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Non più di solo padre

Non più di solo padre

La storica, e attesa da decenni, decisione della Corte Costituzionale in Italia sul cognome materno è finalmente arrivata

Martedi, 03/05/2022 - Dal 27 aprile 2022 è abolito l’automatismo attraverso il quale veniva attribuito ai figli e alle figlie il solo cognome del padre. Da ora in poi sono dichiarate illegittime le norme che fino a qui imponevano di default il solo cognome paterno, fatte salve alcune eccezioni che hanno consentito in questi anni che si aggiungesse anche il cognome delle madri.

Nei prossimi mesi sarà necessario regolare alcuni aspetti di questa sentenza, ma resta il vincolo del verdetto della Corte costituzionale che, con l’addio all’automatismo al cognome paterno, segna un punto di non ritorno. In Senato è intanto iniziato l’iter per unificare in un testo i cinque disegni di legge che da anni giacevano fermi, nonostante le migliaia di raccolte di firme e petizioni promosse, in particolare, da due storiche attiviste che si sono instancabilmente spese sul tema, Laura Cima e Iole Natoli.

Ora i bambini e le bambine avranno il cognome di entrambi i genitori nell’ordine concordato.

Si tratta di una rivoluzione simbolica di straordinaria importanza per l’Italia, che ha dovuto affrontare una resistenza di oltre trent’anni da parte di istituzioni, partiti e società civile: come scrivevo a febbraio di quest’anno ho trascorso una trentina d’anni (dalla nascita del mio primo figlio) a chiedermi come fosse possibile che una madre non si sentisse a disagio quando sua figlia o suo figlio vanno nel mondo come estranei.

Sì, estranei: perché tecnicamente è così, se manca il loro cognome e c’è solo quello paterno. Negli ambienti giornalistici quando sono stata interpellata sull’argomento è stato quasi sempre enfatizzato l’aspetto relativo alla ‘mamma pioniera’.

Attenzione: quanto parliamo di cognome (materno o paterno) stiamo ragionando sul diritto di cittadinanza esplicita e di genitorialità, quindi di parità nella famiglia.

Fino ad oggi, infatti, sebbene una grande spallata al patriarcato fosse stata assestata negli anni ’70 del secolo scorso con il nuovo diritto di famiglia, che aboliva il potere assoluto del maschio nel nucleo fondativo della società, non si era tuttavia presa in considerazione l’automatica attribuzione del cognome paterno alla prole come pesante retaggio della supremazia maschile.

Anche negli ambienti a sinistra la lotta di molte femministe per il doppio cognome è stata spesso guardata come una questione di poco conto, risibile e vagamente irritante: come se i problemi davvero importanti circa lo squilibrio tra i sessi fossero altri.

Un benaltrismo che in questi giorni si respira nei commenti su molti articoli e blog dedicati all’argomento. Molto interessanti, in particolare, le centinaia di piccate esternazioni sul blog dell’attivista Nadia Somma: i lettori si sentono minacciati da quella che appare una pericolosa revanche femminista, una vendetta (da parte della Corte Costituzionale?) non la giusta riparazione di un’assurda cancellazione.

Tocca ricordare, come ha insegnato a tre generazioni di attiviste e attivisti la grande Lidia Menapace che per esistere socialmente e politicamente è necessario essere nominate, e dunque sparire come genitrici nell’identità pubblica di chi abbiamo messo al mondo è una insopportabile ingiustizia ed iniquità.

Altresì è bene ricordare che il movimento delle donne, quando si è mosso per elaborare leggi mancanti, o migliorare quelle già esistenti, ha proposto normative che danno facoltà su temi storicamente ardui ed eticamente pesanti: si può divorziare, non è un obbligo, si può interrompere una gravidanza, non è un obbligo, (anzi chi forzi in questa direzione compie un reato).

Nel caso del cognome il fatto che fosse obbligatorio e vincolante il solo cognome paterno violava in modo palese la realtà: si nasce da una donna, che però, dopo la pomposa fanfara retorica che santifica il ruolo materno ecco che spariva definitivamente dalla genealogia che il cognome rende effettiva e politica. Purtroppo questi sono tempi nei quali si devono affrontare con preoccupazione guerra, violenza e morte; questa notizia tanto attesa è però una piccola luce di speranza e di pace, che finalmente rende effettiva la parità tra i sessi nella famiglia e dunque nella società.

Come altre attiviste hanno già scritto sono convinta che ogni passo verso l’esplicitazione politica dell’autorevolezza femminile sia un vantaggio per l’intera collettività, un dono prezioso che si fa eredità nutriente per le nuove generazioni. Evviva.


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