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Noi Rete Donne - equilibrio nelle società quotate: Osservazioni alla Direttiva UE

Noi Rete Donne - equilibrio nelle società quotate: Osservazioni alla Direttiva UE

Osservazioni alla Proposta di Direttiva COM (2012) 614 final «riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure»

Martedi, 10/11/2020 - Il tema è quello dell’equilibrio di genere negli organi di amministrazione e controllo, tema che "è tornato al centro del dibattito delle Istituzioni europee, avendo ripreso impulso nelle scorse settimane l’iter della proposta di Direttiva, COM (2012) 614 final, 'riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure' che richiede che il genere sottorappresentato ottenga almeno il 40% dei posti di amministratore non esecutivo negli organi di amministrazione delle società quotate".
Le referenti di Noi Rete Donne spiegano che "la proposta, che risale al novembre 2012, era stata sostenuta dall’Europarlamento nel 2013, ma a causa di molteplici ‘riserve’ di vari Paesi non si è sino ad ora raggiunto un accordo in sede di Consiglio".
"Noi Rete Donne ha indirizzato al Parlamento Europeo alcune osservazioni sulla proposta (Osservazioni alla proposta di direttiva sull’equilibrio di genere nelle società quotate del 9 novembre 2020), mettendo anche a frutto le soluzioni sperimentate dall’Italia, che, come è noto, è stata una dei primi Paesi europei a introdurre, con la legge Golfo-Mosca n. 120 del 2011, l’obbligo di assicurare al genere sottorappresentato (in Italia sino ad ora le donne) una quota dei posti di amministratore e di membro dell’organo di controllo delle società quotate e a controllo pubblico. Per un quadro della normativa italiana e per una proposta di razionalizzazione della relativa disciplina si veda anche la proposta di Noi Rete Donne «Norme per l’equilibrio di genere nelle società»,che suggerisce, fra l’altro, di estendere le regole sull’equilibrio di genere anche al di fuori delle società quotate e a controllo pubblico".

Segue il testo integrale, inviato il 9 novembre 2020 (versione pdf).

All’attenzione della Presidente Evelyn Regner
e delle Deputate e dei Deputati
e del segretariato
della Commissione FEMM
(Committee on Women's Rights and Gender Equality)

via email: femm-secretariat@ep.europa.eu


Roma, 9 novembre 2020

Oggetto: osservazioni alla Proposta di Direttiva COM (2012) 614 final «riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure».

Illustre Presidente e onorevoli Deputate e Deputati del Parlamento europeo,
ringraziando molto per l’opportunità offerta di contribuire al dibattito sulla Proposta di Direttiva in oggetto, formuliamo di seguito le osservazioni di Noi Rete Donne, network italiano di donne che da oltre dieci anni è impegnato nell’ambizioso progetto di realizzare una democrazia pienamente paritaria, concentrandosi sul rapporto tra donne e potere in tutte le articolazioni, nelle istituzioni e nell’economia, a partire dall’analisi della rappresentanza nei processi decisionali.
Fanno parte del nostro network alcune accademiche e amministratrici di società quotate e a controllo pubblico, nonché molte professioniste che si sono occupate della materia, che hanno scritto anche articoli scientifici sull’argomento e che sono o sono state componenti di organi di amministrazione e controllo di società quotate o pubbliche. La nostra Rete ha già organizzato alcuni convegni sul tema e il nostro network ha anche presentato una proposta di modifica delle norme italiane che disciplinano l’equilibrio di genere nelle società e una proposta di norma mainstreaming per l’equilibrio di genere nelle nomine pubbliche, che accludiamo alle presenti osservazioni.
Crediamo che l’esperienza italiana in materia di equilibrio di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e a controllo pubblico possa essere utile: il nostro Paese, infatti, è stato uno dei primi in Europa ad introdurre una disciplina imperativa in materia, costituita dalla legge Golfo-Mosca n. 120 del luglio 2011 e i risultati sino ad ora raggiunti sono incoraggianti.
Le presenti osservazioni sono articolate in due parti: la prima illustra la normativa italiana, mentre la seconda contiene alcuni suggerimenti per migliorare il testo della proposta di direttiva. Il testo della proposta di Direttiva oggetto di osservazione è quello riportato nella Risoluzione legislativa del Parlamento europeo riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in borsa e relative misure (COM(2012)0614 – C7-0382/2012 – 2012/0299(COD)) (Procedura legislativa ordinaria: prima lettura). Si tiene anche conto della Relazione del Consiglio dell’Unione Europea del 31 maggio 2017 - 9496/17 e delle relative proposte.

