Settembre 2011 - L’ottica di genere anche nella crisi
Castelli Alida Giovedi, 25/08/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2011
Tagli lineari, tagli indiscriminati, tagli alla spesa: parole d’ordine per fronteggiare il grave problema del debito pubblico del nostro Paese.
Non voglio entrare però nel merito della discussione, inevitabilmente e necessariamente all’ordine del giorno in questi mesi sia nel nostro Paese che in molti altri, compresi gli Stati Uniti.
Quello che voglio invece sottolineare è che, nell’affrontare queste manovre di politica finanziaria, poco o niente, come sempre, si sente in “ottica di genere”. Eppure, dall’aumento dell’età pensionabile per le donne del pubblico impiego, al ventilato, ma incombente aumento dell’età pensionabile per le donne del settore privato, la stessa manovra si è esplicitata con “ottica di genere”. La promessa di Brunetta di utilizzare i miliardi risparmiati (oltre 4) dall’aumento dell’età pensionabile per la conciliazione lavoro/famiglia si è rivelata una presa in giro, visto che i soldi sono già spariti, e per fortuna su questo le donne hanno reagito e si sono mobilitate.
Ma se ripenso alle discussioni, seminari e iniziative varie che hanno visto soprattutto le donne, le economiste protagoniste fino a poco tempo di quelle interessanti sperimentazioni sui bilanci pubblici in ottica di genere, sento la mancanza di proposte e interventi, di un’analisi che sbocchi in un’idea che tenga conto delle donne e degli uomini soggetti e oggetti di tutte le manovre economiche.
Infatti, analizzare la spesa pubblica per controllare e valutare quale impatto essa può avere sulla vita concreta delle donne è stata l’esperienza che in varie parti d’Italia si è condotta proficuamente. Non vorrei che ora si pensasse che un’analisi così condotta sia diventato un lusso davanti a una crisi così rilevante, e davanti a misure economiche e di finanza pubblica che dall’Europa ci chiedono.
Non lo vorrei, perché non vorrei fosse passato un messaggio anche dentro le donne. Proprio ora con le risorse limitate dobbiamo saper dire di più la nostra, dobbiamo anche noi dire quale sviluppo vogliamo per il nostro Paese. Anche sull’età pensionabile dobbiamo analizzare magari meglio la famosa aspettativa di vita delle donne, che se calibrata su ritmi e tempi che non riguardano magari solo le lavoratrici rischiano di darci un’immagine distorta del fenomeno. Saremo anche più longeve, ma non mi convince tanto che lavorare, magari sottopagate e con livelli più alti di precariato dei maschi, mettere al mondo un figlio, magari da grandi, assistere i genitori anziani, non comportino fattori di stress che rischiano di minare questa nostra longevità.
Proviamo quindi a dire la nostra, a guardare anche le manovre economiche con ottica di genere.
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