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Non esistono bambini “difficili” - di Bruna Baldassarre

Non esistono bambini “difficili” - di Bruna Baldassarre

Henning Köhler: un libro innovativo per la tutela dei bambini.

Giovedi, 09/04/2009 - Il quattro aprile a Roma, una giornata così densa di emozioni e di consensi in contrapposizione alla violenza del potere, ricorda anche un’interessantissima presentazione –presso la libreria Croce- dell’ultimo libro dell’autore Henning Köhler, noto esperto di pedagogia curativa. La presentazione si svolge per più di due ore nella sala gremita da un pubblico attento e selezionato, con il saluto di Mariella Misurale, fondatrice della scuola Waldorf “La Primula”, presso la quale si è svolto un seminario intensivo del dott. Köhler, con la traduzione simultanea del Dott. Marcus Fingerle.

Il libro, Non esistono bambini “difficili”; per una trasformazione del pensiero pedagogico, edito da Natura e Cultura è l’ultimo testo tradotto in italiano di una serie di pubblicazioni che sfidano il senso comune del concetto di tutela dell’infanzia. L’autore, infatti, fondatore dello “Janusz Korczak Institut” di Nürtingen vicino Stoccarda, un ambulatorio di consulenza psicopedagogica, si chiede se si possa affermare che i bambini diventino sempre più difficili o se non siano piuttosto lo stato generale della coscienza e le condizioni della società a creare una condizione insopportabile per gli stessi bambini. Con una chiarezza storica l’autore spiega come al posto dei vecchi metodi cari alla pedagogia autoritaria, quali la bacchetta degli antichi maestri- sia stato introdotto lo psicofarmaco. Già dagli anni sessanta Michel Foucault aveva previsto tutto, con un’analisi dettagliata dell’esercizio del potere, così come si presenta nella nostra società contemporanea, cioè attraverso l’esclusione, l’inclusione, l’induzione a una chiusura interiore. Il filosofo voleva puntualizzare il pericolo, mentre con una estrema velocità lo stesso è divenuto realtà: negli U.S.A. sono milioni i bambini “disciplinati” da psicofarmaci, tra i quali il Ritalin (nei tempi passati usato per il risveglio dei pazienti dall’anestesia e successivamente ritirato dal commercio, fino alla successiva comparsa tramite il placet del Ministro Sirchia), delle amfetamine con pesanti effetti collaterali. Henning Köhler si sofferma sul rischio europeo di un’epidemia in questo senso, tanto che in Germania, in certi ambiti cosiddetti scientifici, rischia di prevalere la scelta di tale pericoloso psicofarmaco per sfornare bambini che non oppongano alcuna resistenza. Fino agli anni ’70, afferma l’autore, la pedagogia antiautoritaria –se pur con qualche piccolo eccesso-, ha preservato i bambini dalla violenza attuale, che si evidenzia soprattutto dallo stretto margine di tolleranza su tutto ciò che è accettabile del loro comportamento. In concreto un bambino per non essere etichettato come patologico o con una sindrome di iperattività (ADHD) dovrebbe comportarsi in modo da non essere notato, cioè come un bambino “adattato” che non offra alcuna resistenza! “La xenofobia del mondo del ‹tutto-deve-avere-il-suo-ordine› non colpisce solo gli stranieri. Come fenomeno sociopsicologico ha radici molto più profonde, e tocca anche quei bambini che sentono la loro estraneità nei confronti di questo mondo e –non sapendo nasconderla-suscitano in noi disappunto”. I bambini, soprattutto quelli cresciuti in città, sono deprivati dell’esperienza con la natura, e la scuola non è predisposta alle esperienze indispensabili per un sano sviluppo. Troppo spesso nemmeno le famiglie lo sono, a causa degli eccessivi compiti o “doveri” che un bambino deve svolgere. Il bambino è “crampizzato” dai ritmi forzati dei suoi ambienti di riferimento. Elogi da parte dell’autore per l’Associazione italiana di “Giù le mani dai bambini”, che lotta per il diritto dei bambini ad avere un’infanzia. La presa di coscienza di una nuova pedagogia sta crescendo, infatti, le scuole che funzionano e che si fondano su peculiari impostazioni pedagogiche – fondamentali gli aspetti sociali dell’arte - non hanno casi di bambini con la sindrome di A.D.H.D. Il problema è quindi politico, nel senso che qualsiasi alternativa più dignitosa agli psicofarmaci sarebbe anche dispendiosa, e le strutture politiche rigide non permettono un reale cambiamento. Lo psicofarmaco non può ricostituire l’autostima carente, tanto meno l’attuale cultura, definibile come “cultura del narcisismo”, dove al posto di una sana stima di sé sono stati introdotti dei surrogati di narcisismo. Per amore dei bambini, per aiutarli nell’autostima, si dovrebbe innanzitutto lavorare sul proprio narcisismo.

In un tempo di disturbi di comunicazione Köhler si appella alla cultura del cuore, a un’alleanza finalizzata alla difesa del bambino, perché anche nel caso in cui i comportamenti più problematici dei bambini venissero considerati patologici la nostra società sarebbe seriamente in pericolo.



(6 aprile 2009)

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