PARTE PRIMA
1. Le peculiarità dell’esperienza italiana: le fonti normative
In Italia, l’equilibrio di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e delle società a controllo pubblico è stato introdotto per la prima volta con la Legge Golfo-Mosca n. 120 del 2011: tale legge ha modificato per le società quotate gli articoli del Testo Unico sull’intermediazione finanziaria che regolano la nomina degli organi delle società quotate, artt. 147- ter e art. 148 del Decreto legislativo n. 58 del 1998, TUF. Con questa legge si è imposto alle società quotate e a controllo pubblico di assicurare al genere sottorappresentato 1/3 dei posti all’interno degli organi di amministrazione e controllo di tali società. La previsione originaria prevedeva che l’equilibrio di genere dovesse essere assicurato per tre mandati (complessivamente 9 anni).
Le previsioni contenute nella Legge Golfo-Mosca sono state recentemente ampliate dalla legge n. 160 del 27 dicembre 2019 per le società quotate. Con tale legge, nelle società quotate il numero di posti riservato al genere sottorappresentato è stato portato a 2/5 del numero complessivo di incarichi di amministratore e componente dell’organo di controllo e la durata delle previsioni è stata ampliata: è infatti previsto che le relative disposizioni debbano applicarsi per ulteriori 6 mandati a partire dai rinnovi degli organi successivi al 1° gennaio 2020. Ulteriori previsioni sono contenute nell’art. 144-undecies.1 del Regolamento CONSOB n. 11971 del 1999.
Per le società a controllo pubblico, le previsioni in materia di equilibrio di genere sono contenute nell’art. 3 della Legge Golfo-Mosca, nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012 di attuazione del citato articolo e nel Decreto legislativo n. 175 del 2016, Testo unico sulle società partecipate pubbliche, TUSPP: la quota riservata al genere rappresentato è in questo caso di 1/3 dei componenti degli organi. Una importante previsione è contenuta nell’art. 11, 4° comma del TUSPP che impone di assicurare il rispetto dell’equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, anche nelle nomine degli organi amministrativi monocratici; tale quota va computata sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno.
1.1. Società quotate
Per le società quotate la disciplina italiana presenta le seguenti caratteristiche:
ambito di applicazione: tutte le società italiane con sede in Italia e in altri Paesi UE
rigidità delle quote: la quota è rigida ed è di 2/5 dei componenti degli organi, cifra da arrotondarsi in eccesso, tranne nel caso di organi formati da tre componenti
neutralità della previsione, che si riferisce al genere sottorappresentato (e non alle donne tout court)
organi a cui si applicano le regole: organo amministrativo e organo di controllo; nel sistema tradizione l’organo di controllo è il collegio sindacale che non ha compiti amministrativi mentre nel sistema dualistico, articolato in un consiglio di sorveglianza e in un consiglio di gestione, l’organo di controllo è il consiglio di sorveglianza a cui spettano anche compiti di alta amministrazione
modifiche statutarie: imposizione alle società di introdurre nei loro statuti apposite regole che assicurino l’equilibrio richiesto dalla legge.
Durata delle quote: originariamente era previsto dalla Legge Golfo-Mosca che le previsioni operassero per 3 mandati (tendenzialmente 9 anni); attualmente per effetto della legge di bilancio n. 160 del 2019 è previsto che la normativa italiana si applicherà per ulteriori 6 mandati (a partire dai rinnovi successivi al 1° gennaio 2020) e dunque, in linea di massima, opererà almeno sino al 2038.
Vigilanza e sanzioni (pecuniarie e di decadenza dei componenti): la vigilanza spetta alla CONSOB, autorità di vigilanza italiana sulle società quotate; essa deve diffidare le società che non si uniformano alle regole in materia di equilibrio di genere, assegnando il termine massimo di quattro mesi per conformarsi; decorso invano tale termine, la CONSOB deve applicare una sanzione amministrativa pecuniaria e fissare un nuovo temine ad adempiere (di tre mesi). Soltanto nel caso in cui perduri la violazione, i componenti eletti decadranno dalla carica. Anche se non lo si dice espressamente, la decadenza opera soltanto dal momento del suo verificarsi (ex nunc) e non si riflette sul passato (non opera ex tunc). Le sanzioni pecuniarie vanno da 100.000 a 1.000.000 euro per le violazioni che riguardano la composizione dell’organo amministrativo e da 20.000 a 200.000 euro per il mancato rispetto delle prescrizioni che concernono l’equilibrio di genere nell’organo di controllo. Esse vengono irrogate dalla CONSOB.
