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NOIUOMINI / Noi Uomini Padri

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19 marzo festa dei Papà: alla riscoperta della paternità?

Lunedi, 23/03/2015 -
Padre, Papà, Babbo, Papi, Pà ….ovvero la riscoperta della Paternità? La festa dei Papà è stata inventata in America del Nord nel 1908 da una Comunità Metodista e poi rilanciata il 19 giugno del 1910 vicino a Washington dalla Signora Smart Dodd in onore di suo padre veterano della Guerra di Secessione. Durante il ‘900 la Festa dei Papà si diffuse in tutto il mondo in date diverse e con abbinamenti diversi. Nei paesi a tradizione cattolica fu abbinata a San Giuseppe e così collegata al 19 marzo. Almeno in Italia è diventata una festa civile molto commerciale e poco sentita come giornata di valorizzazione della figura paterna. Eppure proprio della figura paterna, del ruolo dei padri nella società contemporanea si discute sempre più e a diversi livelli di approfondimento e di diffusione. Libri, articoli, dibattiti, siti internet stanno sottolineando una riscoperta del valore della paternità sia nella crescita dei figli-e, sia nella maturazione di “nuove” identità maschili, sia nelle relazioni Uomo-Donna, con “effetti collaterali” significativi nella Società nel suo complesso con risvolti legali, lavorativi, organizzativi, urbani, sociali.



Dopo mesi di silenzio La Repubblica ha proposto sabato scorso il secondo numero monografico della rivista D.lui: il primo numero era stato pubblicato a novembre 2014 e ne avevo scritto in questa rubrica. Nel complesso mi sembra che la delusione del primo venga confermata dal secondo che risulta quindi uno “spreco” di una idea giusta e ricca di potenzialità: proporre a lettori e lettrici che comprano La Repubblica un nuovo periodico dedicato al mondo maschile in “trasformazione”, dopo tanti anni di successo del settimanale D.Donna.



Qualche articolo interno a questo secondo numero D.Lui si salva dalla mediocrità e insignificanza del resto: a pag. 134 “Ehi, ragazzi, Papà è a casa” di M.Mistretta sul ruolo dei “nuovi” padri. Ed è interessante scoprire però che questo buon articolo in D.Lui si abbini ottimamente con un altro buon articolo della grande N.Aspesi su D.Donna dello stesso giorno a pag. 60 “Gli uomini sono veri quando stanno tra di loro”. Entrambi gli articoli scritti da due donne. In D.lui l’autrice riporta alcuni passaggi significativi di una ricerca sulla paternità realizzata da un professore americano del MIT di Boston, Paul Raeburn, che a partire da sé, dai suoi cinque figli nati da due mogli diverse, ha sentito il bisogno negli anni di studiare, di capire se stesso e le dinamiche maschili nel diventare padre fino ad essere un esperto e un teorico e raccontare il tutto in un libro e in un Blog molto seguito dedicato a questo tema. In sintesi Raeburn cerca di dimostrare anche scientificamente che : il corpo e il cervello dei maschi cambia a partire dall’attesa della nascita del figlio-a; vivere la paternità con dedizione e con alcune caratteristiche comportamentali modifica e migliora la vita dell’uomo, quella del figlio-a ed anche quello della madre; la Società dovrebbe incoraggiare la responsabilità paterna anche con leggi e regolamenti; gli uomini, assieme alle donne, devono riscoprire e valorizzare il ruolo dei padri. L’articolo però dà per scontato, e invece non lo è affatto, che per essere un “buon padre” un “buon genitore” basti volerlo e praticarlo, senza riprodurre schemi culturali comportamentali tradizionali maschilisti che rafforzano di fatto se stessi come figure e ruoli negativi. Anche in Italia la riscoperta di una nuova paternità ha dei risvolti nella rete con siti e blog seguiti come quantestoriepapa.it; congedoparentale.blogspot.it ; Solopapa.wordpress.com.



N.Aspesi nel suo articolo su D.Donna si rivolge a Donne e Uomini proponendo di fatto una bella provocazione. I passaggi principali del suo ragionamento sono i seguenti : in Italia sempre più uomini sono coscienti della loro crisi di identità e si sforzano di rispettare di più le donne cercando di capirle ; sempre più donne stanno conquistando ruoli di responsabilità, potere pubblico e privato anche se ciò non vuol dire pari opportunità ; ma, si chiede Aspesi, le donne che tipo di uomo desiderano davvero e quanto conoscono davvero gli uomini e come sono quando stanno fra di loro e quanto la condizione esclusiva di vita fra uomini li rende “autentici” ? Aspesi propone a tutti-e di andare a vedere un film a suo parere bello e utile proprio per provare a rispondere a queste ultime domande: il film americano Foxcatcher, sulla relazione maschile fra Allenatore e Lottatore, una storia vera trasformata in film.



