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NOI AFRICANE

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Politiche&politiche - “e se il femminile prevalesse nelle politiche e nelle economie internazionali?”

Giancarla Codrignani Lunedi, 13/02/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2012

Nessuno ci crede e nessuno ne ha parlato, ma nell'imperversare della crisi sapete quale paese è stato ai primi posti per equilibrio delle finanze? Incredibilmente il Ghana. È singolare come si sia trascurata l'Africa in questo ultimo periodo oppure che la si sia menzionata solo per i conflitti dolorosi e, soprattutto, le violenze contro i cristiani in Nigeria. Sostanzialmente - sempre tenendo in debito conto gli accadimenti violenti - neppure ora sono considerati nella giusta rilevanza i problemi reali dei paesi del Mediterraneo direttamente implicati nei nostri interessi, almeno per i rifornimenti di gas e petrolio. Che si sia verificata, dalla Tunisia, all’Egitto e fino alla Siria, una drastica diminuzione del commercio e del turismo è perfino intuitivo. Che l'Europa dovrebbe farsene carico - anche per evitare guai futuri, a costo di un buco in più alla cintura già in restringimento - sembra altrettanto intuitivo, ma si fa conto di nulla. Se Christine Lagarde (Direttora del Fondo Monetario Internazionale, ndr) fosse come la nostra Elsa Fornero (Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, ndr), avrebbe il coraggio di piangere dicendo che per il momento dobbiamo pensare a noi stessi.

Succederebbe davvero qualcosa di buono se il femminile prevalesse nelle politiche e nelle economie internazionali? Non so, perché sempre e ovunque fin qui abbiamo detto cose degne di ascolto, ma di fatto abbiamo solo cooperato a mantenere l'esistente, anche in virtù del patrimonio culturale, studiato come se fossimo uomini. Tuttavia non era mai successo che Nobel dell'economia nel 2009 fosse una donna, Elinor Ostrom, subito aggredita dall'accademia scientifica perché non economista "pura", ma solo studiosa di economia politica. Finanza, commercio, mercato sono termini maschili spesso privi di dimensione sociale e tanto meno etico-politica. L'idea che la parola "economia" significhi "normativa della casa" e abbia a che vedere con famiglia, figli, cura dei medesimi non sfiora nessuno. Di qui la nota battuta di Elinor che sul disastro della banca Lehman Brothers (fratelli Lehman) ebbe a commentare "Chissà, se si fosse chiamata Lehman Sisters (sorelle)".

Per ora tuttavia governare ha un significato così neutro che non ci accorgiamo neppure di diventare maschi. Ci restano solo le lacrime.

Anche in Africa.

Da quando il Rwanda ha superato la Svezia per numero di donne elette in Parlamento - con una percentuale del 54,9% contro il 46,5 scandinavo, per giunta di poco superiore al 44,5 sudafricano - l'Africa dà davvero da pensare. Soprattutto alle donne.

A dispetto dell'Arabia Saudita, dove devono manifestare per poter avere la patente e non hanno mai votato, da aprile Ellen Johnson Sirleaf non è più sola nel continente africano a guidare le sorti di un paese. In aprile di quest'anno, infatti, oltre alla Liberia (2006), anche il Mali ha un capo del governo donna, nella persona di Cissé Mariam Kaïdama Sidibé, una dotta signora di sessantadue anni, studiosa di pubblica amministrazione, che è stata più volte ministro e per sette anni segretaria esecutiva dell'Agenzia Internazionale contro la deforestazione e l'impoverimento del Sahel. Vedremo.

Gli africani più aperti e orientati a prevenire conflitti e disastri ritengono che sia assolutamente necessario portare al potere le donne. Mi diceva un sociologo senegalese, "non conoscono come noi il senso di nazionalismi e tribalismi". Temo che lo possano imparare. Tuttavia è evidente almeno il fatto che tra i pesi e i contrappesi istituzionali il genere incomincia a inserirsi e ad assumere responsabilità che si sperano non immemori di sé. Per ora il solo dato che possiamo rilevare è che il Rwanda ha avuto danni tali dalle guerre tra Tutsi e Hutu che le 44 donne parlamentari potrebbero avere effetto positivo sui 36 colleghi maschi. Sono testimoni a carico della violenza efferata che ha colpito soprattutto il genere femminile e potranno influire sulla formazione di nuove norme. In Mali la Sidibé dovrà vedersela con il codice della famiglia in un ambito islamico: ce la farà?

Siccome la questione del 50% di presenza femminile nei Parlamenti è uno degli obbiettivi del Millennio da realizzare entro il 2015, oltre a pensare che faremmo bene a pensare alle discriminazioni in Italia, sembra giusto chiedersi quanto sarà più forte della coscienza di genere l'omologazione alla cultura di governo e alla qualità dei poteri, che può soffocare nel bavaglio tradizionale i principi stessi della giustizia o degli interessi economici. Apparentemente neutri, di fatto maschili. Un bel problema per il millennio, prima di trovarci tutti, uomini e donne, omologati al pensiero unico.... Se non ora, quando?





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