1.2. Società a controllo pubblico
Per le società a controllo pubblico la disciplina presenta le seguenti caratteristiche:
ambito di applicazione: tutte le società italiane controllate direttamente, indirettamente, di fatto o di diritto da una Pubblica Amministrazione
rigidità delle quote: la quota è rigida ed è di 1/3 dei componenti degli organi, cifra da arrotondarsi sempre per eccesso
neutralità della previsione, che si riferisce al genere sottorappresentato (e non alle donne tout court)
organi a cui si applicano le regole: organo amministrativo e organo di controllo, ma anche cariche monocratiche.
modifiche statutarie: imposizione alle società di introdurre nei loro statuti apposite regole che assicurino l’equilibrio richiesto dalla legge.
Durata delle quote: non è chiara; originariamente la Legge Golfo-Mosca aveva previsto che le regole sull’equilibrio di genere operassero per 3 mandati (e dunque 9 anni), ma il d.lgs. 175 del 2016 (TUSPP) non sembra prevedere un termine finale con riferimento all’equilibrio di genere nell’organo di amministrazione; per l’organo di controllo l’operatività delle prescrizioni dovrebbe essere quella originariamente prevista dalla Legge Golfo-Mosca e dunque di 3 mandati (9 anni)
Vigilanza e sanzioni (decadenza dei componenti): la vigilanza spetta ad un organo politico centrale (Presidenza del Consiglio o Ministero delle Pari opportunità); anche in questo caso viene previsto un meccanismo che si articola in due successive diffide, decorse invano le quali i componenti eletti in violazione delle norme decadono. Anche se non lo si dice espressamente, la decadenza opera soltanto dal momento del suo verificarsi (ex nunc) e non si riflette sul passato (non opera ex tunc). Non sono previste sanzioni pecuniarie, a differenza di quanto previsto per le società con azioni quotate. È prevista la legittimazione di chiunque vi abbia interesse a segnalare il mancato rispetto delle disposizioni alla Presidenza del Consiglio (o al Ministero delle pari opportunità). Questa previsione, traducendosi nell’attribuzione di un potere diffuso di “denuncia”, sembra introdurre una forma di controllo democratico volto a bilanciare le carenze di un sistema sanzionatorio che è indubbiamente meno efficace di quello predisposto per le società con azioni quotate.
1.3. Le Piccole e Medie imprese
Non sono invece comprese nel campo di applicazione della Legge Golfo-Mosca e dei successivi provvedimenti le altre società le Piccole e Medie imprese non quotate, le Fondazioni o gli altri enti di diritto privato, le Casse previdenziali. Tuttavia questa esclusione è considerata una mancanza da colmare dal momento che la diversità di genere è un valore da perseguire in ogni società, soprattutto in quelle che superino determinati limiti dimensionali o che siano tenute alla redazione di un bilancio consolidato consolidino e negli Enti che assumono particolare importanza per l’economia. Tale aspetto è stato sottolineato nella proposta di modifica delle disposizioni in materia di equilibrio di genere nelle società presentata da Noi Rete Donne e acclusa alle presenti Osservazioni.
2. I risultati della legge
Gli effetti delle regole introdotte in Italia sono evidenti. Nel rapporto sulla corporate governance presentato a marzo 2020 dalla CONSOB e che fotografa la situazione degli organi delle società con azioni quotate a giugno 2019 si legge che la presenza femminile ha registrato nuovi massimi, superando rispettivamente il 36% e il 39% degli incarichi di amministrazione e controllo; la maggioranza delle donne (oltre il 72%) è amministratore indipendente; soltanto in 15 società, però, le donne ricoprono la carica di amministratore delegato e presiedono il board in circa 25 emittenti. Si legge ancora nel Rapporto che a seguito dell’entrata in vigore della Legge Golfo-Mosca n. 120/2011 si sono modificate anche altre caratteristiche dei board, quali ad esempio il livello medio di istruzione e la diversificazione dei profili professionali degli amministratori, entrambi aumentati.

