39 anni fa, il 2 novembre del 1975, è stato ucciso Pasolini. Quest’anno è stato ricordato molto in più occasioni e con molti eventi anche belli, importanti e significativi per i 50 anni dall’uscita del suo film Il Vangelo secondo Matteo del 1964: una mostra su Pasolini e Roma, un’altra su Pasolini e Matera ( dove fu girata gran parte del film), e le proiezioni del film medesimo, restaurato e presentato in una versione integrale. Anche grazie a questi eventi mi sono riavvicinato a PPP leggendone un’ottima biografia curata nel 2003 da Enzo Siciliano, rileggendo alcune poesie, alcuni articoli, rivedendo due film, Il Vangelo e Accattone, e leggendo per la prima volta una parte del suo ultimo libro sospeso, Petrolio. Forse solamente adesso, nel 2014, ad oltre 60 d’età ed a 50 anni di distanza dalla sua vita attiva nell’Italia degli anni ‘70, mi sto rendendo conto dell’importanza, della forza, dell’originalità di Pasolini e del perché ancora oggi e non solo nel nostro Paese, e forse ancor più all’estero, sia ancora vivo, vitale appunto: “Cos’ ha Lei all’attivo? Io? Una disperata vitalità”. (Da Poesia in forma di rosa -1964). Il regista Martone, in una presentazione del suo ultimo bel film su Leopardi, ha proposto un inedito e provocatorio paragone sostenendo che appunto Leopardi potrebbe essere considerato il Pasolini dell’Ottocento italiano ed europeo. Proverò a scrivere di questo film in un prossimo articolo per riflettere sulla figura maschile di Leopardi come Martone e Germano ce l’hanno riproposta.
Ho deciso di scrivere di Pasolini in questa rubrica NOIUOMINI proprio perché riavvicinandomi e riscoprendo Pasolini in questo periodo, mi hanno colpito molto alcuni aspetti della sua storia che ci riguardano come uomini eterosessuali. La grandezza di Pasolini mi si è chiarita nell’intreccio fra genialità artistica trasversale (pittura, scrittura poesia, prosa, saggistica, giornalismo, cinema..) e fisicità e ruolo del corpo, del suo e di chiunque, ma innanzi tutto del suo di corpo oltre e accanto al “corpo sociale”. Leggendo contemporaneamente biografia, poesie, articoli, romanzi, e guardando film, mi è sembrato evidente che Pasolini sia “cresciuto e maturato” proprio come artista geniale ascoltando innanzi tutto il suo corpo, le sue pulsioni, i suoi desideri, e pur soffrendo tanto nella auto repressione iniziale e poi nelle crisi della sua liberazione, abbia deciso con grande coraggio, coerenza e dolore di vivere appieno la relazione fra corpo, mente, arte, politica. La vita come arte e l’arte come vita in mezzo alla quale anche si scrive, si compone, si crea, si opera, ma sempre o quasi in strettissima relazione originaria fra la sensibilità primaria del corpo, dei sensi, dell’eros, e sensibilità artistica, sociale, politica.
La sua omosessualità in quel modo è diventata “creativa”, pur dolorosa da difendere pubblicamente, ma generatrice di energia fisica e intellettuale. Pasolini non esprimeva allora un orgoglio omosessuale, un Pride Pubblico, perché ancora non vi erano le condizioni sociali per esprimerlo ma grazie a lui probabilmente è stato possibile che dopo 50 anni di lenta e difficile “liberazione”, ancora non certo piena del movimento omosessuale mondiale, il potente e famoso amministratore delegato della Apple Tim Cook (e prima di lui tanti e tante altre personalità di diversi ambiti internazionali) ha potuto e voluto scrivere pochi giorni fa una lettera pubblica di autodichiarazione di omosessualità così forte ed efficace. E grazie anche a Pasolini che in questi giorni molti sindaci stanno sfidando la legge arretrata italiana firmando certificati comunali di unioni civili fra omosessuali uomini e donne. La fisicità di Pasolini, la sua “disperata vitalità”, la sua energia, erano già espresse dal viso, dal suo corpo, dai suoi movimenti, prima ancora che dalle parole, dalle scritture, dai disegni, dalle immagini. L’unico elemento che strideva con questa forza era la voce, strana, quasi stridula, stirata. Il paradosso pasoliniano oggi mi appare (anche dalle foto, dai documentari, dai programmi tv) quello di un uomo che da omosessuale “in-segnasse” una mascolinità forte in cui il riconoscimento in sé stessi dell’importanza del corpo possa e debba essere fonte di vitalità, di energia, di creatività, di intelligenza, di genialità. Oggi la fisicità maschile mi sembra invece pura forma, un’estetica senza etica, senza sostanza e soprattutto una fisicità separata, altra dalla vita attiva: una schizofrenia di genere?
Se volete contattare l'autore della rubrica NOIUOMINI potete scrivere a: gianguidopagi@gmail.com.
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