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NORMA E ADALGISA: FULGIDO ESEMPIO DI SORELLANZA

NORMA E ADALGISA: FULGIDO ESEMPIO DI SORELLANZA

Norma: un'opera lirica fra le più celebri e rappresentate del mondo interpretata in chiave femminsita

Martedi, 04/07/2017 - NORMA E ADALGISA: FULGIDO ESEMPIO DI SORELLANZA

di Angela Adamo e Raffaella Mauceri



Come molti capolavori dell'opera lirica, colpa forse dell'orchestra o di un calo di voce del soprano Giuditta Pasta, l’esordio di “Norma” fu un clamoroso fiasco. Composta su libretto del poeta Francesco Maria Piave in soli tre mesi e rappresentata alla Fenice di Venezia il 1831, sembrava quindi non avere alcun futuro. Ma il suo autore, Vincenzo Bellini, uomo bellissimo, alto, slanciato, a metà strada tra un Apollo e un cherubino, ostinato e orgoglioso com’era, non si arrese di certo. Riprese la sua opera e la modificò in alcune parti rendendola più avvincente e melodiosa.

E fu così che la seconda rappresentazione consacrò il musicista siciliano nell’Olimpo dei sommi geni della musica di tutti i tempi. Ispirata alla “Medea” di Euripide e sebbene lontana nel tempo, “Norma” è, come vedremo, di una sorprendente attualità. Ed ecco la storia.

Siamo nel 50 a.c. in Gallia, i conquistatori romani sono invisi alla popolazione locale che si appresta a ribellarsi al loro strapotere. I sacerdoti druidi e i comandanti dei guerrieri si sono riuniti ai margini della foresta sacra e chiedono con insistenza ad Oroveso, loro capo e gran sacerdote, di dare l'ordine per scatenare la guerra contro gli invasori. Ma l'anziano e saggio re vuole il benestare della figlia Norma, la grande sacerdotessa della dea e del dio della guerra Irminsul.

A questo argomentare tutti chinano la testa e acconsentono ad aspettare, Norma per tutti loro è una figura sacrale, degna di rispetto e di venerazione, nessuno oserebbe mai disubbidirle. I druidi si allontanano nella foresta. Ma ecco sopraggiungere Pollione, l'aitante proconsole della guarnigione romana, un vero rubacuori che è riuscito a sedurre Norma e dalla quale ha avuto addirittura due figli! Il romano confida al suo amico Flavio di essere perdutamente innamorato... di Norma? Macché, della giovanissima Adalgisa, novizia, aspirante sacerdotessa e allieva proprio della stessa Norma! Fulminato dalla grazia e dalla freschezza della fanciulla, vuole averla a tutti i costi, ma stavolta fa sul serio e così decide di trasferirsi con lei a Roma e di sposarla. Flavio rabbrividisce e gli raccomanda prudenza: i Galli li detestano già non poco, manca soltanto che li sorprendano a rapire giovinette galliche e per di più vergini, per farli impalare!

In quel bel mezzo, preceduto dalla grande sacerdotessa, Norma, bellissima e ieratica, sopraggiunge il popolo che si predispone all’attesa del sacro rito propiziatorio dove Norma chiederà all'oracolo del dio Irminsul il verdetto per iniziare la guerra contro i romani. I due si dileguano mentre la cerimonia ha inizio. La sacerdotessa non vuole che scoppi il conflitto, lei vuole proteggere Pollione e soprattutto i suoi figli e cerca di guadagnare tempo, così leva una preghiera alla luna, simbolo della divinità femminile, per chiedere la sua celeste illuminazione nel tentativo di placare la furia guerriera dei druidi.

E' la celebre romanza "Casta diva", un'accorata preghiera di pace, un canto melodioso di soprannaturale bellezza che unisce la sacralità dello spirito a quella della natura, sintesi perfetta dell'adorazione per la Grande Dea Madre.

Finita la cerimonia, la scena resta vuota quando agitata e dolente arriva Adalgisa. La giovane aspirante sacerdotessa è in preda all’angoscia, divisa tra i suoi voti sacri e l'amore per Pollione, quando arriva proprio lui che, dimenticando completamente la sua prima fiamma, i suoi doveri di padre e la differenza d'età, cerca di convincere Adalgisa a seguirlo a Roma dove intende sposarla. Lei cerca di resistergli, gli spiega che non può tradire il suo popolo legandosi a uno straniero invasore, ma poi cede al richiamo dell’amore e canta "al mio dio sarò spergiura ma fedele a te sarò!". Addio Irminsul!

Intanto Norma nella sua casa è molto inquieta, il suo amato romano è freddo, sfuggente, sembra infastidito persino dai bambini, insomma si comporta come tutti i mariti quando hanno un'altra donna per la testa….e proprio questo è l’atroce sospetto che grava sul suo cuore: forse il furbone la tradisce? A distrarla giunge Adalgisa che le confessa d'aver infranto i voti: si è innamorata di un uomo eccezionale e non riesce più ad essere devota ad Irminsul. Norma la conforta, la rassicura e la scioglie dai voti e proprio come una madre le chiede chi è il giovane e fortunato Gallo.

