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Noi Rete Donne: il documento per un reale equilibrio di genere nelle società

Noi Rete Donne: il documento per un reale equilibrio di genere nelle società

Estendere pari garanzie alle società controllate pubbliche e avviare una necessaria riflessione sulle società non quotate

Domenica, 19/07/2020 -  Noi Rete Donne che da oltre un decennio ha posto al centro della propria azione la democrazia paritaria, ha stilato questo documento (versione pdf) con proposte per un reale Equilibrio di genere nelle società, per correggere contraddizioni e carenze delle previsioni della legge 160 del 2019 (legge di Bilancio 2020) che è intervenuta sulle disposizioni introdotte dalla Legge Golfo-Mosca; chiedendo soprattutto di estendere pari garanzie alle società controllate pubbliche e avviando una necessaria riflessione sulle società non quotate.

L'obiettivo del documento non è solo quello di presentare alcune proposte per rendere più equa e più allargata la partecipazione delle donne nei C.d.A., ma anche di sottolineare quanto la democrazia paritaria sia importante anche per il cambiamento e per il ruolo di traino nelle politiche che aiutino l’empowerment delle donne e il gender mainstreaming e che favoriscano una politica aziendale non discriminante in base al genere e più aperta alla conciliazione tra vita e lavoro.

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NORME PER UN EQUILIBRIO NELLE SOCIETA’

Noi Rete Donne, da oltre un decennio ha posto al centro della propria azione la democrazia paritaria, intrecciando l'obiettivo della partecipazione delle donne nei luoghi di potere con quello della promozione della legalità: la parità di genere deve essere traino per nuove idee e prospettive che aiutino l’empowerment delle donne e il gender mainstreaming e che favoriscano una politica aziendale non discriminante in base al genere e più aperta alla conciliazione tra vita e lavoro.

Questo approccio non va disperso, annegandone la valenza innovativa nella mera rivendicazione quantitativa di posti aggiuntivi. Ora non si può più attendere: la democrazia paritaria è irrinunciabile proprio per il rigore e il cambiamento che veicola nel concreto.

Anche per quanto riguarda la Legge Golfo-Mosca n. 120 del 2011 (che ha introdotto regole a favore del genere sottorappresentato negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e a controllo pubblico) e la presenza di un numero sempre maggiore di donne nei board, la nostra Rete ha quindi ritenuto necessario sottolineare questi aspetti al fine di raggiungere quel cambiamento culturale ancora non compiuto ed anche per evidenziare i miglioramenti dei principali indicatori di redditività aziendale quando sono presenti donne nei CDA.

È importante poi rilevare che un’impresa rispettosa delle pari opportunità dà, all’esterno, un’immagine positiva e di grande responsabilità ed affidabilità.

In questi mesi Noi Rete Donne ha elaborato proprie proposte per correggere contraddizioni e carenze nella proroga della legge Golfo-Mosca, chiedendo soprattutto di estendere pari garanzie alle società controllate pubbliche e avviando una necessaria riflessione sulle società non quotate. In questo documento tutte le proposte che la nostra Rete intende sollecitare. Fermo restando che l’obiettivo è il raggiungimento a favore del genere sottorappresentato del 50% dei posti, così come già sottolineato nel recente documento diffuso da Noi Rete Donne dal titolo Per un equilibrio di genere nelle nomine pubbliche.


SINTESI DELLE PROPOSTE

- estensione delle previsioni della legge 160 del 2019 (legge di Bilancio 2020) che è intervenuta sulle disposizioni introdotte dalla Legge Golfo-Mosca nel Testo Unico sull’intermediazione finanziaria n. 58 del 1998 (portando a 2/5 il numero di componenti appartenenti al genere sottorappresentato e ampliando l’operatività delle relative previsioni a 6 mandati) alle società a controllo pubblico di cui al d.lgs. n. 175/2016 (TUSSP);
- revisione dei meccanismi sanzionatori (allineamento delle sanzioni pecuniarie nelle società quotate e rafforzamento dell’apparato sanzionatorio per le violazioni dell’equilibrio di genere nelle società partecipate pubbliche);
- allineamento delle previsioni del Codice di Autodisciplina alle previsioni della legge di Bilancio 2020 (innalzamento a 2/5 del numero di componenti appartenenti al genere sottorappresentato)
- estensione dei principi dell’equilibrio di genere anche alle società non quotate (es. società di maggiori dimensioni, società tenute alla redazione della dichiarazione di carattere non finanziario) e a tutte le società a partecipazione pubblica;
- promozione di politiche a sostegno della parità di accesso delle donne all’interno dell’organizzazione aziendale e attenzione ai temi ESG (Environmental, Social and Governance)
- introduzione di meccanismi premiali, certificazioni per le società che introducono volontariamente regole sull’equilibrio di genere.

