Martedi, 31/07/2012 - Marina Piazza è stata alla guida del Comitato Scientifico che ha contribuito alla stesura della proposta di legge e che era composto da Donata Gottardi, Tamar Pitch, Maria Luisa Boccia, Cristina Papa, Roberto Benini, Laura Pennacchi, Alessandra Bocchetti, Anna Maria Piuss. Il testo pubblicato è stato la presentazione della proposta di legge “Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne” (Foligno, 27 giugno 2012).
Vi assicuro che non è un compito facile quello di presentare sinteticamente questa proposta di legge. Comunque cercherò di farlo tentando di rispondere ad alcune domande che forse voi vi ponete. Sottolineando che la proposta di legge si presenta in modo interlocutorio, aperto alla discussione e anche al cambiamento e che il seminario di oggi è il primo momento di questo processo di interlocuzione e partecipazione.
Prima domanda. Perché impegnarsi in un’operazione complessa e difficile come abbozzare questa legge quadro o legge di indirizzo, fortemente auspicata dalla presidente Marini e a cui ha lavorato la dirigenza e lo staff della Presidenza, il presidente e lo staff dell’AUR e il comitato scientifico di cui sono coordinatrice e che qui rappresento?
Credo che la risposta possa essere molto semplice e vada cercata nella seconda parte del titolo della legge: Per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini. In un certo senso quindi perché era ineludibile, dato il profondo cambiamento avvenuto in questi anni nel rapporto tra donne e uomini che, sulla base del valore della differenza e libertà femminile, impone una nuova etica della cittadinanza, fondata sul concetto di dipendenza reciproca. Questo concetto - che in un certo senso va oltre il concetto di libertà individuale - è radice profonda dell’esperienza umana e dovrebbe essere fonte primaria della democrazia, ma non si è ancora tradotto in criteri di governo. Ed è precisamente questo il nostro - ambizioso - obiettivo.
Il concetto di genere non va visto come la rappresentazione di una realtà data e acquisita e immobile, secondo i ruoli tradizionali che hanno alla base il concetto di complementarietà tra uomini e donne. Va concettulizzato come un concetto dinamico, che assume il principio della trasformazione delle identità e dei ruoli, aprendo, come un grimaldello, a tutte le differenze. Fondato sull’idea di compresenza nella diversità. Quindi potremmo definire la legge come un insieme di interventi indirizzati a promuovere e sviluppare le capacità degli individui, partendo dalla soggettività di donne e uomini. La legge va intesa come una legge di indirizzo che inquadra le diverse politiche pubbliche che, tutte, hanno effetti sulla relazione tra i generi perchè redistribuiscono risorse, lavori, tempi, competenze tra le persone dei due sessi.
La consapevolezza che nel mondo, nella società nel suo complesso, nel mercato del lavoro, nella regione Umbria vivono, amano, lavorano donne e uomini deve diventare con questa legge il filo rosso che attraversa tutte le politiche regionali.
Seconda domanda. Data questa premessa, come è strutturata la legge? In che modo prefigura una visione trasversale di tutte le politiche regionali?
La questione della trasversalità è l’elemento centrale della legge perchè comporta il fatto che il tema dell’equità di genere sia presente in tutte le fasi e in tutti gli ambiti settoriali di un programma e perchè la combinazione delle misure politiche nei diversi ambiti non deve diventare la somma delle misure, ma la loro integrazione e il principio della sostenibilità di genere deve costituire uno dei principali elementi di trasversalità. In un certo senso si potrebbe parlare di governo delle politiche, versus una modalità di affastellamento, in cui ciascuna politica va per conto suo, senza programmazione e senza valutazione di impatto.
Ma poichè il concetto di genere non è un concetto pacifico e neutrale, ma indica una asimmetria, uno squilibrio, il potere dell’uno sull’altro, sono presenti nella legge anche specifiche azioni positive a favore delle donne.
