Nell'ultimo romanzo di Alessandra Gaggioli, Breeze, la protagonista, è alla ricerca di se ste
Non è stata la prima e non sarà l’ultima. A fare cosa? Ad usare uno pseudonimo. Di chi sto parlando? Di Alessandra Gaggioli. La storia della letteratura è piena di autori che hanno deciso di usare un nome diverso dal proprio per pub
Giovedi, 10/09/2015 - “L’amore negato genera odio mortale”
Nell’ultimo romanzo di Alessandra Gaggioli, Breeze, la protagonista, è alla ricerca di se stessa su una zattera spaziale!
Non è stata la prima e non sarà l’ultima. A fare cosa? Ad usare uno pseudonimo. Di chi sto parlando? Di Alessandra Gaggioli. La storia della letteratura è piena di autori che hanno deciso di usare un nome diverso dal proprio per pubblicare le loro opere: George Sand era lo pseudonimo di Aurore Dupin, Emile Ajar di Romain Gary, Agatha Cristie di Agatha Mary Clarissa Miller, Stendhal di Marie-Henri Beyle, Pablo Neruda di Ricardo Eliezer Neftali Reyes Basoalto ecc.
Perché si usa uno pseudonimo? Per necessità? Per vezzo? Per mettersi alla prova, per verificare se, cambiando, si avrà lo stesso successo che col vecchio nome? Oppure si vuole separare la vita privata da quella pubblica? E’ che in realtà ognuno di noi desidera vivere più di una vita…
Federica Gnomo, Gnomo Sopralerighe, Gnomo Twins Federica, ma chi è? Lei che si firma Alex./Fede…E’ sempre lei, Alessandra Gaggioli che questa volta ha deciso di uscire con l’ultimo libro –Darkside, Amarganta,21015 - allo scoperto, con il proprio nome.
Iniziamo a leggere. Il registro è totalmente diverso da quello di Ragazzo alla pari, lo stile è sempre lineare, morbido, liscio come l’olio, tanto liscio da trasportare il lettore in un mondo di fantascienza nella speranza che là ci sia una vita possibile e che i rapporti umani siano più convincenti.
Una zattera spaziale (e già la parola la dice lunga…) naviga nello spazio oltre i confini del sistema solare. Dentro c’è lei, Breeze Swartz, che viene dalla Terra e che, colpevole di omicidio plurimo, è stata condannata a Darkside, a meno che…E se la vera colpa di Breeze fosse il suo eccessivo bisogno d’amore? Allora è facile la soluzione…Basta incontrare qualcuno disposto a salvarla da questo destino per condurla con lui, rischiando la morte ogni secondo della sua vita (p. 7). Allora ci accorgiamo che in questo mondo illimitato siamo in compagnia del Piccolo Principe e della sua tenera rosa: Certo un passante qualsiasi penserebbe che la mia rosa vi assomigli. Ma [per me] lei è la più importante di tutte perché è l’unica che innaffio, è la sola che ho messo sotto la campana di vetro e che proteggo con un paravento. Perché è lei che proteggo uccidendo le cocciniglie è lei e solo lei che ascolto quando si lamenta o si vanta o, perfino, quanto tace… (Capitolo XXI). È grazie a tutte queste attenzioni che il Piccolo Principe ha reso la sua rosa unica al mondo e se ne è innamorato. Breeze attende solo un uomo innamorato…
Cominciano a sciorinarsi sotto i nostri occhi già alcuni dei temi del libro: il caso, il destino, la responsabilità, il viaggio, la fuga.
