Martedi, 01/03/2011 - Per chi non conosce a fondo il mondo delle istituzioni assistenziali o si porge con un approccio “buonista” questo libro apparirà “politically incorrect”. È, in realtà, un’analisi, che si percepisce come pienamente vissuta, del perverso sistema che intreccia i tentativi dei ‘poteri’ dell’organizzazione sociale di ‘allontanare’ il diverso da ciò che viene imposto come normalità, raffinando, nei secoli, i metodi per far passare questa ghettizzazione-isolamento come una delle tappe del progresso della civiltà umana. Assistenza benevola e oppressione regolata come facce della stessa medaglia con l’obiettivo di non turbare la tranquillità delle cosiddette categorie ‘normali’, meglio definibili come benestanti. Un sistema che, offrendosi come ‘aperto’ e ‘accogliente’, giunge a un compiutezza ‘repressiva’, negando ad alcuni cittadini i principi basilari delle libertà riconosciute dalla filosofia occidentale e dai diritti degli stati democratici. L’accolto non ha così più la possibilità di scegliere sulla propria vita: in che casa vivere, a che ora uscire di casa, da chi e come farsi aiutare, rimanendo intrappolato nelle maglie cucite dal ‘biopotere’ di una società perbenista che, apparendo però solidale, riesce a falsificare la verità e ad andare oltre il “sorvegliare e punire” di Michel Foucault. A tutto questo si può opporre solo colui/coloro che vengono incasellati nella categoria dei bisognosi, dei menomati, dei diversi, incamminandosi in un difficile processo di liberazione. Oltre l’assistenza ma anche oltre le comodità, le protezioni e ‘la fuga dalla libertà’ che vengono offerte e che recidono, di netto, proprio il processo di liberazione. Laezza propone, a tutti coloro che si trovano nella condizioni di assistiti per condizioni fisiche, psicofisiche o sociali, una coscentizzazione, in varie tappe, per poter raggiungere il più alto livello delle proprie reali potenzialità fisiche ed intellettuali. Attraverso la de-istituzionalizzazione come quella portata avanti da alcune associazioni nate a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, il protagonismo dei ‘marginali’ la cui tappa comunitaria risulta importante - socialmente e per l’autostima-, un’assistenza liberante che si ispiri alla pedagogia di Paulo Freire, un’autodeterminazione che porti alla vita indipendente e liberata dai vincoli assistenziali, autogestita e con piena libertà di decidere del proprio destino.
Gianni Tarquini
Nicola Laezza
Andare oltre l'assistenza. L'assistenza repressiva e l'empowerment della liberazione e dell'integrazione sociale
Lascia un Commento