La legge ripercorre - nei suoi 7 titoli - i principali fattori che intervengono sulla qualità della vita e sulla promozione delle capacità dei soggetti. Li elencherò nelle loro linee essenziali, in modo naturalmente molto molto sintetico.
Dopo il Titolo 1 sui principi e obiettivi, e il Titolo 2 che individua azioni innovative per favorire nuove relazioni tra donne e uomini nella vita quotidiana e esperienze di vita sostenibili sul piano sociale, economico ed ecologico quali la promozione di forme di solidarietà di vicinato, di coworking, car sharing, gruppi di acquisto solidali, ecc. con il Titolo 3 si entra nel vivo degli indirizzi sulle politiche regionali, nei settori dell’istruzione, delle politiche attive del lavoro, del sistema di condivisione del lavoro famigliare tra donne e uomini e di conciliazione tra vita professionale e vita lavorativa, delle misure di contrasto al fenomeno della violenza degli uomini contro le donne, della salute, della democrazia paritaria.
Vorrei brevemente sottolineare quelli che appaiono come i principali elementi innovativi di queste proposte
Nel sistema dell’istruzione, l’obiettivo principale è quello di intervenire nella formazione delle giovani generazioni, sottoscrivendo protocolli di intesa con i soggetti competenti in materia di istruzione per azioni di contrasto degli stereotipi ancora presenti anche nelle nuove generazioni. Educare le bambine, le ragazze, le giovani donne alla dignità, alla cura di sè, all’amore di sè; educare i bambini, i ragazzi, i giovani uomini a sottrarsi alle leggi della sopraffazione e della violenza e di una malintesa virilità. In sintesi - attraverso azioni di incoraggiamento alla revisione degli strumenti formativi e attraverso la formazione degli insegnanti, dei e delle ragazze - educare alla cura di sè, dell’altro, del mondo.
Nel settore che riguarda il lavoro, formazione, impresa, partendo dal presupposto che il sistema economico umbro si è formato su una dimensione prettamente maschile, si dedica attenzione al sostegno al lavoro e all’imprenditoria femminile con azioni positive dedicate, specifiche politiche attive del lavoro e riserva di incentivi sia nella formazione professionale che nella creazione di impresa. Individua nei Centri per l’impiego il perno di riferimento territoriale per queste misure
Nel campo della conciliazione e condivisione, prendendo atto che dal 2009 poco si è attuato nella regione Umbria per sostenere il complessivo sistema delle misure di conciliazione, si definiscono misure concrete di promozione per le aziende e le organizzazioni quali il fondo regionale integrativo del fondo legato all’art.9 della legge nazionale 53/2000 e si promuovono e finanziano - attraverso i fondi interprofessionali - azioni di formazione e di asssistenza alle parti sociali per la partecipazione ai bandi, interagendo con i Centri per l’impiego e con le Camere di commercio. L’obiettivo dichiarato è quello - attraverso un’azione ad ampio raggio - di far diventare il sistema di conciliazione una cultura condivisa che interroga e sovverte il sistema dell’organizzazione fordista e mira a ridisegnare la mappa del welfare. Ancora misure innovative possono essere individuate nell’attribuzione, in via sperimentale, di sgravi fiscali destinati alle imprese con meno di 50 dipendenti per il sostegno a misure di conciliazione legati ai periodi di maternità e paternità; di sostengo alle imprese che favoriscono il congedo parentale dei padri, di misure di sostegno, sempre in via sperimentale, alla maternità per le donne che non fruiscono delle normative vigenti, a causa della precarietà dei lavori, dell’inattività ecc.
Promuove e sostiene inoltre - nello spirito della legge 53/2000 - i piani territoriali dei Comuni, con interventi sui tempi e sugli spazi, per migliorare la qualità della vita quotidiana di donne, uomini, bambini, anziani, autoctoni e migranti.