PARTE SECONDA
1. Osservazioni sulla Proposta di Direttiva alla luce dell’esperienza italiana

(a) Ambito di applicazione della Proposta. La Proposta rappresenta una misura temporanea tesa a stabilire una strategia per tutti gli Stati membri al fine del conseguimento dell’obiettivo comune del 40% di amministratori non esecutivi del sesso sotto rappresentato per tutte le società quotate (comprese quelle pubbliche per cui la Proposta nella sua versione originaria prevedeva di anticipare di due anni l’entrata in vigore degli obblighi).
A nostro avviso è assolutamente auspicabile l’adozione di normative interne omogenee per le società private quotate e per quelle pubbliche (nel nostro ordinamento, ad esempio si segnalano discrasie ingiustificate).
È anche da valutarsi con favore l’ampliamento dell’ambito applicativo anche ad altre società non quotate che abbiano dimensioni o fatturato significativi o che siano tenute alla redazione del bilancio consolidato.
Per quanto riguarda le PMI che non rientrano nell’ambito di applicazione della Proposta, va raccomandato agli Stati membri di attuare comunque politiche volte a sostenere ed incentivare le PMI al fine di migliorare sensibilmente l’equilibrio di genere a tutti i livelli direttivi e nei consigli di queste diffuse realtà.

(b) Tempi di adeguamento e Temporaneità delle misure. La Proposta contempla termini di adeguamento che, seppure opportunamente ampliati dagli emendamenti del 2017, non paiono adeguati né ad una realistica prognosi di adeguamento (in considerazione delle tempistiche delle legislazioni interne) né alla più generale circostanza che le azioni positive richiedono comunque un tempo piuttosto lungo per promuovere le condotte virtuose auspicate. Sarebbe in tal senso auspicabile anche una maggiore riflessione sulla temporaneità delle azioni positive onde evitare che la troppa eterogeneità di tempistiche in fase di adozione possa tradursi in un ostacolo all’armonizzazione ovvero in forme di elusione.

(c) Quote. La Proposta appare calibrata con attenzione laddove modula le quote ma sottolinea nel Considerando 22 bis che l’obiettivo del 40% non deve interferire con la scelta concreta dei singoli amministratori da un’ampia rosa di candidati uomini e donne. Particolare attenzione, in sede di recepimento, andrà quindi dedicata alle modalità operative, variabili a seconda dei diversi ordinamenti. Infine, l’effettività del raggiungimento di un’adeguata rappresentanza di genere potrà essere garantita solo attraverso l’introduzione di una regola ulteriore di non cumulo dei mandati di amministratori al pari di quella contemplata in alcuni ordinamenti europei (ad esempio, in Francia), onde evitare fenomeni distorsivi e garantire la diversificazione dei profili all’interno dei boards.

