PETIZIONE: NO all'utero in affitto. Una norma per fermare l'abuso
La cosiddetta "maternità surrogata" - una gestazione per altri realizzata mediante l'utero in affitto - rende vendibili i bambini privandoli della madre naturale
Martedi, 27/11/2018 - Ci si confronta e scontra sulle certificazioni anagrafiche delle vittime di una prassi malsana, invece di occuparsi del come prevenirla, arginando la deriva già in corso.
La norma di cui si chiede qui l'introduzione consiste nel definire come reato penale, punibile con reclusione non inferiore a tre anni – tre al netto di ogni sconto di pena, qualora gli eventuali sconti potessero interferire con la punibilità -, l'indurre una persona a sottoporsi a terapie farmacologiche e a interventi medici mirati all'utilizzo di un organo del suo corpo e dunque del corpo stesso per un fine a lei estraneo, come nel caso di una GPA, che non rientri nell'ordine di una donazione di organi fatta allo scopo di salvare una vita umana.
Come da artt. 9 e 10 del codice penale, per una pena superiore a tre anni il reato sarebbe perseguibile in Italia anche se commesso dal cittadino in territorio estero e nei confronti di una o di uno straniero.
È evidente che una norma siffatta colpirebbe tutti i soggetti coinvolti nella GPA ad eccezione della “prestatrice d’opera”, che per questa via verrebbe esonerata dal dilemma esistenziale consistente nello stabilire se la sua autodeterminazione di persona possa avere a che fare col prestare il suo utero ad altri determinando così la nascita di una vita umana a lei estranea, DIRITTO CHE NON LE COMPETE. È altrettanto evidente che i cosiddetti genitori intenzionali dovrebbero valutare, PRIMA di accedere a una GPA in Italia o all’estero, quanto sia loro gradita la prospettiva di trascorrere un minimo di tre anni in stato di detenzione, portandosi eventualmente in carcere il bambino.
Abbiamo visto di recente manifesti aberranti, lanciati nel giorno dedicato alla lotta alla violenza contro le donne. Alle proteste di una larga maggioranza di femministe, che hanno portato la loro voce anche all’ONU, si contrappongono campagne mosse da egoismi personali, che veicolano – consapevolmente o meno - enormi interessi di mercato. Mercato di bambini, mercato di donne, lavaggio del cervello della popolazione, attivato affinché quegli interessi egoistici e commerciali prevalgano.
La sentenza n. 272/2017 della Corte Costituzionale, chiamata a valutare un procedimento di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità – il bimbo era nato all’estero da una gestazione surrogata e non aveva nessun legame biologico con la coppia che lo aveva ottenuto -, nell’affermare che l’interesse del minore è preminente rispetto ad altre considerazioni pur valide, ha espressamente definito la cosiddetta “maternità surrogata” come pratica “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.
Intollerabile è la parola giusta e non solo perché ad usarla è la Corte. L’intollerabile lesione della dignità femminile e dell’infanzia, divenuta merce da progettare su catalogo, da vendere e privare della naturale continuità con la madre, VA FERMATA.
La norma che qui si propone di adottare, tramite una proposta di legge, non ha solo un aspetto punitivo, ineliminabile per qualsiasi reato; ha una funzione dissuasiva eminente, consente di rendere poco appetibile un’intenzionalità genitoriale che dell’obbligo di rispettare la dimensione umana della filiazione con incontenibile protervia si beffa.
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