EQUILIBRIO DI GENERE E PERFORMANCE AZIENDALI
Le quote di genere non solo soddisfano l’effettiva realizzazione dei principi Costituzionali di uguaglianza e non discriminazione, ma consentono anche di migliorare sensibilmente la produttività e il valore delle imprese, coniugando così in modo virtuoso le ragioni dell’equità con quelle dell’efficacia e dell’efficienza.
Si tratta di ricadute positive che si possono intravedere a più livelli.
Rispetto alla qualità della governance di una società, avere più donne CEO, nel CDA o nel management significa ad esempio:
- migliorare le capacità di problem solving di un’organizzazione grazie alla ricchezza di prospettive prodotta dalla diversity (1),
- avere migliori risultati nelle decisioni sulle acquisizioni  (2) e sugli investimenti(3), grazie ad una maggiore prudenza e congrua valutazione dei rischi che mitiga l’eccessiva sicurezza di molti CEO uomini (4),
- migliorare la reputazione di una società. Secondo una indagine  (5) il 31% degli Americani considera più oneste le leader donne, mentre solo il 3% reputa più onesti gli uomini,
- migliorare il clima aziendale e il livello di collaborazione.
A livello quantitativo, in termini di creazione di valore, è stato dimostrato da diversi studi come le società con più donne leader migliorino la produttività, capacità di innovazione e valorizzazione del proprio valore sul mercato.
Una ricerca del 2016  (6) condotta su 21.980 società quotate in 91 differenti paesi ha ad esempio dimostrato che aumentando del 30% la quota di donne nella leadership di una società (CEO, CDA e management) si ottiene un aumento del 15% della redditività, soprattutto se l’incremento della presenza di donne si propaga dai livelli più alti di leadership anche al middle management.
Più di recente un’indagine condotta in Australia (7) su 200 società quotate in borsa per sei annualità consecutive ha stimato che:
- se la società ha una CEO donna il suo valore azionario cresce in media del 5% (53,3 milioni US$),
- se la società aumenta il numero delle donne nel proprio CDA del 10% o più il suo valore azionario cresce in media del 4,9% (52,6 milioni US$),
- se la società aumenta il numero delle donne nelle posizioni di potere del 10% o più, il suo valore azionario cresce in media del 6,6% (70,2 milioni US$).
Per ottenere benefici reali e duraturi grazie alla maggiore presenza di donne nei CDA, occorre però raggiungere una “massa critica”, che una ricerca ha stimato in almeno tre posti in CDA, o comunque un 30% minimo delle cariche disponibili (8), condizione indispensabile perché le donne possano esprimere pienamente il proprio valore e contributo alla società. Una rilevazione che conferma quindi anche dal punto di vista tecnico l’opportunità di fissare una quota minima per il riequilibrio della composizione dei CDA attraverso le quote di genere.
Quanto ai risultati raggiunti per effetto della Legge Golfo-Mosca, si legge nel Report on Corporate Governance of Italian Listed Companies Consob 2019 (pubblicato a marzo 2020) che «Al termine dell’ultima stagione assembleare (giugno 2019), la presenza femminile negli organi sociali delle imprese quotate italiane ha registrato nuovi massimi, superando rispettivamente il 36% e il 39% degli incarichi di amministrazione e di controllo. Tale dinamica è riferibile in larga misura alla Legge 120/2011 che, come noto, ha imposto un criterio di genere per la composizione degli organi sociali per i tre rinnovi successivi all’agosto 2012 (riservando un quinto dei posti al genere meno rappresentato per il primo rinnovo e un terzo dei posti per il secondo e il terzo rinnovo). […] A seguito dell’entrata in vigore della Legge 120/2011 si sono modificate anche altre caratteristiche dei board, quali ad esempio il livello medio di istruzione e la diversificazione dei profili professionali degli amministratori, entrambi aumentati, e la presenza di membri legati all’azionista di controllo da rapporti di parentela (cosiddetti family), diminuita costantemente negli anni». È doveroso peraltro ricordare che grazie alla Legge Golfo-Mosca l’Italia si colloca oggi tra i paesi con la maggiore diversità di genere ai vertici delle società quotate.