(d) Amministratori senza incarichi esecutivi e con incarichi esecutivi. La Proposta di Direttiva, al pari della larga parte della legislazione interna in materia, indirizza le azioni positive alla cerchia degli amministratori senza incarichi esecutivi. Tradizionalmente è stato ritenuto che l’introduzione di correttivi in relazione agli amministratori con incarichi esecutivi possa rivelarsi troppo invasiva sul piano dell’autonomia privata sovrana nella gestione della società e che, peraltro, l’affermarsi di un equilibrio di genere tra gli amministratori privi di incarichi non esecutivi avrebbe comunque potuto creare comportamenti virtuosi in grado di riequilibrare anche le nomine di amministratori con incarichi esecutivi. Le percentuali sostanzialmente risibili di amministratori con incarichi esecutivi del sesso meno rappresentato inducono a ripensare seriamente l’approccio tradizionale e ad introdurre correttivi anche e sempre per gli amministratori con incarichi esecutivi, soprattutto con riferimento alle società quotate pubbliche. Per esse si potrebbe introdurre una previsione che imponga allo Stato o all’ente che partecipa nella società di assicurare il rispetto di una quota a favore del genere sottorappresentato (ad esempio 1/3) da computarsi su tutte le nomine che vengono effettuate in corso di anno, come è attualmente previsto in Italia dall’art. 11, 4° comma del TUSPP n. 175 del 2016.

(e) Organo di controllo e comitati endoconsiliari. La Proposta riguarda ogni "consiglio" che viene definito come “ogni organo amministrativo, di gestione o di sorveglianza di una società”; tuttavia nell’ordinamento italiano la maggior parte delle società è organizzata secondo il sistema tradizionale in cui l’assemblea nomina l’organo amministrativo (che nelle società con azioni quotate deve sempre essere un consiglio di amministrazione) e il collegio sindacale (formato da 3 o da 5 componenti); pertanto la Proposta, per come è formulata, non si applicherebbe a tale organo, mentre la normativa italiana impone il rispetto dell’equilibrio di genere anche in tale organo (v. la Parte Prima di queste Osservazioni). Va poi aggiunto che la Proposta non si occupa della composizione dei comitati endoconsiliari, oggetto di numerose Raccomandazioni della Commissione Europea che sono state recepite nella maggior parte dei Codici di autodisciplina. A nostro avviso sarebbe invece molto importante richiedere che l’equilibrio di genere sia assicurato anche nei comitati costituiti all’intero di ciascun consiglio (ad esempio Comitato Remunerazioni, Comitato Parti Correlate, Comitato per il controllo interno e così via).

(f) Le azioni positive nella strategia unionale. Le misure possono essere ritenute conformi al quadro definito dalla Carta dei diritti fondamentali e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di azioni positive intese come strumenti che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato (art. 23 Carta dei diritti fondamentali; art. 157, par. 3 TFUE). La conformità è rafforzata dalla neutralità della misura, che permette di escludere una cd. reverse discrimination e dovrebbe pertanto essere perseguita anche in sede di armonizzazione. In Italia la normativa ha già funzionato a favore del genere maschile con riferimento ad alcuni organi di controllo (collegi sindacali) in cui gli uomini costituiscono il genere sottorappresentato.

(g) La selezione dei candidati. Secondo le indicazioni della Proposta, indispensabile al perseguimento degli obiettivi prefissati è la regolamentazione delle procedure di selezione attraverso la previsione di modalità e criteri prestabiliti, chiari, univoci e formulati in modo neutro. La Proposta pone dunque l’accento sulle qualifiche, palesando l’ovvietà che i candidati non dovranno accedere ai ruoli indicati per il semplice fatto di appartenere ad un genere sottorappresentato, ma semplicemente non essere “scartati” sulla base di tale appartenenza. Punto nodale diventano allora le modalità di selezione dei candidati, sulle quali ha posto particolare attenzione la Commissione per l’occupazione e gli affari sociali, indicando a requisiti della cernita la trasparenza, la neutralità e la priorità delle qualifiche individuali. Tali previsioni sono fondamentali, ma quasi del tutto assenti dal panorama normativo degli Stati membri, ragion per cui si auspica una maggiore analiticità e incisività della Proposta nel richiedere di introdurre modalità di selezione vincolanti per le imprese, tra le quali, ai Considerando 14 e 27, vengono solo suggerite: la previsione di un comitato di nomina per la preselezione dei candidati da presentare all’assemblea degli azionisti, il metodo delle liste, la realizzazione di adeguate forme di pubblicizzazione dei posti vacanti e delle procedure di selezione.

