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Non abbassare lo sguardo

Non abbassare lo sguardo

Testimonianza - La storia di Pamela ci aiuta a comprendere come entrare in contatto con il nostro trauma

Morselli Gianna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2007

“Orribile, è stato orribile, da allora la mia vita si è trasformata improvvisamente in un susseguirsi di giorni uno dopo l’altro spenti, amari. Tutto era cominciato in realtà tre mesi prima, nell’aprile del 2005. Il solito giro di portico al sabato pomeriggio con le amiche, l’aperitivo in un caffé del centro, frequentato da bella gente, tutta firmata e lampadata. L’invito a una festa 'esclusiva', e poi ancora altri incontri sempre in locali 'in'. Lui mi piaceva, era conosciuto nell’ambiente bene della mia città. Mi sentivo lusingata, io ragazza normale, impiegata, abbastanza carina proveniente da una famiglia operaia emigrata al nord. Lui era un calciatore di belle speranze, con un codazzo di amici che si facevano in quattro per compiacerlo. Poi quella stramaledetta sera di luglio mi sono trovata circondata da tre dei suoi compari, che mi intimano di entrare in macchina, che mi sarei divertita! C’era lui dentro che mi aspettava, avrei avuto l’onore di spassarmela prima con lui, poi a turno anche gli altri avrebbero gradito. Erano carichi, si erano fatti sicuramente una pista di coca, 'in quell’ambiente ne gira parecchia'. Ero terrorizzata e allo stesso tempo come sdoppiata, vedevo me che guardavo una stupida ragazza neanche tanto giovane, trent’anni, che c’era cascata come una pivella, che non aveva capito niente o forse non aveva voluto capire. Non avevo vie di scampo, il locale era all’aperto ma i cancelli erano chiusi e nessuno dei presenti era disposto ad aiutarmi, amiche comprese. Era stato tutto predisposto, non avrebbero mosso un dito. 'Non dovevo preoccuparmi avrebbero pensato loro al mio futuro', anche le altre ragazze presenti potevano confermarlo, lui era molto generoso! Stavo per vomitare, mi sentivo venir meno, le gambe mi tremavano sembravano di gesso, non riuscivo a muovermi, paralizzata. Poi d’incanto come nelle storie a lieto fine, spunta dal nulla un vecchio amico che saputo della trappola che mi era stata tesa, si è avvicinato ai tre bellimbusti e li ha convinti, non so ancora come, a lasciarmi andare. Il calciatore di belle speranze sempre blindato dentro l’auto, dopo avermi urlato parecchie oscenità e minacciato di spaccarmi in due se mai avessi parlato dell’episodio, accende il motore carica gli altri tre e se ne va". Pamela mi racconta tutto senza fermarsi come un fiume in piena. Per la prima volta si confida con qualcuno. Dopo averne parlato ancora e ancora, è riuscita ad entrare in contatto col suo trauma e di volta in volta ha rivissuto una dopo l’altra tutte le emozioni di quella sera per parecchi passaggi fino a che dal dolore alla rabbia, Pamela è passata al distacco e ha potuto guardare a quel fatto senza sentire più male e vergogna, esordendo improvvisamente in un bel “Basta! Voglio ricominciare a vivere, desidero avere dei figli, non ho molto tempo davanti, non permetterò che questa brutta esperienza mi segni la vita. Certo non mi fido più tanto degli uomini, anch’io però sono stata ingenua mi sono illusa, ho creduto che le differenze di classe non esistessero più, invece i figli di papà trattano quelle come me, come ragazze di serie B. Avrei voluto denunciarli quei maledetti, ma poi non me la sono sentita, loro sono ricchi hanno amicizie potenti, non ce l’avrei mai fatta a fargliela pagare. Mi è capitato ancora di incrociare per caso qualcuno di loro, ma se due mesi fa mi prendeva un’agitazione fortissima e cercavo di schivarli, adesso riesco a sostenere il loro sguardo non mi sento più in colpa, in fin dei conti ho realizzato che è stata solo un’esperienza spiacevole ma ne sono uscita bene, mi sento 'ripulita' e ho piacevolmente scoperto che sono loro ad abbassarlo, lo sguardo, quando mi incontrano”.
*Counsellor nella gestione dei traumi
centro_liberamente@yahoo.it
(3 aprile 2007)

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