LA LEGGE GOLFO-MOSCA E I SUCCESSIVI INTERVENTI NORMATIVI
Il più recente intervento normativo in tema di riequilibrio di genere, dedicato alle società quotate, è contenuto nella legge di Bilancio 2020 (L. 27 dicembre 2019, n. 160) entrata in vigore il 1° gennaio 2020. Com’è noto, la nuova disciplina prevede che gli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate riservino al genere meno rappresentato «almeno due quinti» dei componenti e non più un terzo, come previsto dalla Legge Golfo-Mosca n. 120 del 2011. Inoltre l’obbligo di assicurare l’equilibrio di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate viene sancito per ulteriori sei mandati (potenzialmente, 18 anni) a far data dal primo rinnovo dell’organo successivo al 1° gennaio 2020 (mentre la Legge Golfo-Mosca lo imponeva per soli 3 mandati). La nuova disciplina, come già la Legge Golfo-Mosca, interviene modificando il testo degli artt. 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del Testo Unico sull’intermediazione finanziaria d.lgs. 58 del 1998 che contengono le disposizioni sulla nomina dei membri degli organi di amministrazione e controllo nelle società quotate.
Questo ultimo importante provvedimento legislativo rappresenta oggi un’occasione di riflessione, che diventa necessaria non soltanto in ragione delle novità che ha introdotto nel nostro ordinamento, ma anche alla luce del quadro sistematico in cui va ad inserirsi. Quadro che presenta oggi evidenti disallineamenti evidenziando diversi aspetti che esigono un chiarimento, in particolare nel confronto con la normativa che guida il riequilibrio di genere nelle società a partecipazione pubblica che resta invece disciplinato dalle disposizioni della Legge Golfo-Mosca, combinate con le prescrizioni dell’art. 11, 4° comma del TUSPP, d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175.

I dubbi interpretativi in ordine alla durata dei mandati ed all’applicazione della percentuale di due quinti negli organi formati da tre componenti sono stati chiariti anche dalla Consob dapprima con una Nota e poi con Delibera n. 21359 del 13.5.2020 che ha modificato il Regolamento Emittenti (n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modifiche) nel senso che, nel caso di organi composti da tre membri, si applica la regola dell’arrotondamento per difetto anziché per eccesso. Resta invece fermo per gli organi con diversa composizione il criterio dell’arrotondamento per eccesso all’unità superiore.

È nota peraltro in proposito la proposta di Noi Rete Donne alla Consob in merito agli effetti delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2020 per gli organi con tre componenti e che concerne la possibile alternanza dei generi alla scadenza del mandato, in modo da assicurare il risultato che le novità della legge 160 del 2019 intendevano conseguire, ovvero l’aumento del numero di componenti appartenenti al genere sottorappresentato (attualmente le donne) negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate.

In occasione delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio n. 160 del 2019 nel TUF n. 58 del 1998 non è stata invece colta l’opportunità di allineare l’ammontare dei minimi edittali delle sanzioni previste per la violazione delle regole sulla composizione degli organi di controllo delle società quotate a quelle comminabili in caso di mancato rispetto delle norme sull’equilibrio di genere negli organi di amministrazione (con riferimento alla composizione dell’organo amministrativo le sanzioni comminabili per la violazione vanno da 100.000 euro a 1.000.000 di euro mentre con riferimento alla composizione dell’organo di controllo il range è da 20.000 a 200.000 euro). A sua volta la Consob non ha sfruttato l’occasione per prevedere regole più snelle per l’irrogazione delle sanzioni in caso di violazione della normativa sull’equilibrio di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate rispetto a quelle vigenti per l’irrogazione delle sanzioni per violazioni che richiedono una istruttoria decisamente più complessa.

