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Olimpiadi di Pechino: addio alle armi?

Olimpiadi di Pechino: addio alle armi?

Speciale Beijing 2008 / 2 - “Non lo stato di necessità, né la bramosia ma l’amore della potenza è il demone degli uomini”. Friedrich Nietzsche.

Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2008

Ci sono leggende che entrano nella Storia. Lo sport ne è pieno. La più famosa, non è né un peso massimo né il più forte attaccante del Brasile, ma la celebre frase, falsamente attribuita a De Coubertin, “L’importante non è vincere ma partecipare”. Un ever green che ha scavalcato due secoli. Ma dietro la fortuna dell’immagine sportiva c’è la sintesi di un pensiero politico, che nel periodo in cui si andavano a costruire gli stati nazionali cercava un collante per la gioventù dell’epoca. Masse di adolescenti educati al sacrificio e preparati alla guerra, nutrimento al Nazionalismo. Il motto “del barone francese”, che chiamava alla partecipazione, è quest’anno quanto mai attuale. La XXVIII edizione dei Giochi Olimpici moderni, che si apriranno a Pechino, nascono sullo sfondo di un neo-nazionalismo. O post-nazionalismo. Quello della globalizzazione. In fase post-bipolare, a comando Usa. Quello che schiera la supremazia di un modello di civiltà sull’altro. Si può combattere o giocare. Schierare eserciti o atleti. Si può vincere con le armi o con i record delle medaglie. E se c’è di mezzo la Cina - locomotiva del sistema economico globale e allo stesso tempo ribelle alle regole e istituzioni create dall’Occidente - lo scontro travalica l’atletismo e i tentativi di boicottare l’evento, disertando le Olimpiadi, assumono i toni dell’Imperialismo Umanitario. Dietro lo scudo della difesa dei diritti umani si promuove la secessione, per combattere e abbattere il nemico, smembrando anche territorialmente l’avversario. Tibet docet. In meno di trent’anni il mercato cinese è diventato leader per gli investimenti internazionali. Tra Occidente e Islam si è inserito un nuovo competitore. Sulla scena mondiale, accanto a Usa, Russia e Asia, sta venendo fuori un sistema culturale alternativo, candidato al podio della leadership internazionale. Dagli spalti della politica estera mondiale sono molti i tifosi, a cominciare dall’Africa Orientale, a guardare con interesse la Via Cinese come alternativa all’Occidente. Un sistema stabile, autoritario e illiberale che reprime il dissenso interno riuscendo a governare un miliardo e mezzo di persone. Nelle moderne democrazie si vince con i dollari, che comprano consenso politico e armi, ma dappertutto si vince con la Comunicazione e i Giochi di Pechino rappresentano una straordinaria occasione per esibire, su scala planetaria, un modello politico che cerca di vincere la sfida più difficile. Quella contro l’egemonia dell’Occidente.

(5 agosto 2008)

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