E’ il proconsole romano, Pollione! Le risponde ingenuamente Adalgisa. Tremenda scoppia la collera di Norma anche perché, sfacciato e arrogante fedifrago, si presenta al suo cospetto come niente fosse, e nonostante lei lo copra di insulti e contumelie, continua ad ostentare una oltraggiosa sicurezza…. In realtà, è spaventato a morte perché conosce l'indole fiera e vendicativa della sacerdotessa e teme il peggio. Norma infatti giustifica Adalgisa che ama come una figlia, e si scaglia soltanto contro di lui: il turpe traditore. Anche Adalgisa però è profondamente indignata stante che il signor Pollione non le aveva mai parlato di Norma e dei loro figli ma le si era presentato come uno giovanotto bello e libero come un fringuello. Quindi aggiunge i suoi agli insulti di Norma e fugge via in lacrime. Finito il momento delle sfuriate, arrivano i Druidi che reclamano la grande sacerdotessa.



Atto secondo. Nella sua casa Norma guarda i suoi bambini innocenti che dormono uno accanto all'altro, ignari del dramma che sta vivendo la loro madre. In preda all'odio contro Pollione, prende un pugnale decisa ad uccidere i piccoli per vendicarsi del loro debosciato padre. La tensione è altissima, Norma, una belva dal cuore sbranato, è sul punto di compiere il gesto inconsulto, ma il suo amore di madre ferma la sua mano assassina. Manda a chiamare Adalgisa per affidarle i figli, dirle di sposare Pollione e togliersi la vita!

La fanciulla inorridisce, lei venera la sua maestra e amica, la sua devozione verso Norma è senza limiti e non permetterà mai che si realizzi questa tragedia. Si impegna dunque con tutte le sue forze per dissuaderla dal suo terribile proposito facendo appello soprattutto all'amore per i suoi bambini. "Mira o Norma ai tuoi ginocchi questi cari pargoletti": inizia così il celebre duetto, commovente esempio di amicizia e sorellanza mai rappresentata in un’opera lirica! Adalgisa le dice che di Pollione non vuole più saperne, che per lei non vale niente e che lo convincerà a tornare dalla sua famiglia. Forte di questa promessa Norma si rassicura da lì a poco viene a sapere da Clotilde, sua fidata amica, che Pollione ha deciso di rapire Adalgisa per portarsela e nuovamente va su tutte le furie, indi si precipita nel tempio di Irminsul e ordina la strage dei romani. Il popolo esulta e si appresta alla battaglia. Nel frattempo due guerrieri trascinano Pollione sorpreso nel tentativo di rapire Adalgisa: eccola qui la vittima designata per celebrare il rito propiziatorio al dio Irminsul! Ma Norma manda via tutti e rimane sola con lui e semplicemente gli ordina di tornare in seno alla famiglia. L'uomo si rifiuta, promesse, ricatti, minacce… non cede a nulla finché lei, inaspettatamente dichiara di avere infranto i voti e raggirato il popolo.

Norma è consapevole di essersi condannata alla morte ma si autodenuncia per proteggere l'innocente Adalgisa e i suoi figli. Allibiti e sgomenti davanti all'empia rivelazione, non gli resta che invocare il suo sacrificio per riparare l'onore di Irminsul. Anche Pollione è sconvolto, meglio tardi che mai ha capito lo spessore morale e umano di quella donna straordinaria che lui non ha mai apprezzato come meritava. Ha vergogna di se stesso, così si avvicina a Norma le dichiara il suo amore e la sua decisione di morire insieme a lei! Prima della fine, Norma affida i figli ad Oroveso, che le promette di prendersi cura dei nipoti e, mano nella mano con Pollione, i due finalmente uniti vanno incontro alla morte.



Resta da chiedersi come mai Norma e Adalgisa, due donne forti e generose si sono innamorate di un pasticcione borioso e marpione come questo proconsole romano. Resta in primissimo piano, invece, la loro sorellanza e la speciale, inedita complicità tra la maestra e l'allieva che rappresenta il perno su cui ruota il senso di tutta la vicenda.

Dal punto di vista musicale va detto che fatta salva la romanza "Casta diva", un capolavoro di melodia belliniana, assolutamente grandiosa è l’ouverture: una perfetta descrizione e naturale della Sicilia e delle sue bellezze naturali: dalla violenza dell'eruzione dell'Etna, alla serenità maestosa dei paesaggi montani, dalla potenza delle tempeste e delle bonacce alla calma liquida dello scirocco e ai profumi inebrianti delle piante aromatiche dell'isola: tutto l’universo d'amore di Vincenzo Bellini per la sua terra, un'autentica geografia dell'anima.

“Norma” è un miracolo di genialità musicale, un'opera in cui si ravvisa il carattere di un femminismo ante litteram, intuizione straordinaria di un artista meritatamente definito "il cigno di Catania".

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