IL RUOLO DEL CODICE DI AUTODISCIPLINA E LE NORME SULLA DICHIARAZIONE DI CARATTERE NON FINANZIARIO
Per quel che concerne la percentuale di genere si deve segnalare che anche il Codice di Autodisciplina delle società quotate ha risposto alle sollecitazioni del legislatore e del mercato (9): con le modifiche apportate già nel 2018 e ulteriormente rafforzate nel 2020, il Codice di Corporate Governance ha infatti fatto proprio il principio della diversità di composizione degli organi sociali; tuttavia anche nella più recente edizione, quella del 2020, per un difetto di coordinamento con le disposizioni contenute nella (quasi coeva) Legge di Bilancio, ha mantenuto il riferimento alla quota del 33% del genere meno rappresentato negli organi sociali. Il Codice però, e la previsione va salutata con grande favore, ha esteso il principio della parità di trattamento e di opportunità fra i generi all'intera organizzazione aziendale, così entrando più nel profondo della realtà aziendale. L’art. 2, punto 8 prevede infatti che «le società adottano misure atte a promuovere la parità di trattamento e di opportunità tra i generi all’interno dell’intera organizzazione aziendale, monitorandone la concreta attuazione». Questa previsione si riallaccia ad un’altra significativa novità legislativa costituita dal d.lgs. n. 254 del 30 dicembre del 2016, di attuazione della Direttiva 2014/95/UE. Il citato decreto, da un lato impone alle società tenute a redigere la dichiarazione di carattere non finanziario di includervi informazioni riguardanti, fra l’altro, «d) aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, le misure volte ad attuare le convenzioni di organizzazioni internazionali e sovranazionali in materia, e le modalità con cui è realizzato il dialogo con le parti sociali»; dall’altro il medesimo decreto ha introdotto l’obbligo per tutte le società quotate di includere nella loro Relazione sul governo societario e sugli assetti proprietari «una descrizione delle politiche in materia di diversità applicate in relazione alla composizione degli organi di amministrazione, gestione e controllo relativamente ad aspetti quali l'età, la composizione di genere e il percorso formativo e professionale, nonché una descrizione degli obiettivi, delle modalità di attuazione e dei risultati di tali politiche», specificando che ove nessuna politica sia applicata, la società deve motivare in maniera chiara e articolata le ragioni di tale scelta.
Si tratta di previsioni delle quali va sottolineata l’importanza e per le quali si auspica un possibile rafforzamento date le persistenti limitazioni dei percorsi femminili di carriera all’interno delle organizzazioni aziendali. Limitazioni che inevitabilmente si riflettono sulle posizioni apicali. L’auspicio è infatti che l’incremento della presenza femminile all’interno degli organi di amministrazione e controllo costituisca un volano per assicurare pari opportunità di accesso all’interno dell’organizzazione aziendale per entrambi i generi e che le donne possano farsi portatrici di queste istanze, così come di una maggiore sensibilità per i temi ambientali, sociali e di governance (i c.d. temi ESG) la cui importanza è emersa con straordinaria drammaticità nella situazione di emergenza che stiamo tuttora attraversando.
Occorre anche rimarcare che le donne, pur presenti nei CDA come amministratrici indipendenti e non esecutive, raramente in Italia ricoprono i ruoli di amministratore delegato esecutivo. Come risulta dall’ultimo rapporto Cerved (2020) gli amministratori delegati donna rappresentano infatti appena l'8,4% del totale. Dal Report on corporate governance of Italian listed companies Consob 2019 che fotografa la situazione delle società quotale al giugno 2019 emerge inoltre che «Le donne ricoprono la carica di amministratore delegato in 15 società, rappresentanti il 2,5% del mercato in termini di capitalizzazione, mentre presiedono il board in 25 emittenti, rappresentanti circa un terzo della capitalizzazione di mercato. Oltre il 72% delle donne sono amministratori indipendenti, percentuale in continua crescita dal 2013».


