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No women no innovation

No women no innovation

Well_B_Lab - Con le donne ai vertici di aziende private aumentano i profitti, le vendite e l’innovazione.

Badalassi Giovanna Domenica, 17/11/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2013

Con le donne ai vertici di aziende private aumentano i profitti, le vendite e l’innovazione. Diverse ricerche confermano che le imprese più innovative e con i migliori risultati aziendali sono molto attente al diversity management e a sfruttare appieno il talento femminile. Una ricerca americana ha trovato una connessione diretta tra il successo delle aziende e la loro capacità di ascoltare le donne.



È opinione oramai condivisa ad ogni livello che per uscire in modo strutturale e permanente dalla crisi economica l’Italia debba necessariamente avviare un lungo percorso di innovazione, superando di slancio l’arretratezza economica, istituzionale e sociale che ha caratterizzato soprattutto gli ultimi decenni della sua storia. Questo processo innovativo deve coinvolgere ogni aspetto della vita privata e pubblica del nostro paese, ma deve soprattutto essere trainato da quei soggetti che fino ad oggi sono stati esclusi dalla classe dirigente: le donne, i giovani e gli stranieri. Appare infatti difficile che il target di classe dirigente dominante in questo paese, uomini di età avanzata, che ha bloccato qualsiasi istanza di cambiamento negli ultimi decenni, possa all’improvviso maturare un approccio innovativo interprete dei bisogni per l’oggi e per il domani. È necessario cambiare prospettiva, rivedere le priorità alla luce di nuovi valori e idee che devono essere portati avanti da storie di vita e personalità completamente diverse da quelle che hanno dominato fino ad oggi. Se infatti ogni individuo è portatore di un propria specificità, è chiaro che quando si produce una sintesi collettiva si arriva ad una definizione di valori e priorità dominanti rispetto ad altri. Ad oggi la nostra classe dirigente ha messo in minoranza valori quali l’uguaglianza sociale (l’Italia è peggiorata fortemente nell’indice di disuguaglianza di GINI dal 2004 ed è un punto sopra alla media UE), la parità di genere (l’Italia è all’80° posto su 135 nazioni al mondo per il World Gender Gap), l’integrazione sociale (pensiamo ai drammi ricorrenti di Lampedusa, alla Legge Bossi- Fini, alla mancata normativa sullo Ius Soli). L’arretratezza normativa in materia di fecondazione assistita, fine vita, diritti per gli omosessuali, per non parlare del lassismo giuridico e amministrativo nei confronti della corruzione, delle mafie e dell’evasione fiscale rende inoltre molto chiaro su quali valori si sia appoggiata la classe dirigente che ha governato in ogni ambito politico, istituzionale e imprenditoriale negli ultimi decenni. Se questi valori hanno (finalmente) mostrato la loro inadeguatezza a garantire il benessere collettivo, rimane forte l’inerzia del sistema che si oppone al cambiamento di tali valori e dei suoi interpreti. Si svela qui l’urgenza di avere una classe dirigente, nella politica e nelle aziende, che selezioni per merito e che accolga e rappresenti adeguatamente soprattutto le donne. Le donne, proprio perché hanno un vissuto diverso, esperienze diverse e valori differenti hanno effettivamente il potere di proporre valori di cura alternativi a quelli patriarcali e maschili dominanti in Italia. Il comune vissuto femminile porta infatti per forza di cose a maturare una condivisione collettiva di priorità relative al benessere di tutti, alla cura, alla salute, all’istruzione, alla crescita, al nutrimento, alla visione del futuro. Si tratta di un vissuto che appartiene alla dimensione privata e familiare di tutte e che, dove ha trovato modo di esprimersi ad un livello pubblico, sia istituzionale che imprenditoriale, ha dimostrato di saper apportare una reale innovazione sociale, economica ed istituzionale. In ambito politico, occorre ricordare ad esempio che in Italia le Regioni con la maggiore presenza di donne tra gli amministratori locali sono anche le stesse che dispongono dei migliori sistemi di welfare, siano essi asili nido, sistemi ospedalieri o assistenza territoriale: l’Emilia Romagna, la Toscana e il Piemonte ne sono un esempio. Questa dinamica la si ritrova anche a livello europeo: se pensiamo ai paesi del Nord Europa e ai loro sorprendenti sistemi di welfare e tutela e protezione sociale, non possiamo non associare questo risultato all’elevata presenza di donne nella loro classe politica dirigente. Pensiamo ancora al numero di Nazioni e di Istituzioni internazionali guidati oggi da donne: la Germania, il Brasile, l’Argentina, il FMI, la Federal Reserve Bank. Se un caso o due può essere un’eccezione, il numero di presenze ad elevato livello che si comincia a registrare nel mondo fa comprendere che si sta assistendo ad un processo di cambiamento a livello mondiale che trova nelle donne delle formidabili interpreti. Anche per quanto riguarda il settore privato, diverse ricerche confermano che le imprese più innovative e con i migliori risultati aziendali sono molto attente al diversity management e a sfruttare appieno il talento femminile. Una ricerca americana ha trovato una connessione diretta tra il successo delle aziende e la loro capacità di ascoltare le donne: dove i capi assicurano alle donne parità di ascolto vi è l’89% di probabilità in più di sviluppare il loro potenziale innovativo, inoltre: se cambiano idea grazie all’input di una donna, hanno più del doppio delle possibilità di incappare in un’idea vincente. Se le imprese sanno valorizzare le donne diventano anche particolarmente innovative e competitive: la ricerca ha dimostrato che in un anno i loro risultati sono migliori del 45% rispetto alle altre per l’aumento delle quote di mercato e del 70% per l’apertura di nuovi mercati. Ecco quindi che, per parlare oggi di innovazione in Italia, in politica ed in economia, è necessario inserire il tema della parità di genere tra le priorità più urgenti, e con modalità trasversale in ogni ambito di intervento. Parafrasando la famosa frase di Robert Kennedy, ci si deve rendere conto che, se l’Italia può fare molto per le donne, è molto di più quello che le donne potrebbero fare per il loro paese.





Well_B_Lab*. Il valore del ben-essere Soc. Coop. è uno spin off dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. È un laboratorio che promuove l’innovazione sociale guardando al modello e alle teorie economiche del Nobel Amartya Sen e trasformando i risultati della ricerca accademica in prodotti e servizi per il mercato. L’obiettivo è conseguire maggiori livelli di benessere della persona, donne e uomini, negli enti pubblici e nelle aziende private attraverso l'analisi, la ricerca, lo sviluppo di strumenti tecnicamente avanzati e la costruzione di strategie. Il team è composto da 9 soci (90% donne) tra docenti, ricercatori e professionisti provenienti dall’Università di Modena e Reggio Emilia, che partecipa in qualità di socio sovventore. http://www.wellblab.it



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