrato finora Lazio e Toscana per un verso e Puglia e Calabria per l’altro.
Legge elettorale nazionale
Considerare il testo approvato in modo unanime dal Senato a fine legislatura un ramo del Parlamento è il minimo da cui ripartire. Al momento, poiché non c’è chiarezza sul tipo di legge elettorale con cui si voterà alle prossime elezioni politiche, (referendum, ipotesi di doppio turno etc…) sarebbe saggio inserire il punto delle quote rosa tra gli irrinunciabili correttivi e miglioramenti della legge attuale che sono oggetto del confronto aperto con l’opposizione dal Ministro dei Rapporti con il Parlamento. Un percorso parallelo potrebbe portare, al di la degli impegni assunti dal governo e ribaditi frequentemente dalla Ministra Pollastrini, alle infauste lungaggini cui abbiamo assistito nelle precedente legislatura sia per il ddl Dato- Amato per il provvedimento del Ministro per le Pari Opportunità.
Norme per le elezioni amministrative
Sono di una urgenza non più rinviabile. Si vota non meno di due volte ogni anno per il rinnovo dei consigli comunali e provinciali e la rappresentanza femminile è da anni in caduta libera. Andrebbe riproposto il meccanismo individuato già nella precedente legislatura dal nostro Comitato di pressione, fatto proprio dalla maggioranza di allora, e che solo a causa di tempi tecnici non vide l’approvazione all’interno del provvedimento che regolava le elezioni amministrative della primavera del 2005. Si tratta di stabilire che ogni lista non debba prevedere più di 2/3 di candidature dello stesso sesso e che i nomi eventualmente eccedenti vengano cancellati a partire dal basso al momento della accettazione delle liste. Cosi facendo non si ledono diritti e la lista sarebbe comunque presente alla competizione elettorale anche se dovesse contenere meno candidature del massimo previsto. Sarà interesse dei partiti non farsi depennare candidati, pena la perdita di quote di consenso.
Doppia preferenza di genere
Il tema non è nuovo e sta tornando di attualità perché dopo la riforma dell’art. 51 non sarebbe più incostituzionale. L’applicazione potrebbe riguardare tutte le liste proporzionali aperte a preferenza unica. La seconda preferenza sarebbe facoltativa e, qualora espressa, dovrebbe essere di genere diverso rispetto alla prima. La Regione Friuli Venezia Giulia sembra stia già tentando questa strada. Certamente una scelta da approfondire anche attraverso simulazioni per valutarne l’impatto effettivo sulla rappresentanza femminile.
Testo raccolto da Rosa M. Amorevole
(14 gennaio 2007)
Lascia un Commento