PROSPETTIVE DE IURE CONDENDO
Valutazioni quasi omogenee riguardo a tali ultimi aspetti riguardano le società a partecipazione pubblica, con riferimento alle quali tuttavia, come abbiamo già rilevato, si rendono necessari interventi di “riallineamento” della disciplina.

Il TUSPP del 2016 infatti, nel richiedere che le amministrazioni assicurino il rispetto del principio dell’equilibrio di genere, ha richiamato i criteri stabiliti dalla Legge Golfo-Mosca (le cui disposizioni con riferimento alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni erano state attuate dal D.P.R. n. 251 del 30 novembre 2012). La normativa stabilisce i termini e le modalità di attuazione della disciplina concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società costituite in Italia e controllate ai sensi dell’articolo 2359 c.c. dalle pubbliche amministrazioni (intendendosi per P.A. quelle definite nell’articolo 1, comma 2, d.lgs. 165/2001). A sua volta, l’art. 11 comma 4 del TUSPP ha disposto che «nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d'anno. Qualora la società abbia un organo amministrativo collegiale, lo statuto prevede che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge 12 luglio 2011, n. 120».
Dunque oggi importanti differenze concernono la disciplina dell’equilibrio di genere nelle società quotate ed in quelle partecipate pubbliche, differenze che concernono:

- L’entità della quota e cioè la percentuale di genere (che per le società a partecipazione pubblica resta ancorata ad un terzo). L’esigenza che questa percentuale sia allineata a quella (di due quinti) oggi prevista per le società quotate appare evidentemente in linea con la ratio della Legge Golfo-Mosca alla quale il TUSPP si richiama.

- La durata, posto che il richiamo operato dal 4° comma dell’art. 11 TUSPP alla normativa contenuta nella Golfo-Mosca non chiarisce il numero dei mandati per i quali la disciplina dell’equilibrio di genere deve ritenersi in vigore. Per questo profilo si può tuttavia segnalare un’interpretazione, sempre più ricorrente, secondo la quale la norma potrebbe essere ormai considerata sine die. Si deve infatti ricordare che la previsione di un limite di mandati entro i quali la legge n. 120/2011 confinava l’imperatività della nuova disciplina (tre mandati e dunque complessivamente tendenzialmente 9 anni) era parso nel 2011 soluzione idonea a non forzare il principio costituzionale di cui all’art. 51 Cost., ma che quel limite ha certamente indebolito il valore “educativo” di cui la stessa disciplina si fa portatrice. Va peraltro detto che negli altri ordinamenti che hanno adottato regole in materia di equilibrio di genere non sono previsti limiti temporali alle relative disposizioni (si veda ad esempio il caso della Norvegia, della Francia e della Spagna). In ogni caso l’eventuale previsione di un limite di mandati per le società pubbliche potrebbe essere resa almeno omogenea al nuovo limite (sei mandati) previsto per le società quotate.

- La circostanza che nel TUSPP l’obbligo di rispettare la quota non è posto in capo alle società bensì in capo alla P.A. che effettua la designazione. Il rispetto dell’equilibrio di genere nella misura di almeno un terzo è inoltre riferito innanzitutto al numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno. Tale previsione, che implica conseguenze in tema di sanzioni (in quanto queste evidentemente finiscono con il ricadere non più sulle società bensì in capo alle PP.AA.) potrebbe tuttavia rivelarsi positiva in considerazione del numero delle società che hanno un amministratore unico. Essa d'altronde è certamente una diretta conseguenza della preferenza accordata dal TUSPP all’organo amministrativo monocratico. Infatti, se così non fosse disposto, la regola sull’equilibrio di genere sarebbe di difficile, se non impossibile, applicazione, potendo ridursi a una vuota proclamazione di principio.

- L’assenza di previsioni concernenti l’organo di controllo. Assenza alla quale occorre senz’altro rimediare in tempi rapidi tenuto conto che l’impostazione originaria degli interventi introdotti con la Legge Golfo-Mosca contemplava regole identiche in materia di equilibrio di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e a controllo pubblico.

