Co-housing - La coabitazione è una risposta contemporanea ad un bisogno antico di supporto e collaborazione... tra vicini di casa
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008
"[…] io vi propongo il lentius, profundius e soavius, cioè […], più lenti invece che più veloci, più in profondità, invece che più in alto e più dolcemente o più soavemente invece che più forte, con più energia, con più muscoli, insomma più roboanti. Con questo motto non si vince nessuna battaglia frontale, però forse si ha il fiato più lungo" (Alex Langer)
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“Immaginate venti o trenta famiglie, ognuna con il proprio appartamento, ma che insieme condividono alcuni spazi come la cucina, la sala da pranzo, il giardino, un’area giochi per bambini, la lavanderia, una sala per la musica, un laboratorio per il fai-da-te, alcune stanze per gli ospiti… Immaginate di tornare dal lavoro e, nel percorso dalla fermata dell’autobus a casa, fermarvi a giocare con i bambini del vicinato che sono stati assieme e al sicuro per tutto il pomeriggio.
Oppure, se non amate particolarmente i bambini o siete stanchi, immaginate di rilassarvi in famiglia, prima della cena. Né voi, né tanto meno il vostro partner questa sera dovrete cucinare. Il vostro turno è solo fra due settimane. Questa sera potete godervi il tempo libero prima che il pasto comune venga servito. Dopo cena potrete far musica con gli amici, guardare un film o chiacchierare con i vicini sorseggiando una tisana o un bicchiere di vino. Può anche capitare di non avere voglia di incontrare gente e rimanere in casa. Il cohousing va bene anche in questo caso: quando ne sentite il bisogno, ognuno ha il proprio spazio privato, dove rintanarsi.
Queste che abbiamo descritto non sono fantasie, ma alcune delle possibilità offerte dalla vita in cohousing, termine anglosassone che si potrebbe tradurre con ‘coabitazione’, che sta a indicare una particolare forma di vicinato, in cui alloggi privati e servizi in comune vengono combinati in modo da salvaguardare la privacy di ognuno e allo stesso tempo il bisogno di socialità, offrendo una risposta efficiente ad alcune questioni pratiche del vivere in città come il mangiare, la gestione dei bambini, ecc.”
Queste parole sono tratte dall’introduzione del libro curato da Matthieu Lietaert “Cohousing e condomini solidali / Guida pratica alle nuove forme di vicinato e vita in comune con allegato il documentario «Vivere in cohousing», p. 192, € 18,00 - Edizioni Aam Terra Nuova.
Il libro è stato presentato alla Città dell’Altra Economia (Roma) in occasione di un incontro organizzato dalla neonata Associazione E-Co-Abitare (www.ecoabitare.org), associazione per la promozione di progetti di co-housing sostenibile. L’occasione è stata quella della presentazione pubblica dell’associazione, che in pochi mesi ha avuto un grande riscontro di contatti da parte di persone che sono interessate ad approfondire gli aspetti di questa che è non solo una soluzione abitativa, ma anche e soprattutto un’occasione di condivisione e relazione in cui la socialità e la collaborazione tra gli elementi coinvolti sono un punto fondamentale.
Tre i pilastri dell’associazione: eco-sostenibilità, comunità, progettazione partecipata.
Riciclo e risparmio energetico, cooperazione, gestione dei conflitti, comunità solidale sono alcuni degli strumenti per creare un altro mondo possibile, soluzioni concrete per trasformare le città in luoghi più umani.
Da quando sono nati i primi esperimenti di co-housing (fenomeno che ha cominciato a svilupparsi trent’anni fa nel nord Europa) “le donne hanno avuto un ruolo importante. – dice Lietaert –. Il ’68 fu una fonte di ispirazione; nel corso degli anni si è passati dall’esigenza di vivere esperienze in comune a quella della privacy. L’idea è partita dalle donne, da quelle che erano rimaste senza i mariti per diverse ragioni, magari con bambini a carico”. Nel libro vengono messe a confronto diverse forme di co-housing, vengono affrontati tutti gli aspetti pratici e anche le problematiche. “È fondamentale imparare a prendere decisioni in gruppo attraverso il metodo del consenso. Ci sono regole sociali che i cohouser devono conoscere e devono saper utilizzare al meglio, fondate sul rispetto, sulla capacità di diminuire le tensioni e sulla rielaborazione dei concetti di minoranza e maggioranza”.
Per il successo e la fattibilità di questo tipo di esperienze, in alcuni Paesi e anche in Italia il tentativo è quello di coinvolgere istituzioni locali ed enti pubblici, progettare gli spazi a partire dai bisogni, porre massima attenzione al riciclo, alla riparazione di oggetti, a momenti di condivisione e a progetti socioculturali.
In un contesto simile, sono fondamentali elementi quali l’aiuto informale, il superamento dell’iper-individualismo delle nostre società, la volontà di affrontare temi cruciali, tutte cose che richiedono tempo e impegno.
“C’è dietro il desiderio di vivere in maniera piena, senza essere schiacciati dai tempi - sostiene la Presidente di E-Co-Abitare, Susy Pirinei -. C’è un grande bisogno di avere tempo per sé e per socializzare, migliorare la qualità della vita e delle relazioni instaurando rapporti di fiducia e conoscenza reciproca. Io credo che le donne possano favorire il co-housing perché questo modo di abitare ci consente di essere meno isolate, di costruire nuovi spazi sociali e culturali, di proporre fattivamente esperienze di cambiamento, di spingere verso stili di vita ecologici, dove le donne siano protagoniste del cambiamento che propongono. In particolare, alle donne mamme, il co-housing può favorire la gestione delle bambine e dei bambini, creando le condizioni di un rapporto solidale, paritario e di fiducia tra i co-houser che naturalmente si riflette sull'educazione dei figli”.
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