La scuola... - "o la maggioranza degli italiani capisce che si gioca il futuro di questo Paese o la battaglia è persa, prima di tutto sul piano culturale"
Bartolini Tiziana Lunedi, 31/08/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2009
Viviamo in una continua emergenza, o almeno così percepiamo le varie questioni che il sistema dell’informazione ci propone. Dalla sicurezza alla giustizia, dall’etica alle pensioni, secondo il governo non c’è ambito che sfugga all’urgenza di interventi normativi o interpretativi su cui prevale il decisionismo sul dibattito. Questa ansia da legiferazione o pronunciamento confonde le idee e mischia in una marmellata indistinta questioni prioritarie con dettagli propagandistici. Di fronte alla varietà e complessità degli argomenti difficilmente le persone comuni riescono a trovare il tempo per riflettere, per approfondire e, quindi, difficilmente riescono a capire fino in fondo il senso complessivo di quanto avviene e il nesso tra un titolo, un disegno di legge e l’ordinanza del sindaco. Questo uso improprio dell’emergenza vi è anche per argomenti che avrebbero bisogno di cautela e ponderazione oltre che di condivisione. E’ il caso della scuola. Il tourbillon del grembiule e del 5 in condotta ha sovrastato questioni ben più sostanziali per il nostro sistema scolastico e che riguardano i contributi alle scuole private, i programmi o addirittura il suo impianto complessivo. Quello che è in discussione, sostanzialmente, è il principio di laicità della scuola così come previsto dalla Costituzione sia per quanto riguarda la tutela da ingerenze confessionali, sia per l’equilibrio e capacità progettuale di lungo periodo che solo una scuola organizzata a livello nazionale può garantire. Invece gli intendimenti governativi sono segno opposto e, dietro il vessillo dell’autonomia, si apre al localismo e al controllo dei singoli istituti sulla gestione e sulla didattica. Se l’impianto della proposta Gelmini non sarà modificato, le conseguenze di questa riforma saranno di proporzioni storiche e gli effetti disastrosi perchè le profonde differenze economiche e produttive tra nord e sud e tra città e città produrranno distorsioni e frammentazioni irrecuperabili.
La scuola, anzi pezzi della scuola italiana, non sono più in sintonia con i ritmi, i linguaggi e i temi che la modernità e la globalizzazione hanno imposto? Bene, mettiamoci tutti/e, ma proprio tutti/e, a ragionare sul ‘come’ e sul ‘cosa’ va cambiato predisponendoci, se sarà necessario, ad uno scontro profondo che avrà bisogno della partecipazione e consapevolezza di milioni di persone perchè non basteranno certo i cortei delle avanguardie dell’Onda o le proteste civili di ricercatori precari e frustrati. Sulla scuola o la maggioranza degli italiani capisce che si gioca il futuro di questo Paese o la battaglia è persa definitivamente, prima di tutto sul piano culturale. La dimensione del sistema scolastico riguarda molto le donne in quanto studentesse, madri e insegnanti, ma questa massiccia dimensione femminile sinora non si è imposta come punto di riferimento con una visione critica di genere. Ma le donne dovrebbero prendere coscienza della loro forza numerica e del fatto che nulla può cambiare nella scuola senza il loro consenso. Come lavoratrici della e nella scuola e come fruitrici dovrebbero mettere competenze e autorevolezza in questa partita decisiva per la qualità delle persone e della società negli anni a venire. L’altra carta da giocare, con una visione critica femminile, sarebbe quella dell’irrisione di una maggioranza parlamentare, Ministra compresa, che difende le scappatelle di un ultrasettantenne indisciplinato e oltretutto Presidente del Consiglio mentre è intransigente con gli studenti e che vanta le maxi-bocciature come una vittoria sulla ‘dilagante immoralità adolescenziale’. Perchè se il nostro Premier fa le corna ad un G8 è giustificato e se invece a fare altrettanto è uno studente di scuola media inferiore si becca 5 in condotta e perde l’anno scolastico? Per non parlare delle innumerevoli ed infelici sortite dei leghisti sui meridionali o sugli extracomunitari, che anche in una scuola di Varese sarebbero state sanzionate con qualche giorno di espulsione. Il PdL non si preoccupa di spiegare queste contraddizioni e spiega che nella scuola che prefigura ci sarà il massimo della libertà: delle famiglie di scegliere scuola orari e programmi, degli istituti di assumere o licenziare insegnanti e di scegliere i finanziatori, dello Stato di distribuire soldi a tutti. In tanto caos gli unici a dover ‘obbedire e tacere’ saranno gli studenti, visti come passivi destinatari di un messaggio educativo repressivo che difficilmente si comprende tanto più se contestualizzato in un mondo in cui la dinamicità e la capacità critica saranno le carte vincenti non per primeggiare, ma per sopravvivere.
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