Sondaggio di dicembre - Molte, sono prevalentemente donne, coloro che ci hanno risposto che occorre “tirarsi su le maniche e agire”
Rosa M. Amorevole Lunedi, 11/01/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2010
Bilancio di fine anno, c’è poco da ridere! Molte le cose che non vanno, troppe le difficoltà. Molte, sono prevalentemente donne, coloro che ci hanno risposto che occorre “tirarsi su le maniche e agire”.
Per un 18% è prevalentemente grazie all’azione della satira che si “riesce a far emergere quella verità che l’informazione non garantisce più”. Mentre per il 25% “tra censura e faziosità, unica alternativa appare essere la controinformazione”.
I suggerimenti rivolti alla televisione o ai quotidiani che prevalgono sono tutti riferiti all’etica, quasi un richiamo a una maggiore serietà e obiettività “in un’ottica di confronto di opinioni”. Questo permetterebbe a ognuno di formarsi una personale opinione sui fatti. Qualcuno poi suggerisce anche di “pubblicare una notizia buona al giorno”.
Non è censurando che si può fare una informazione migliore, come affermano diverse delle risposte arrivate, ma sicuramente molta della banalità quotidiana vorremmo tutti e tutte risparmiarcela. Basta con i “dibattiti violenti”, basta con l’intrattenimento fatto da “bambini e donne oggetto”. Basta con gli opinionisti, i tronisti, e tutti gli “spettacoli di infima qualità” che noi “paghiamo e poi dobbiamo sopportare” in televisione o nella lettura dei giornali.
Per la maggior parte delle risposte, l’unico modo per avvicinarsi alla verità appare sempre di più la controinformazione, la lettura di diverse fonti sia italiane sia straniere. Tra queste internet appare essere una bella opportunità.
Il 43° rapporto annuale Censis sulla situazione sociale del Paese, presentato nel dicembre 2009, ci rivela come sono cambiati i consumi di media tra la popolazione italiana.
Tra il 2007 e il 2009 aumenta l’uso della televisione, in generale si registra un +1,4%. Cala quella tradizionale (-0,4%), aumentano quella satellitare (+8,1%), il digitale terrestre (+14,6%), la webtv (+10,6%).
Sono cambiati i mezzi di diffusione della televisione: quella satellitare passa dal 27,3% al 35,4%, quella digitale terrestre dal 13,4% al 28%, quella internet dal 4,6% al 15,2%.
Si leggono meno libri (-2,9%), meno quotidiani (-12,2), anche quelli on-line (-3,4%), si legge più free press (+1%). Diminuisce anche la lettura di settimanali (-14,2%) e mensili (-8%). Gli effetti della crisi si riscontrano anche nel consumo dei media: si guarda più la televisione, si utilizza stabilmente il cellulare, ma diminuisce la lettura dei quotidiani sia tra i lettori non abituali (che passano dal 67% al 54,8%) che tra quelli abituali (dal 51,1% al 34,9%).
Se si pensa che in questa quota sono compresi i giornali sportivi, si può capire - afferma il Censis - quanto la crisi abbia reso più marginale il ruolo della carta stampata nel processo di formazione dell’opinione pubblica del nostro Paese.
Si legge più free press (il 37% della popolazione) e si usa più internet.
Sono cinque i social network più popolari: Facebook, conosciuto dal 61,6% degli italiani, YouTube (60,9%), Messenger (50,5%), Skype (37,6%) e MySpace (31,8%). Le percentuali raggiungono valori ancora più elevati tra i giovani di 14-29 anni. I giovani hanno preso l’abitudine a “vivere connessi”, dato che l’uso congiunto dei cellulari e di internet li ha messi nella condizione di essere continuamente in rapporto con tutti quelli che condividono la loro esperienza di vita quotidiana. Complessivamente, si può stimare che poco meno di 33 milioni di italiani conoscano almeno un social network e che gli effettivi utilizzatori siano 19,8 milioni.
La diffusione di internet è ancora fortemente legata a fattori generazionale e ai livelli di istruzione. Sono “i giovani più istruiti ad avere familiarità con la rete”.
Dal punto di vista di genere, tra gli utenti abituali troviamo i maschi (45,7% contro il 33,2% delle femmine). Sono i giovani all’80.7% a connettersi al web, mentre tra i 30 e i 64 anni solo il 46% lo fanno, e tra gli anziani solo 1 su 10.
Tra gli istruiti il 67,2%, tra i meno secolarizzati solo il 28,6%.
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