- La nuova normativa non prevede sanzioni in quanto l’art. 11 TUSPP si aggancia alla Legge Golfo-Mosca soltanto con riferimento ai criteri. Ci si è chiesti a tal proposito se si possa ipotizzare un effetto trascinamento e considerare pur sempre in vigore la procedura sanzionatoria prevista dalla Legge Golfo-Mosca. Sembra chiaro però che anche qui occorre un chiarimento legislativo posto che, come si è già detto, in conseguenza della previsione che pone in capo alla P.A. l’obbligo del rispetto delle quote, la sanzione pecuniaria andrebbe ora ragionevolmente imputata all’Amministrazione designante e non più alle società; circostanza che potrebbe suggerire anche un ripensamento della procedura sanzionatoria. In ogni caso un dato positivo è costituito dalla previsione contenuta nel D.P.R. 251 del 2012 di attuazione dell’art. 3 della Legge Golfo-Mosca che assegna a qualsivoglia interessato il potere di segnalazione della violazione delle norme sull’equilibrio di genere nella composizione degli organi di amministrazione e controllo delle società a controllo pubblico.

Il disallineamento tra le società quotate e quelle a partecipazione pubblica si appalesa dunque su più fronti ed esige quanto prima un intervento legislativo.

Da un lato infatti occorre ricordare che l’attuale tecnica legislativa, caratterizzata dalla disorganicità degli interventi, comporta una stratificazione di norme e di vincoli che minano la certezza interprativa dell’intero quadro normativo di riferimento.
D’altro lato, e con una valenza prioritaria sotto il profilo sostanziale, si deve riconoscere che il salto di qualità che la Legge Golfo-Mosca ha consentito con riferimento alla questione di genere ha bisogno di essere rinforzato con una normativa a carattere omogeneo per tutti i settori nei quali si esplica un interesse pubblico, così come in questi giorni si vuole affermare anche con la proposta di una Legge di parità per tutte le nomine pubbliche che Noi Rete Donne ha già diffuso. Nella speranza che presto si realizzi quel cambiamento culturale che consenta di prescindere dalla necessità di azioni positive volte ad affermare la concreta applicazione del principio di eguaglianza e dunque a realizzare una democrazia realmente paritaria.

SEGUE. INTRODUZIONE DELL’EQUILIBRIO DI GENERE NELLE ALTRE SOCIETÀ
La proroga della Legge Golfo Mosca, avvenuta con Legge n. 160 del 27 dicembre 2019, ha interessato le sole società quotate in borsa e nei mercati regolamentati. Restano formalmente escluse dalla proroga le società partecipate pubbliche, ancorché motivi di sistematicità e di sostanza facciano propendere per la interpretazione della mancanza di un termine di scadenza della Golfo Mosca nel settore pubblico. Non è invece revocabile in dubbio il fatto che l’amplissimo numero di società non quotate costituite in Italia non è stato mai oggetto della Legge Golfo-Mosca.
Nell’ambito delle società non quotate rientrano peraltro le società più diverse. Certamente vi rientrano le società regolamentate, e quindi operanti nei settori bancari, finanziari e assicurativi. Per queste società, normative regolamentari di secondo livello esprimono regole che governano la presenza del genere meno rappresentato nei consigli di amministrazione, nei collegi sindacali o negli altri organismi assimilabili.
Vi rientrano altresì le società dalle più diverse dimensioni, quelle grandi, medie, nonché quelle piccole e piccolissime. Inoltre, vi rientrano società che appartengono a settori diversissimi, industriali, commerciali, ma anche di investimento, quali le società appartenenti a fondi di private equity e di venture capital, vale a dire società di complessità, capitalizzazione e valorizzazione spesso molto elevate.
E allora ci si domanda se il legislatore non dovrebbe considerare di estendere la Legge Golfo Mosca almeno ad alcune tipologie di società non quotate, ed in questa estensione considerare quelle di notevole dimensione (per numero di dipendenti, o per livello di fatturato, o per importo del capitale sociale), e quelle operanti in settori aventi a che fare con la gestione del denaro (quali SIM, SICAV, istituti di moneta elettronica) ovvero operanti in settori nei quali gli strumenti finanziari che emettono sono diffusi (ad esempio nel settore del private equity o venture capital).
D’altra parte, attenzione a concetti come quello di enti di interesse pubblico (nel senso inteso dalle norme in tema di bilanci consolidati) ovvero di “gruppo di grandi dimensioni” (e le definizioni quantitative di attività o dipendenti correlate) o di società appartenenti a gruppi (quali quelli delle multinazionali straniere) trovano riconoscimento nella normativa di implementazione europea quali il d.lgs. 39 del 27 gennaio 2010 e il d.lgs. 254 del 30 dicembre 2016, già ricordato, emanato in tema di rendicontazione di carattere non finanziario. Né vanno dimenticati i principi della Corte Costituzionale e del Codice delle Pari Opportunità che dovrebbero permeare queste normative.
Nulla osta a che le società di grandi dimensioni adottino regole in linea con quelle della Legge Golfo Mosca, volontariamente, nei loro statuti (molte sono le società quotate, o regolamentate, che hanno ormai statuti in linea o anche migliorativi rispetto alle norme di legge), o che aderiscano volontariamente alle disposizioni del d.lgs. 254 del 2016. Con tale scelta potendo quindi fare menzione nella documentazione bilancistica societaria (pubblicata nel registro imprese tenuto dalle Camere di Commercio) delle loro politiche di genere, e relativi risultati, potendo ottenere dagli stakeholders gradimento e interesse.
Altro settore al quale sarebbe auspicabile estendere la Legge Golfo-Mosca è quello di una serie di enti diversi dalle società, ma che per dimensione dei loro investimenti dovrebbero considerare rilevanti i principi della Legge Golfo-Mosca, o del Codice di Autodisciplina, facendoli propri. Fra questi, senza dubbio, le fondazioni bancarie.
Al riguardo si potrebbe pensare all’introduzione di meccanismi premiali o di certificazione per le società o enti che introducono volontariamente regole sull’equilibrio di genere.


