Un libro che fa piangere, che stupisce per qualità letteraria e profondità, che è scritto inequivocabilmente da un uomo ( lo scrittore ) per un uomo ( il personaggio ), un libro da leggere ma avendo almeno cinquant’ anni e più : Stoner di Jhon Williams. Sì, perché leggerlo da più giovani rischierebbe di non essere apprezzato a dovere e solo almeno cinquant’anni di vita lo possono far capire. Un libro scritto negli anni ’60 e pubblicato per la prima volta in America nel 1965 senza successo e riproposto sempre in USA nel 2003 questa volta con successo e quindi tradotto e riproposto anche in altri Paesi, fra i quali l’Italia.
Perché ne scrivo, fra tanti argomenti importanti di cui potrei e vorrei scrivere ? ( la nuova proposta trasversale presentata in Parlamento sulla Prostituzione; la violenza tutta maschile del Fondamentalismo religioso islamico dell’Isis e i suoi effetti collaterali fino alla terribile vicenda del Barcone con Musulmani e Cristiani africani in una competizione fra vita e morte ..).
Ne scrivo perché l’ho appena finito di leggere in pochi giorni e sono rimasto colpito dalla forza, bellezza, ampiezza, umanità, profondità del racconto e quindi dell’autore. Ne scrivo in questa rubrica dedicata a Noi Uomini proprio perché l’autore è un Uomo, il libro ha per protagonista un Uomo e a mio parere lo si potrebbe definire forzatamente “letteratura maschile”. La modalità di scrittura e tutto il romanzo raccontano innanzi tutto di un Uomo, la sua strana vita, la sua identità in cambiamento, la sua relazione con i genitori, con la moglie,con l’unica figlia, il ruolo di professore universitario, le amicizie maschili, l’innamoramento tardivo e problematico, la sessualità, la grande storia ( la Crisi del 1929 e poi la seconda Guerra Mondiale ) e infine la morte.
Uno straordinario ed eccellente affresco di un personaggio maschile in tutta la sua strana vita di provincia americana dei primi decenni del’900, scritto e pubblicato cinquant’anni fa, che letto oggi mantiene intatta e forse aumentata tutta la sua qualità letteraria, la sua forza espressiva, la sua completezza.
Oltre alla qualità stilistico letteraria (riconosciuta dai critici e da suoi colleghi scrittori contemporanei sia americani che europei ed italiani ) è ricchissimo l’insieme di spunti tematici che con grande umanità e nello stesso tempo con grande “freddezza” e precisione descrittiva, l’autore riesce a intrecciare nella vita del protagonista, William Stoner appunto.
Figlio di contadini, lavoratore della terra, senza una particolare passione iniziale, è spinto dal padre a studiare e poi a frequentare l’università e lo vediamo così diventare un Docente di Letteratura Medioevale. Gran parte del racconto analizza le relazioni maschili fra colleghi universitari nei loro risvolti competitivi vendicativi o amicali, così come affronta invece il tema dell’Insegnamento, della trasmissione di passioni intellettuali e formative. Nel frattempo ci viene descritto il rapporto con quattro donne diverse : la madre, la moglie, la figlia, la giovane amante. Figure femminili molto diverse, negative e positive o problematiche, ma tratteggiate con grande maestria ed efficacia. La grande Storia entra ed esce dal racconto e dalla vita del protagonista per flash ed accenni che però collocano bene e con effetti molto realistici la piccola storia di Stoner nella Storia del mondo e dell’America di quegli anni. E infine la malattia fatale e l’avvicinarsi della morte descritta con una forza davvero speciale che travolge a poco a poco il lettore ( uomo o donna che sia ) fino a fargli vivere quel passaggio come proprio, con una sensibilità e capacità di espressioni che parrebbe quasi l’autore avesse già vissuto l’arrivo della morte prima del suo stesso personaggio.
Un Uomo-Personaggio che oscilla continuamente dall’insignificanza, dalla passività ed indolenza alla passione intellettuale, didattica, amorosa.
Un Uomo ( anzi due: nell’America degli anni ’30 quello del racconto e in quella degli anni ’60 lo stesso scrittore ) che appena sposato e con una piccola figlia, date le strane caratteristiche della moglie si ritrova per i primi anni a insegnare all’università e curare tutte le faccende domestiche di casa, comprese le pulizie, la cucina, l’educazione dell’unica figlia che sta molto bene accanto a lui ma non con la madre- madre che poi rovinerà quel rapporto così bello e anomalo-.
Un Uomo che improvvisamente a quarant’anni si innamora perdutamente di una studentessa che lo corrisponde pienamente, e assieme per qualche anno riescono a gestire quel bellissimo rapporto segreto fatto di studi e confronti e di improvviso erotismo senza fiato, fino a che non la moglie ( che ha capito e accetta e sottovaluta ) ma un collega invidioso e vendicativo lo costringe ad abbandonare l’amore per sempre: lei capisce e proprio per amore se ne va in un’altra città.
Un Uomo che arriva vergine contadino al matrimonio e scopre che la moglie, di origine molto benestante, è malata è una “bipolare” paranoica, con la quale la sessualità è quasi impossibile e insoddisfacente e poi dopo quasi vent’anni incontra una giovane donna con la quale invece la sessualità si libera dolce e forte al tempo stesso.
Un Uomo che insegna con grande dedizione, che stupisce gli studenti e provoca i colleghi per quaranta anni di docenza.
Un Uomo che alla fine cede alla malattia e muore lentamente, riamato dalla strana moglie e dalla figlia ormai lontana e infelice.
Un Uomo-Personaggio che umanamente non può essere un “modello” maschile contemporaneo, ma che suggerisce comunque comportamenti, sensibilità, capacità, contraddittorie e quasi schizofreniche a tratti positive, belle, ed anche coinvolgenti.
Un Uomo molto interessante al quale ci si affeziona, per il quale si soffre e alla fine si piange: e mi ha fatto piacere leggere che questa reazione finale liberatoria ed eccezionale ( non mi era mai capitato con un romanzo ) l’ha vissuta per ben tre volte lo stesso professionista commentatore Peter Cameron che firma la postazione alla edizione italiana.
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