Ad una giovane atleta araba verrà consentito di gareggiare indossando un copricapo consono sia alle regole della disciplina sportiva praticata che ai dettami della religione musulmana
Mercoledi, 01/08/2012 - Non poteva finire tutto così, con una sportiva araba, Wodjan Shaherkani, che non partecipava alla gara olimpionica di judo, perchè la sua religione le impediva di togliere il velo. Difatti le regole tecniche non avrebbero consentito il combattimento corpo a corpo, tipico di tale disciplina sportiva, indossando un indumento che durante la gara avrebbe potuto costituire uno strumento di eventuali lesioni o peggio ancora di morte per asfissia. Se questa fosse stata la conclusione della vicenda, sarebbe di sicuro apparsa agli occhi della platea internazionale quale una beffa la prima adesione alle olimpiadi di atlete provenienti dal mondo arabo, perché lo sport non era riuscito a conciliarsi con la religione. Ad un primo diniego del Comitato olimpico alla deroga delle regole sportive dello judo, si sono immediatamente contrapposti, come un muro insormontabile, i responsi delle autorità religiose musulmane. Nel mezzo, finanche, le dichiarazioni altisonanti, chiaramente sfavorevoli, del padre dell’atleta, una ragazza di sedici anni. A guardarla sfilare insieme alla sua delegazione nazionale, durante la cerimonia di apertura dei giochi olimpici, con quelle dita alzate in segno di vittoria faceva tenerezza per il suo faccione velato da adolescente, che emergeva pacioso su di un corpo chiuso fino ai piedi da una tunica scura.
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