Mondo/ Turchia e Kurdistan - Il rapporto turchi-kurdi e i difficili negoziati per l’ingresso della Turchia in Europa, sono i temi del recente incontro organizzato dalle Donne in nero
Giulia Salvagni Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2005
“Abbiamo riconosciuto e condannato il genocidio che i turchi commisero nei confronti degli Armeni, ma oggi i Kurdi vivi hanno lo stesso valore degli Armeni morti!” esclama Giulia Di Martino, vicepresidente dell’associazione Ararat onlus.
Pronunciata nel corso dell’incontro organizzato dalle Donne in nero presso la sede romana del Parlamento europeo il 17 novembre, questa frase sintetizza l’entità del problema kurdo in Turchia.
“La regione kurda appare, a chi la visita, come una colonia assoggettata della Turchia – spiega Nadia Cervoni delle Donne in nero -. Chi di noi segue da tempo questa realtà, non si capacita di fronte all’insensibilità dell’Unione Europea, soprattutto nella fase di avvio dei negoziati per l’entrata della Turchia in Europa iniziati il 3 ottobre 2005. Insensibilità quasi totale per il persistere in quel Paese della violazione dei diritti umani, civili e politici. Un problema che investe tutta la popolazione turca ma in particolare le minoranze e soprattutto le donne e gli uomini kurdi che in Turchia rappresentano circa il 20% della popolazione”.
La miopia di Bruxelles
La questione dei diritti civili e democratici fatica ad essere riconosciuta sia ad Ankara che a Bruxelles. I kurdi non sono entrati nell’agenda di negoziazione europea, e da parte turca: “Piuttosto che migliorare la situazione, il governo sembra aver trovato un ottimo alibi nella lentezza burocratica delle proprie istituzioni” nota Alessandra Mecozzi, responsabile dell’ufficio internazionale Fiom-Cgil.
Le dichiarazioni della Seconda Conferenza internazionale della Commissione civica Ue-Turchia (Eutcc), svoltasi a Bruxelles il 19 e 20 settembre 2005, tema: “L’Ue, la Turchia e i kurdi” sono state prese a riferimento nell’incontro di Roma.
In quel documento viene chiesto che venga riconosciuto il diritto del popolo kurdo ad avere un ruolo partecipativo sia nel processo di adesione europea che in qualsiasi dibattito sul futuro democratico e costituzionale del Paese.
Come si può pensare di portare in Europa un Paese che ancora non dà cenni significativi di evoluzione in senso democratico? Un Paese che non si fa carico di far rientrare nella società civile i perseguitati politici. Un Paese che non concede la libertà di associazione. Se i lavoratori non si iscrivono al sindacato governativo unico ma ad altri sindacati, vengono licenziati (l’ultimo episodio conta mille licenziamenti in blocco). E ancora, un Paese dove gli avvocati che difendono un kurdo vengono interdetti dalla professione prima di sapere se veramente quella persona può dirsi terrorista.
Donne suicide in aumento
In Turchia il potere è nelle mani del partito Akp del primo ministro Erdogan. C’è anche un piccolo partito a rappresentanza curda, il Dehap. Ma a causa del forte squilibrio per l’assegnazione di risorse da parte del governo centrale, nei comuni amministrati dal partito di governo sono visibili miglioramenti, nuove strade, case, livello economico leggermente più accettabile, dove invece governa il partito curdo si accentuano ancor di più le condizioni difficili di vita, quelle che appunto portano la gente ad allontanarsi, e si esaspera la pratica della ingerenza e della repressione militare.
“Nel marzo del 2004– racconta Nadia Cervoni - siamo state presenti come Din alle elezioni amministrative. Il successo straordinario di ben 9 donne sindache del Dehap, purtroppo non è stato accompagnato da una buona affermazione del partito. Ad un nostro successivo sopralluogo nella regione kurda, abbiamo potuto constatare un elemento preoccupante di novità, anche se già ci erano arrivate diverse segnalazioni, il fenomeno crescente di suicidi di donne. Questo è da attribuire in gran parte a problemi causati dallo sradicamento forzato da realtà rurali dovuto alla distruzione dei villaggi e alle condizioni di grande povertà. I centri urbani infatti da molti anni sono presi d’assalto dal fenomeno degli sfollati interni ammassati in bidonville con condizioni di vivibilità insopportabili, e con un impatto negativo anche per le strutture urbane progettate per densità demografiche molto più modeste. Un’altra causa della crescita del numero dei suicidi è l’abbandono da parte degli uomini che partono per zone della Turchia più sviluppate in cerca di lavoro e poi non danno più né notizie, né sostegno economico. Questa è anche una della cause dell’aumento del fenomeno dei bambini di strada”.
Ospiti dell’incontro di Roma, intitolato “La marcia della Turchia” sono state Sefika Gurbuz, kurda, e Lerzan Tascier, turca, giunte in Italia da Istanbul per portare la loro testimonianza di impegno civile.
(Continua la prossima settimana con la seconda puntata del servizio)
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