Nuovi Padri, Nuovi Uomini, Nuove Donne, Nuovi Figli e Nuove Figlie ?



Il linguaggio racconta, i termini di una lingua esprimono verità diverse: Padre, Papà, Babbo, Papi, Pà. La prima parola PADRE suona impegnativa, bella, anche forte forse. La seconda PAPA’, quella quotidiana usata da molti (non tutti) a tutte le età della vita, sembra più dolce e intima. La terza BABB è l’alternativa regionale a Papà, in una buffa divisione nazionale fra Nord, Centro, Sud Italia a macchia di leopardo “Le due voci , Papà e Babbo, si sono affermate in epoche diverse e con percorsi differenti, "affrancandosi" dal panorama delle varietà locali sottostanti in cui ancora nella prima metà del secolo scorso dominavano, sia al nord che al sud, derivati dal latino patrem contrastati da Babbo diffuso in Sardegna, Toscana, Romagna, Umbria, Marche e Lazio settentrionale, oltre che da Tata, in Lazio, Abruzzo, Puglia settentrionale e Campania, e Atta in Puglia, Basilicata e Campania meridionale. Anche Papà, benché a fianco di altri termini, era già diffuso in Piemonte, lungo la valle del Po, in Veneto, a Roma, in Umbria e nelle Marche.” ( Dal sito dell’Accademia della Crusca).



“Babbo : voce fanciullesca che raddoppia la sillaba BA uno dei primi suoni articolati da un bambino con analogie in molte lingue del mondo : Bab in Persia, Baba in Turchia in India in Malesia, Boab in Mongolia, Bo fra gli Ottentotti “ (Dal Dizionario etimologico on line di Francesco Bonomi).



A noi meridionali Babbo suona ancor più intimo, infantile di Papà e addirittura ricordo che in alcune zone del sud (sicuramente nella Sicilia orientale fra Messina e Siracusa) la parola Babbo significa solamente “scemo”!



E poi ancora la quarta parola PAPI, è diffusissimo credo ovunque in Italia, ma solamente da pochi decenni, come vezzeggiativo familiare usato però solamente a senso unico, dai figli-e verso i padri, così come la quinta parolina contratta Pà. Insomma in Italia abbiamo una bella varietà di parole, di toni, di significati sottili ma importanti per indicare un ruolo, uno status naturale, fisiologico, sociale: la paternità.



Io, figlio non unico, sono cresciuto con un padre forte, in parte tradizionale in parte trasgressivo, molto affettuoso a modo suo, con il quale crescendo ho maturato un rapporto contraddittorio di amore, timore, stima, confronto, conflitto, ma credo nel complesso positivo e molto stimolante, accanto al rapporto diverso con mia madre, di cui ho scritto in un articolo precedente. Io padre di un’unica figlia, femmina, sono cresciuto ( dai miei 29 anni agli attuali 62 ), con lei, anche grazie a lei, accanto a sua madre mia moglie. La paternità è stata una delle mie esperienze più forti e positive di cui sono felice e orgoglioso ed è stata continuamente e davvero la molla principale a farmi superare difficoltà e crisi fino a diventare progressivamente anche un fattore di ulteriore maturazione intellettuale e non solo caratteriale : il confronto continuo con lei non solo sul fronte educativo e dei valori ma anche teorico professionale e complessivo. E per tornare alla importanza della parole, mia figlia da piccola per qualche anno si era inventata due strani ibridi per me e mia moglie : io ero Mapi e lei era Pamma, in una mescolanza di identificazione dei suoi genitori che in parte poteva essere bella e positiva e in parte forse problematica…ma senza apparenti conseguenze negative oggi che ha 33 anni!



Credo infine che il primo passaggio decisivo per cercare di essere un “buon padre”, per sé, per la propria compagna e per i figli-e, sia scegliere coscientemente di diventare genitori, non “subendolo” o “accettarlo per caso”. Scegliere assieme alla propria compagna di diventare genitori sia la prima volta che per le eventuali seguenti : senza questa scelta temo che tutto il resto non sia né facile né possibile. E scegliendolo prepararsi a viverlo il più possibile con le conseguenti responsabilità condivise in casa, fuori casa, nella relazione a tre, nell’educazione, nella gestione del tempo, della scuola, delle relazioni : un grande impegno di coerenza, di amore, di fatica ma anche di piacere.

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