Martedi, 09/12/2014 - Macolate concezioni e giovani padri
In tutta Italia ieri 8 dicembre, come ogni anno da decenni, era festa, era vacanza, non siamo andati né a scuola né a lavoro, a parte i turnisti di ogni genere. La festa religiosa dell’Immacolata Concezione dedicata alla Madonna, è stata codificata solamente dopo ben oltre 500 anni di dispute teologiche a livello internazionale sulla purezza della Madonna come unico essere umano senza peccato originale. Dal primo riconoscimento proposto da Papa Sisto IV nel 1477 si arrivò a Papa Alessandro VII nel 1661 e poi a Papa Clemente XI nel 1708, la festa fu definitivamente promulgata come dogma solamente nel 1854 da Papa Pio IX. Una festa molto sentita nel nostro Paese e riconosciuta dallo Stato Italiano fra le poche rimaste come vacanze dopo le numerose soppressioni di altre feste fin dal 1977, come il 4 ottobre di San Francesco e il 19 marzo di San Giuseppe ( due uomini “soppressi” dal calendario vacanziero ! ). E proprio su San Giuseppe vorrei scrivere qualche riflessione questa settimana.
San Giuseppe, figura di Uomo, di Padre, è abbinato in Italia ormai ad una festa “laica” nazionale e consumistica appunto la Festa del Papà ( il 19 marzo ) con relativi regalini dei figli-e e delle mogli, accanto alla Festa della Mamma di metà maggio, come in quasi tutto il mondo ormai pur in date diverse.
Giuseppe, uomo maturo quasi anziano per quel tempo, falegname o piccolo impresario edile ( a seconda delle interpretazioni storiche ) ci è stato raccontato come Uomo di fede, Marito buono ma passivo, più testimone che partecipe, e soprattutto Padre “inesistente” che per i primi quindi anni sembra quasi aver assistito altrettanto passivamente alla crescita ed alla educazione di un figlio-non-figlio straordinario. Se invece, rispettosamente, mettessimo da parte, sospendessimo, la fede o la non fede di ognuno/a di noi, e considerassimo Gesù un bambino straordinario e poi adolescente e poi giovane Uomo con grandissime doti, energia, sensibilità, forza, che ruolo probabile potrebbe aver avuto suo padre, Giuseppe, assieme alla madre e forse anche alla nonna, Anna, San’Anna, la madre di Maria quindi appunto la Nonna di Gesù e suo marito Nonno Gioacchino ? ( Confesso che solo da poco tempo ho realizzato che San’Anna fosse davvero la Nonna di Gesù, di Cristo, e questa terminologia così familiare e normale mi ha colpito già nel pronunciarla o solo pensarla ).
Il nostro caro Giuseppe che padre può essere stato, al di là della tradizione religiosa Cristiana ? Immagino che esistano studi e riflessioni colte e approfondite su tale questione ma oggi mi limito a collegarla al recente dibattito italiano sulla Paternità e sul ruolo dell’educazione dei padri, dei giovani padri verso figli e figlie. Ipotizzando che allora, come oggi d’altronde, oltre all’influenza basilare dei rispettivi DNA dei genitori, fosse molto importante dal punto di vista educativo l’esempio, i comportamenti, la vita quotidiana di Madre e Padre di un bambino in crescita, possiamo supporre che anche Giuseppe, padre di Gesù, avesse trasmesso al figlio valori, sensibilità, cultura tali da farlo diventare un figlio eccezionale, un giovane speciale, un uomo stra-ordinario. In questa ipotesi laica, da non credenti, che ruolo avrebbero potuto avere una madre giovanissima e un padre maturo ? Giuseppe avrà mai sgridato suo figlio ? Si dice e si è scritto che probabilmente il piccolo Gesù dai cinque anni in avanti avesse potuto addirittura aiutare il padre nel lavoro manuale del laboratorio edile o nella piccola Ditta, come avveniva naturalmente a quei tempi e come purtroppo continua ad avvenire ancora oggi dopo 2000 anni in moltissimi Paesi e non solo in quelli più poveri ( le cifre ufficiali parlano ancora di oltre 200 milioni di Minori sfruttati nel Mondo ). Probabilmente però a quel tempo Giuseppe non “sfruttava” suo figlio ma come tutte le famiglie di Nazareth e non solo, faceva crescere il figlio maschio assieme a lui, padre, lavoratore, artigiano, piccolo impresario, in mezzo ai suoi cantieri, nell’impegno e la fatica quotidiana mescolati all’apprendimento di un mestiere ed alla conoscenza della vita sociale. Oggi la Famiglia, la Paternità accanto alla Maternità, vivono le difficoltà contemporanee dell’educazione e poi della scuola e poi della formazione al lavoro e alla professione, e quindi della estesissima disoccupazione. In questo marasma affettivo, culturale, sociale, economico, di genere e di generazione, la Paternità è proprio una nuova sfida di identità, di ruolo. Non può stupirci se la “macolata concezione” di un figlio da parte di una coppia “normale” di giovani italiani ( e forse anche europei ) sia sempre più ritardata negli anni e affrontata quasi con paura. Spesso, troppo spesso forse, sono entrambi i potenziali genitori di una coppia che si bloccano che retrocedono al desiderio di avere figli: le giovani donne anche per spirito di giusta dedizione alla propria vita professionale, e i giovani uomini invece per timore delle proprie responsabilità di mariti e di padri. Avere fiducia in se stessi e nella società è sempre più difficile ma necessario. E pensare che all’epoca di Maria e Giuseppe c’erano la povertà, le guerre, le persecuzioni, le migrazioni, le dittature, le corruzioni……quasi come oggi !
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