Noi Rete Donne
promossa e coordinata da Daniela Carlà e Marisa Rodano

Gruppo di lavoro
Fulvia Astolfi, Giovanna Badalassi, Daniela Carlà, Eva Desana, Fabiana Massa, Maria Mussi Bollini, Laura Onofri.

Condividono la proposta
Niccolò Abriani, Antonio Blandini, Guido Bonfante, Gastone Cottino, Antonio Nicita, Domenico D’Orsogna, Maurizio Onza, Marco Ricolfi, Marco Ventoruzzo, Andrea Zoppini

Contatti
Daniela Carlà: tel. +39 3388379840
Eva Desana: tel. +39 3356545535

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NOTE
1) Fonte: Phillips, K.W., How Diversity Makes Us Smarter (2014) https://www.scientificamerican.com/article/how-diversity-makes-us-smarter/
2) Fonte: Levi M., Li K., Zang F., Director gender and mergers and acquisitions (2014), https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0929119913001120
3) Fonte: Huang J., Kisgen D. J., Gender and corporate finance: Are male executives overconfident relative to female executives (2013) https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0304405X12002516
4) Fonte: Chen J., Leung W. S.,Song W., Goergen M., Research: When Women Are on Boards, Male CEOs Are Less Overconfident (2019) https://hbr.org/2019/09/research-when-women-are-on-boards-male-ceos-are-less-overconfident
5) Fonte: Pew Research Center Women and Leadership (2015) https://www.pewsocialtrends.org/2015/01/14/women-and-leadership/
6) Fonte: Noland M., Moran T., Study: Firms with More Women in the C-Suite Are More Profitable Harvard Business Review, (2016) https://hbr.org/2016/02/study-firms-with-more-women-in-the-c-suite-are-more-profitable
7) Cassells R., Duncan A. Gender Equity Insights 2020: Delivering the Business Outcomes, (2020) BCEC|WGEA Gender Equity Series, Issue #5, https://bcec.edu.au/assets/2020/06/BCEC-WGEA-Gender-Equity-Insights-2020-Delivering-the-Business-Outcomes.pdf
8) Fonte: Cynthia Soledad, Karoline Vinsrygg, Ashley Summerfield, and Jennifer Reingold, 2018 Global Board Diversity Tracker: Who’s Really On Board? (Egon Zehnder, December 2018): p. 11. https://www.egonzehnder.com/global-board-diversity-tracker
9) cfr. Codice di Autodisciplina 2018 e Codice di Corporate Governance 2020


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