(h) La retribuzione e gli strumenti di conciliazione. Troppo timidi, e per ciò stesso lacunosi, appaiono gli incentivi alle politiche di genere per l’eliminazione della (persistente) disparità retributiva, alle iniziative di consulenza sullo sviluppo professionale delle figure sotto rappresentate e nel settore delle risorse umane per promuovere le assunzioni diversificate e l’offerta di condizioni di lavoro flessibili per tutti i lavoratori. Il punto è centrale perché, al pari del precedente, assente dalle disposizioni speciali attualmente vigenti nei diversi ordinamenti: un intervento più incisivo (e per essere tale dovrebbe essere completato a livello di contenuti) potrebbe consentire in tempi brevi l’introduzione di previsioni armonizzate nei diversi ordinamenti.

(i) La formazione. Non si deve infine dimenticare, onde creare naturali meccanismi virtuosi e di stabilizzazione della gender equality, la rilevanza delle politiche di formazione ed istruzione. Si tratta di aspetti trattati quasi secondariamente a livello di Proposta di Direttiva e del tutto omessi in molti ordinamenti, sui quali occorre invece incentrare lo sviluppo delle azioni positive e l’integrazione ed il potenziamento degli interventi ad oggi posti in essere. Occorrerebbe promuovere lo svolgimento di corsi con la collaborazione delle Università e delle Autorità di vigilanza per formare amministratori e amministratrici competenti. È molto importante, inoltre, la previsione contenuta nel considerando 7-bis secondo cui le società e le imprese dovrebbero valutare la creazione di una riserva di donne pronte ad assumere incarichi dirigenziali che incoraggi, sostenga e sviluppi talenti femminili.

(j) L’adeguatezza del sistema sanzionatorio. L’introduzione da parte degli Stati membri di “sanzioni adeguate e dissuasive per le società che non rispettano la direttiva”, come previsto in sede di Proposta, è aspetto assolutamente centrale per rendere efficaci le disposizioni. L’ “impunità” degli inadempimenti può infatti contribuire a mantenere una sorta di regime di autoregolamentazione, che da più parti è stato ritenuto meno virtuoso. In particolare, confrontando l’esperienza di ordinamenti nei quali è stata prevista l’introduzione di quote, non affiancata da meccanismi sanzionatori, con quella di ordinamenti che hanno contemplato entrambi, è possibile accertare risultati più significativi in questi ultimi. Lo dimostra il primato dell’esperienza francese (che è quella che fin da subito ha introdotto un sistema sanzionatorio più rigido) e, se vogliamo, la stessa differenza di risultati in Italia tra il settore delle quotate e quello pubblico (dove mancano sanzioni pecuniarie).
Tra le possibili sanzioni via via sperimentate nei diversi ordinamenti vi sono: la nullità delle deliberazioni degli organi, suscettibile di minare peraltro i meccanismi di certezza giuridica che dovrebbero accompagnare tali decisioni; misure più rigorose, quali lo scioglimento delle società che non rispettino gli obblighi di legge, che rischiano di sottovalutare le (quantomeno) iniziali difficoltà operative di adeguamento; la nullità delle nomine intervenute in violazione degli obblighi legali. Quest’ultima fattispecie, adottata già nel modello francese, pare la più adeguata, analogamente a quella che impone una sospensione del compenso agli amministratori (con restituzione di compensi eventualmente percepiti) quanto meno in termini di gettone di presenza a favore degli organi irregolarmente composti sino al momento dell’adeguamento alle disposizioni legislative.
Nonostante il panorama sia estremamente vario, e proprio per questo, è apprezzabile che la Proposta sia così netta nel sottolineare la necessità per gli Stati membri di prevedere sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive per le violazioni dei requisiti relativi a una procedura aperta e trasparente“: tra queste vengono indicate, ma puramente a titolo esemplificativo, anche le sanzioni amministrative, come l’esclusione da tutte le gare di appalto pubbliche, la decadenza dalla concessione di risorse erogate attraverso i fondi strutturali dell’Unione e la nullità o l’annullamento, da parte di un organo giudiziario, della nomina degli amministratori senza incarichi esecutivi avvenuta in violazione delle disposizioni nazionali adottate in esecuzione della direttiva.
Si ritiene particolarmente interessante, sul punto, la posizione assunta dalla Commissione per l’occupazione e gli affari sociali, che opera un distinguo tra le società a seconda dell’impegno dimostrato nel perseguimento degli obiettivi, in primis sulla base dei dati che vengono forniti in merito alla rappresentanza di genere, e propone di rafforzare gli obblighi di divulgazione, comunicazione e motivazione in capo alle imprese che si dimostreranno meno virtuose. Più che sul piano sanzionatorio, la Commissione suggerisce di valorizzare aspetti premiali, “ricompensando” il raggiungimento degli standards quale criterio di aggiudicazione delle gare di appalto pubblico o di attribuzione di benefici fiscali.