Breeze somiglia un po’ alla protagonista della trilogia di Stieg Larsson (Millenium), Lisbeth Salander che è una donna dal carattere complesso, introverso e decisamente asociale. Ha un fumoso passato costellato di violenze, ricoveri e perizie psichiatriche, tanto che a diciotto anni viene riconosciuta incapace di badare a stessa e affidata a un tutore. Nonostante ciò svolge saltuariamente incarichi di ricerca su aziende o persone per la Milton Security ed è considerata tra le migliori collaboratrici di Dragan Armanskij, direttore dell'agenzia, che affida a Lisbeth le ricerche più spinose. Alessandra descrive così Breeze - anche lei diversa, rifiutata, eliminata dalla vita, sola, autolesionista (si taglia, si deturpa le braccia con pezzi di vetro) - fisicamente:: Tutti quelli che mi avvicinavano rimanevano turbati dal mio aspetto inquietante, rimarcato da occhi azzurro ghiaccio che mi ostinavo a truccare di nero per mascherare i segni di lunghe notti insonni. Avevo i capelli corvini che spiccavano sulla pelle bianca. Le labbra rosate esplodevano sul volto grandi e carnose come tulipani. (p. 11); una mano voleva salvarmi ma io non riuscivo mai ad afferrarla. Avevo la certezza che fosse quella di Tomi. Per questo avevo iniziato a stendere uno smalto scuro sulle unghie, indossare anelli, catene ai polsi, perché Tomi potesse individuare la mia mano e afferrarla. Perché riuscisse a trovarmi tra tante braccia protese e portare via proprio me (p. 71). Come Lisbeth, che ha la sua gemella di nome Camilla, descritta completamente diversa da lei, sia caratterialmente che fisicamente, Breeze ha un fratello gemello, Tomi, che l’ha consolata e protetta e con il quale ha un rapporto ambiguo. E qui viene in mente un altro riferimento letterario, quello de Il danno di Josephine Hart (da cui è stato tratto un bel film con Jeremy Irons e Juliette Binoche) la cui protagonista ha un rapporto incestuoso con il fratello: quando si è subito un danno, si sopravvive, si è capaci di affrontare qualsiasi cosa. Ma non è così anche per Breeze? La sua anima duole, chiede aiuto ma sa affrontare con freddezza rapporti deludenti e superficiali, sfrutta il suo essere bella, il suo essere mero oggetto di desiderio. Soffre di una ferita profonda, quella della separazione o meglio dell’abbandono del fratello e per questo è lei che allontana gli altri per non essere abbandonata. Ha subito un danno e sa opporre una barriera al mondo. E’ soggetta alla ripetizione di questa triste esperienza - finché non la supera -, si punisce perché non si ama ma dietro al ghiaccio che l’avvolge altro non c’è che un disperato bisogno d’amore.
Thomas, o Tomi, il fratello gemello ritrovato, porta una benda su un occhio: Questo è l’occhio da cui sono entrati per succhiarmi i ricordi. Non ho più nulla della mia infanzia (p. 64). Ancora Tomi non è intero…
Nessuno è mai tornato da Darkside e se Breeze ci riuscisse? Se, Breeze riuscisse a fare un percorso (ecco il tema del viaggio, metaforico) che la portasse alla luce fuori da quella parte oscura (Darkside, significa dalla parte delle tenebre), quell’universo senza stelle che la caratterizza (inconscio) per correre verso la Terra? Se riuscisse a trovare la pace, la felicità e a sfuggire a un destino di morte scelto da lei stessa? Sentii di essere stata veramente su Darkside, di aver vissuto il mio lato oscuro. Pensai di essere rinata adesso, come lui che era precipitato nel buio e che ora risaliva con me verso un chiarore pieno di ricordi (p. 81). Il richiamo a Freud in apertura del libro non è un caso…
Attenzione, infine, allo specchietto per le allodole che la scrittrice (che pure ci ha abituati a leggere trame scottanti come ne Il Ragazzo alla pari) mette sotto gli occhi del lettore: il libro si svolge su due piani – la storia e la metafora -, dietro la scabrosa storia dei fratelli gemelli (non tanto fratelli alla fine…) si nasconde sempre e solo la protagonista di cui Tomi è l’altra faccia della medaglia (sono complementari): Tomi rappresenta quella solarità che Bibi conquista dopo una lunga lotta per diventare una.
E Vegan, l’altra figura femminile protagonista del libro? Anche lei è simile a Breeze, ma Je est un autre, l’io profondo è un altro, c’è il sé e c’è l’io sociale, l’io razionale, la mente. Vegan, che resiste in ogni modo alla ricostruzione dell’io di Breeze, al suo recupero, lo intralcia in ogni modo, ostacola la felicità della coppia, alla fine deve soccombere. Vegan è la parte razionale e sociale che deve essere recuperata e integrata nella parte oscura.
Concludo con un episodio a mio avviso significativo. Breeze deve prepararsi per conoscere finalmente Destino: Mi ero vestita di bianco, avevo tagliato i capelli e li avevo riposti in una scatola. Li avrei sepolti sulla Terra, insieme alla parte di me che doveva morire per sempre, per poi ricominciare una nuova vita con Tomi (p. 108).
I capelli sono il simbolo della femminilità ritrovata di Breeze che, vestita di bianco come le spose, taglia la capigliatura per cambiare, rinnovarsi, per seppellire la sua vecchia identità e ricominciare una nuova vita.
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