Nel campo del contrasto alla violenza degli uomini sulle donne, da un lato sostiene azioni di sensibilizzazione, già previsti negli interventi sull’istruzione e sulla conciliazione-condivisione, dall’altro interviene puntualmente - attraverso un programma triennale di interventi e azioni - sulle misure organizzative per la riformulazione e la creazione ex-novo dei Centri antiviolenza e delle case rifugio e per la costituzione della Rete regionale antiviolenza, di cui faranno parte gli enti locali, le aziende ospedaliere, le aziende sanitarie, le forze dell’ordine, la magistratura ordinaria e ninorile, l’ufficio scolastico provinciale e regionale, i centri antiviolenza, il centro per le pari opportunità, le associazioni di donne e di tutela ai bambini ecc.
Basilare è in tutta questa complessa operazione la formazione specifica e l’aggiornamento continuo per le operatrici dei centri antiviolenza e delle case rifugio, prevista nell’ambito della programmazione della formazione professionale.
Istituisce anche centri di ascolto per uomini maltrattanti, sulla scia della sperimentazione che si sta conducendo in Emilia-Romagna. È utile ricordare che a livello nazionale è stata appena approvata in Commissione Affari Sociali la risoluzione che impegna il governo ad accelerare l’iter dell’adesione dell’Italia alla convenzione del Consiglio d’Europa del maggio 2011.
Nel campo della presenza delle donne ai livelli decisionali, la Regione si impegna non solo a promuoverne la presenza ma assume anche l’impegno di destinare il 50% di presenze alle donne nelle nomine di sua competenza.
E che questo impegno debba intendersi in senso sostanziale è confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato del 21 giugno 2012 che ha condannato la Regione Lombardia per la scarsa presenza di donne nella giunta, precisando che promuovere il reiquilibrio tra entrambi i generi negli organi di soverno significa che quel reiquilibrio è un obiettivo da raggiungere e non un esortazione a rinviarlo.
Infine nella legge si definiscono gli strumenti per l’integrazione delle politiche e si delinea l’architettura istituzionale necessaria al funzionamento della legge.
Poichè, come ho cercato di dire, l’elemento fondante è la trasversalità e la coerenza delle diverse politiche - e questo elemento fondante non è un elemento già dato in nessuna amministrazione pubblica, ma è necessario costruirlo - si prevede nella legge il Comitato tecnico permanente di coordinamento per le politiche di genere, interno all’amministrazione regionale, con funzioni di supporto alla programmazione regionale e di monitoraggio e verifica (che dovrebbe prefigurare l’adozione del bilancio di genere) e la Rete regionale per le politiche di genere, che dovrebbe diventare “una sede periodica di verifica generale”, come è peraltro previsto anche dalla legge regionale toscana con la denminazione di “Forum della cittadinanza di genere”. Viene inoltre previsto il Comitato tecnico per la conciliazione formato da esperti con compiti consultivi e a titolo gratuito; l’albo delle Associazioni, la Rete antiviolenza.
L’istituzione di questa architettura istituzionale appare decisiva perchè della necessità e della rilevanza delle politiche di genere devono essere convinti in primo luogo i decisori politici e ammnistrativi : solo così possono incrociare la partecipazione delle associazioni di donne, delle associazioni di categoria, degli uomini e delle donne di questa regione.
Infine la norma finanziaria che sostiene le misure prefigurate nella legge, sia attraverso un budget che sarà definito, sia attraverso il ricorso sui singoli progetti e sulle specifiche politiche, all’integrazione tra le risorse nazionali e comunitarie destinate alle politiche di genere, le risorse apportate dal sistema degli enti locali e le risorse apportate dai soggetti privati.
Da questa sintesi – purtroppo necessariamente rapida – emerge, mi sembra in modo evidente - che la legge si presenta come una cornice di senso entro cui si posizionano le politiche che toccano la vita complessiva di donne e uomini in questa regione. Il senso vero è che, dopo questa legge, non si potrà più parlare di “questione femminile” o di pari opportunità come di una questione a parte, quasi un codicillo irrilevante.