(k) L’informazione e la vigilanza. Non si può non rimarcare l’importanza attribuita alla comunicazione istituzionale sull’equilibrio di genere, anche in relazione al carattere di misura temporanea della Direttiva, come tale prodromica ad un monitoraggio delle evoluzioni degli ordinamenti e delle prassi in una prospettiva di verifica del successo delle misure ovvero di valutazione di nuovi interventi. Molteplici sono le misure considerate e, fra queste, rientrano il rafforzamento degli obblighi di informazione sulle politiche per assicurare la diversità all’interno dei consigli di amministrazione, nonché l’ampliamento delle informazioni contenute nelle relazioni sulla corporate governance con particolare riguardo all’applicazione e/o disapplicazione dei Codici di autodisciplina. Gli Stati membri devono fare obbligo alle società quotate di fornire annualmente alle autorità nazionali competenti informazioni sulla composizione di genere dei loro consigli e sul conseguimento degli obiettivi previsti dalla Proposta di direttiva, per consentire a tali autorità di valutare i progressi delle imprese verso l’equilibrio di genere fra gli amministratori. Si sottolinea la rilevanza dell’inserimento di tali informazioni nella relazione annuale della società, nonché l’opportunità di una pubblicazione adeguata e facilmente accessibile anche sul web.

* * *
Dalle considerazioni precedenti e da una riflessione sull’esperienza degli ordinamenti ove le “quote rosa” sono state anteriormente introdotte (Norvegia, Francia), emerge un progressivo ampiamento dello spettro applicativo e della cogenza degli obblighi a tutela della gender equality: ovunque si propende per la previsione di step graduati in vista del raggiungimento degli obiettivi prefissati, nei quali proprio la progressività pare garantire efficacia alle azioni positive.
In senso più ampio, tuttavia, i divari esistenti fra Paesi nel perseguimento della gender equality sono principalmente legati ad un problema di “effettività” delle regole, che riflette il livello di affermazione della questione nel sistema di valori diffuso a livello sociale: è infatti evidente che qualsiasi intervento, indipendentemente dalla sua cogenza, deve andare di pari passo e contribuire a sviluppare un’adeguata condivisione culturale ed etica.
E mentre le azioni positive si diffondono ed in Italia si sono opportunamente prorogate ed implementate, per certi aspetti e pur con alcune criticità, le disposizioni sull’equilibrio di genere, è davvero il momento di domandarsi come mai e fino a quando la Proposta di Direttiva in oggetto rimarrà in questo limbo, in una materia in cui il confronto tra le esperienze dei diversi ordinamenti e la ricerca di politiche e ispirazioni comuni appare centrale ed indispensabile al raggiungimento dell’ottimizzazione e dell’auspicata parità di genere, sostanziale e non solo formale, nel mondo del lavoro.

Restiamo a disposizione e alleghiamo le due proposte presentate da Noi Rete Donne, l’una di intervento sull’equilibrio di genere nelle società quotate e a controllo pubblico e l’altra sulle nomine pubbliche menzionate nelle presenti osservazioni. Accludiamo altresì un recente articolo accademico redatto da due professoresse ordinarie associate alla Rete (e firmatarie delle Osservazioni) a migliore illustrazione della disciplina italiana e delle prospettive de iure condendo.
Con i più cordiali saluti
PER NOI RETE DONNE
Marisa Rodano, Daniela Carlà, Mia Callegari, Eva Desana e Fabiana Massa.
All. ut supra




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