Violenza 1 - ... ma è una questione che riguarda tutta la sfera pubblica
Anna Pramstrahler Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2006
Sono più di 15 anni che la violenza alle donne occupa molta parte della mia vita politica e pubblica. Durante il mio primo anno di attività, così come accade alle giovani volontarie che iniziano il loro impegno presso la nostra associazione, vedevo dappertutto stupri, omicidi di donne, molestie. Sognavo “racconti” di violenza anche di notte. Esiste una certa sensibilizzazione al problema e chi entra in questo percorso scopre quotidianamente quanto grave sia perché la violenza alle donne si manifesta in forme diverse, ma è costantemente presente.
Ma questa violenza la vediamo solo noi donne impegnate nella tematica, oppure è un problema sociale generale? No, la stampa si è recentemente accorta e quasi quotidianamente esce in prima pagina, ma nonostrante questo penso non si tratti di un'emergenza. Ogni giorno, da 15 anni, una donna che ha subito violenza bussa alle porte della Casa delle donne (solo a Bologna ne accogliamo circa 400 all’anno). Forse la frequentazione di un Centro antiviolenza potrebbe sensibilizzare chiunque permettendo così di vedere quello che la nostra società nasconde e a cui non si vuole dare spiegazioni, il conflitto tra uomini e donne. Un conflitto che si basa sulla disparità tra i due generi, una relazione basata sull’esercizio di potere e controllo.
Parlare di allarme sociale ritengo sia errato perché significa affrontare il problema come reazione al fenomeno per poi metterlo da parte. Per combattere la violenza sessuale e domestica bisogna cambiare la cultura che la giustifica e per affrontarla ci vuole un impegno costante e stabile, un progetto politico ampio, un piano di azione locale e nazionale.
Come associazione di donne siamo impegnate a costruire una rete di Centri affinché le donne vittime di violenza avessero accoglienza e case per rifugiarsi. Ci siamo messe a costruire questi Centri non solo in Italia, ma ormai sono diffusi in tutto il mondo. Ma siamo state anche le prime a dire che non basta accogliere le vittime.
Un vero piano di azione contro la violenza alle donne prevede sì il lavoro di accoglienza dei Centri, in raccordo con i Pronto Soccorso specializzati, con le Forze dell’ordine, dei servizi territoriali, della Magistratura, ma tutto ciò è solo una piccolissima parte delle azioni possibili e se non viene cambiata la cultura che produce la violenza siamo in un vicolo cieco. La cultura del padre che produce questa violenza è ancestrale, radicata in chi non ha ancora accettato la libertà delle donne.
La politica italiana non ha ancora investito in modo serio in azioni contro la violenza alle donne, sta facendo solo i primi passi e ancora non ha elaborato un piano di azione nazionale previsto dalle raccomandazioni europee. Le leggi spesso non proteggono le donne, la polizia spesso non interviene che quando è troppo tardi, non si educa alla differenza e nelle scuole e non si parla di violenza di genere, non viene svolta una formazione adeguata alle figure professionali delle professionalità coinvolte (come medici, insegnanti, magistrati, polizia, avvocati, etc.). Non esistono interventi specialistici con gli uomini violenti, maltrattatori e non si conoscono ancora i dati della violenza, manca l’impegno nella ricerca scientifica.
Sono passati molti anni da quando a Bologna è stata fatta una campagna di sensibilizzazione attraverso il progetto Zero Tolerance progetto ampio legato al cambiamento culturale. Le donne chiedono strade più sicure, più illuminate, parchi sicuri, taxi rosa per la notte, autobus che la notte si fermano a richiesta al di fuori le fermate, posti nei parcheggi nei garage sotterranei vicini all’uscita, corsi di autodifesa per le loro figlie adolescenti e per loro stesse.
Fare un piano di azione significa provvedere adeguate risorse al tema della violenza, all’accoglienza delle donne, ma vuole dire soprattutto preparare insieme alle donne che hanno esperienza e sapere, azioni a lungo termine, programmi di prevenzione, sensibilizzazione, formazione, progetti di controllo e sicurezza della città.
E’ per questo che sono convinta che la violenza alle donne non è una questione solo di donne, ma una questione che riguarda tutta la sfera pubblica. Sono state le donne che hanno dato visibilità a questo problema, costruito pratiche e saperi, ma il problema rimane sociale e riguarda l’intera società. E’ arrivato il tempo di dire agli uomini che tocca a loro impegnarsi finalmente su questo fronte, perché è il loro genere che esercita la violenza, è il loro genere che ha in mano la ricchezza di ogni paese e una pesante preponderanza nel decidere sulla vita politica dei nostri paesi e delle nostre città.
* socia fondatrice della Casa delle donne per non subire violenza, Bologna
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