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Obblighi e libere scelte

Obblighi e libere scelte

Sondaggio di marzo - "La contemporaneità non è una semplice esperienza cronologica del tempo presente, ma un’esperienza di riconoscimento"

Rosa M. Amorevole Lunedi, 26/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010

Scrive Nilufer Gole che "a differenza di altri periodi, quando il rapporto tra l’islam e l’Europa era retto, come nel caso del colonialismo, dalla distanza geografica, ma anche da temporalità differenti (gli uni erano “avanti” rispetto agli altri), la nostra epoca testimonia la simultaneità e la prossimità delle esperienze. Eppure, questa esperienza è vissuta, da entrambe le parti, in una maniera tanto disturbante quanto accecante, che rende la contemporaneità difficile, se non insopportabile. Perché la contemporaneità non è una semplice esperienza cronologica del tempo presente, ma un’esperienza di riconoscimento”.

Diverse ricerche sull’islam in Europa mettono in luce, da una parte, la complessità del fenomeno e, dall’altra, la ancora scarsa disponibilità dell’Europa ad accogliere questa nuova componente europea come una tra tante di un processo in movimento. “Spesso prevale una costruzione ideologica di contrapposizione tra l’islam da una parte, l’Europa dall’altra. L’islam europeo, invece, è Europa; l’islam rappresenta uno dei soggetti che rendono complessa la società europea postcoloniale. E l’islam europeo, ugualmente, rappresenta una novità per l’islam tradizionale: è minoritario, è disomogeneo sul piano etnico e, sempre di più, richiede un’adesione individuale. Non coincide più con un’appartenenza data per scontata, con un destino per nascita”, scrive Renate Siebert in un suo saggio.

Parlare di “velo”, o meglio di “veli” visto che ne esistono di varie tipologie, a seconda delle aree geografiche dell’islam, non appare dunque semplice. Questo accessorio di fatto limita le azioni del vedere, ed in occidente qualsiasi tipo di velo assume un significato negativo. Indubbiamente rappresenta qualcosa di sconosciuto: il 10% delle risposte fa riferimento al fatto che “comunichiamo troppo poco con le donne islamiche”. Per il 21% rappresenta “un simbolo di oppressione” e il 10% afferma che non si possa “accettare il relativismo culturale”. Ed i commenti che sono stati registrati nelle risposte aperte consolidano queste posizioni, tutti incentrati sul tema della repressione delle donne velate da parte del potere maschile e sulla considerazione di quanto scarsa sia la conoscenza di questo mondo lontano ma ormai vicino. Forse, si suggerisce, occorrerebbe “rafforzare i rapporti tra donne occidentali e donne islamiche, per capirle meglio”.

In effetti più che di rapporti tra culture, oggi ci confrontiamo con la convivenza e la mescolanza di individui e di gruppi che esprimono differenze. Sempre di più l’interculturalità rappresenta una sfida sia per le istituzioni sia per le capacità civili di ogni individuo, azione che contiene in sé - indubbiamente complessità - anche grandi potenzialità.

Gli studi che sono stati effettuati nei diversi paesi ci indicano come non sia possibile analizzare il problema solo da un’unica prospettiva ed anche questo nostro sondaggio ci suggerisce che il tema dovrà essere ancora approfondito per capire meglio un fenomeno vicino, ma ancora così lontano nella nostra percezione.

 





ALCUNE TIPOLOGIE DI VELO



ABAYA

Golfo Persico

nero, lungo dalla testa ai piedi, leggero, sovente indossato su jeans e camice colorate, lascia completamente scoperto il volto, spesso truccato molto bene.



CHADOR

Iran

generalmente nero, indica sia un fazzoletto sulla testa, sia un mantello su tutto il corpo.



NIQAB

Arabia Saudita

nero, ammanta l'intera figura, con una fessura all'altezza degli occhi.



BURQA

Afganistan

per lo più azzurro, nasconde tutta la figura, con una griglia all'altezza degli occhi.



HAIK

Nord Africa

 soprattutto Marocco e Algeria bianco, di cotone, copre dalla testa ai piedi, sovente anche il volto.



 







FRANCIA – GRAN BRETAGNA: DUE MODELLI A CONFRONTO

I presupposti si rintracciano già nelle loro politiche coloniali.

Nessuno dei due, tuttavia, è riuscito a superare l' emarginazione degli immigrati.



 












FRANCIA GRAN BRETAGNA
In Africa la colonizzazione si poneva l'obiettivo di civilizzare gli usi locali modificando il diritto autoctono. Nei territori musulmani il tentativo è stato quello di scindere la sfera pubblica da quella privata, circoscrivendo la religione a quest'ultima. L'atteggiamento della Francia nei confronti degli immigrati è stato quello di non riconoscere le peculiarità culturali.

Nel 1990 lo Haut Conseil à l'Integration scriveva: "La concezione francese dell'integrazione deve obbedire ad una logica di uguaglianza e non di minoranze". Il diritto francese non prevede trattamenti particolari in virtù di una appartenenza culturale: applica sempre il diritto comune.
La politica attuale è legata alle scelte effettuate nella fase di colonizzazione. Si è preferito non intervenire nel diritto e negli usi locali imponendo solo alcune regole, principalmente per quel che riguardava i rapporti commerciali. Hanno favorito il costituirsi di comunità etniche al fine di individuare interlocutori politici affidabili che svolgessero anche funzione di controllo dalla popolazione. Le politiche in Gran Bretagna, ricalcando questa impostazione, hanno permesso il mantenimento delle tradizioni e delle specificità culturali ed etniche. Per il modello inglese l'appartenenza ad un gruppo può costituire il presupposto per un trattamento giuridico differenziato, sancendo una deroga al diritto comune.







































































(26 aprile 2010)

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