Non si tratta del superamento di una differenza “in meno”, ma la presa d’atto del valore distintivo che le donne portano alla cultura e all’azione. La questione qui è posta non più come una questione di parte o a parte, come una questione di donne, ma come una sorta di imperativo a sviluppare una società più vicina ai bisogni e ai desideri di donne e uomini. Non è solo garanzia dei diritti, ma la gestione efficace delle diversità. Non è affatto facile, è un salto culturale che si chiede con questa legge perchè spesso ci si ferma all’assumere la superficialità dell’accettazione delle diversità, tenendo fermo il pensiero uguale, adottando un atteggiamento di difesa rispetto all’accettazione delle diversità.
E non è stato facile nemmeno il nostro percorso di un anno e permettetimi di utilizzare gli ultimi minuti del tempo che mi è stato dato per delineare il percorso che ha fatto il Comitato scientifico insieme a tutti i soggetti istituzionali che prima ho enumerato.
Siamo partiti dal chiederci che cosa possa significare fare politiche di genere oggi, ai tempi della crisi. Procedere in questo senso ha significato passare da una concezione delle donne come soggetti deboli - bisognose di qualche aiuto - alla concezione della forza delle donne, necessaria soprattutto in questa fase. Quindi alla rilevanza centrale dell’apporto femminile. Significa anche fare attenzione ai processi, come chiave di attivazione delle capacità, nel senso che a questo termine attribuisce A. Sen, e quindi anche alla costruzione di nuove architetture sociali. Su questi concetti abbiamo costruito il convegno di presentazione del percorso della legge nel Convegno di Perugia del 23 giugno 2011.
Abbiamo poi affrontato il tema del lavoro, facendolo interagire con il tema della cura, che non è riducibile solo al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle relazioni umane che riguarda tutti. In questo senso, le politiche di conciliazione e condivisione possono essere assunte come cartina di tornasole dei rapporti di inter-connessione tra sistemi di welfare e mercato del lavoro e come punto di snodo dei rapporti di interdipendenza tra Stato, mercato e famiglie. Con la convinzione che sostenere l’apporto delle donne all’economia pubblica e l’apporto degli uomini alla cura sia funzionale non solo a una maggiore giustizia, ma anche a una maggiore efficacia e efficienza del sistema economico regionale. In poche parole, il welfare non come lusso, ma come investimento.
Su questo tema – lavoro e conciliazione - abbiamo tenuto il Seminario pubblico a Terni del 5 ottobre.
Abbiamo poi proseguito il 18 gennaio di quest’anno con il Seminario di perugia sulla violenza degli uomini contro le donne. Cercando di mantenere come filo rosso il concetto di forza delle donne per sottrarsi all’operazione di schiacciare l’identità delle donne sulla figura della vittima. E quindi puntando su due assi di azioni: da un lato sulla prevenzione/promozione con l’obiettivo di rafforzare l’autonomia femminile e puntando sulla cura di sè, sulla loro forza, dignità e capacità di cambiamento, e dall’altro sulla riprogettazione dei Centri antiviolenza. Che sono una realtà debole in Umbria e che vanno completamente riformulati e creati ex novo. In attesa di un mutamento radicale dell’identità maschile ciò che si può fare è aumentare le risorse e i supporti per le donne.
Siamo perfettamente consapevoli che il nostro lavoro trova un senso se ci sarà la volontà politica di appoggiare la legge, di crederci e di darle gli strumenti di governance, sia nell’architettura istituzionale regionale sia finanziaria perchè diventi una realtà viva e operante. Come tutti sappiamo, le politiche di genere rappresentano un sistema complesso, caratterizzato dall’interazione di diversi attori: le donne e gli uomini, ma anche le istituzioni e le imprese, il sistema dei servizi pubblici e privati, le reti delle donne, ecc.. Il loro successo è dunque condizionato dalla capacità di intervenire con e su una pluralità di attori e di contesti, favorendone il coinvolgimento attivo e l’interazione.
Se così sarà, crediamo che la legge possa diventare davvero lo strumento per un cambiamento nella vita quotidiana, privata e pubblica, di donne e uomini in questa Regione.
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