Mercoledi, 24/11/2021 - Considerato da molti il vincitore ‘morale’ del Festival di Cannes 2021, il film cioè che avrebbe meritato la Palma d’Oro (assegnata invece a ‘Titane’), arriva nelle sale dal 2 dicembre una pellicola da non perdere assolutamente, “Scompartimento n. 6” (titolo originale ‘Hytti nro 6’), adattamento cinematografico del romanzo omonimo della scrittrice ed artista finlandese Rosa Liksom (Iperborea, 2014).
Presentato in competizione a Cannes 2021 e diretto dal regista finlandese Juho Kuosmanen – già vincitore nel 2016 del Premio Un Certain Régard con il film ‘La vera storia di Olli Mäki’ – il film si è aggiudicato in ex-aequo con ‘A hero’ di Asghar Farhadi il Grand Prix Speciale della Giuria, conquistando critica e pubblico con il suo sapore nostalgico-vintage ed i suoi personaggi indecisi, imperfetti e profondamente umani.
Molti i fattori che contribuiscono alla buona riuscita del film: una sceneggiatura accattivante, ispirata al romanzo di Rosa Liksom (sia pur con alcuni cambiamenti spazio-temporali concordati con la scrittrice), personaggi e situazioni sapientemente tratteggiati e resi credibili da bravi interpreti che donano autenticità e calore ai protagonisti, e due location d’eccezione. La prima, il treno, quasi claustrofobica, la seconda, il porto artico di Murmansk, dove la neve e il mare si fondono. Una storia di solitudini e fughe, di connessioni ed emozioni che si svelano poco a poco, senza mai cadere nelle facili trappole del melò, ma rimanendo ben centrato sulla scoperta delle proprie fragilità, sulle evoluzioni di imprevisti sentimenti possibili e sulla scoperta, anche involontaria, di chi si è veramente.
Laura, la protagonista del film, è una giovane donna finlandese che vive a Mosca, parla bene il russo e studia per diventare archeologa: da qualche tempo ha intrecciato una love story con Irina, la sua padrona di casa – sedotta più dalla situazione nel suo insieme, che dalla persona in sé – un’affascinante professoressa di mezza età che ama circondarsi di intellettuali e dare feste a casa sua. Le due donne decidono di partire insieme per Murmansk una cittadina a nord del circolo polare artico, sul mare di Barents, per andare a vedere i petroglifi, incisioni rupestri di 20.000 anni fa, che si trovano a circa duemila chilometri e tre giorni di treno da Mosca.
Ma, all’ultimo momento Irina, per motivi di lavoro, non può più partire: Laura suo malgrado deciderà di partire ugualmente e, con suo grande disappunto, troverà come coinquilino, nel vagone n.6, Ljoha, un minatore russo invadente e sciatto, dal quale cercherà di tenersi lontana in ogni modo. Costretti a condividere il lungo viaggio ed il minuscolo vagone letto, i due occupanti dello scompartimento n. 6 scopriranno, paradossalmente, di aver avuto un’occasione unica, grazie a quell’incontro inaspettato, di affrontare la verità sui propri destini, desideri ed opportunità di connessione umane.
“Il mio film è un road-movie artico – spiega il regista – forse potrebbe essere visto come un goffo tentativo di trovare armonia e pace mentale in un mondo di caos e ansia. Il fulcro della storia risiede infatti nella nozione di accettazione: è dura accettare di far parte di questo mondo caotico e di esistere così come siamo. La nostra eroina, la studentessa finlandese Laura, fa un lungo viaggio in treno per visitare alcuni antichi petroglifi, poiché le hanno insegnato che: “per conoscere te stesso, devi conoscere il tuo passato”. Vorrebbe essere un’archeologa che ottiene soddisfazione dal vedere i petroglifi: ma è davvero quella persona o il suo è solo un sogno rubato alla persona che vorrebbe essere? Credo che la libertà non sia un numero infinito di opzioni, ma piuttosto la capacità di accettare i propri limiti: un viaggio in treno è più simile al destino. All’inizio del film Laura è disconnessa – vorrebbe essere come Irina, intellettuale, moscovita – alla fine è connessa, perché durante il viaggio si rende conto che in realtà è più simile a Ljoha. Sbagliato, goffo e solitario”.
Se in entrambi i film del regista si avverte la ‘nostalgia’ per un tempo, o per dei momenti, situazioni e beni perduti che non torneranno più, in ‘Hytti nro 6’ questo sentimento filtra attraverso oggetti quali il walkman, il telefono a gettoni, la videocamera a mano ed altri particolari che ci ricordano un passato abbastanza recente – gli anni Ottanta e Novanta – eppure lontanissimo, benché il film tenda a raccontare ed esplorare un’epoca sospesa, eventi che potrebbero accadere in qualsiasi tempo e luogo. Anche la fotografia, leggermente sgranata, i colori vintage, la ricerca di espressioni perdute e ritrovate in rari momenti, contribuisce all’originalità e al fascino del film, oltre a suggellare la simpatia incondizionata dello spettatore verso i due protagonisti.
“Ho sempre detto di non essere nostalgico – conclude il regista – ma questo è più o meno il nucleo emotivo dei miei film. La nostalgia, diceva qualcuno, è la sensazione che ti assale quando una piccola bellezza svanita del mondo viene momentaneamente ripristinata. Quindi forse sono un po’ nostalgico. Ciò che Laura e Ljoha sperimentano durante il loro viaggio, lascerà un segno profondo in entrambi. Lo ‘Scompartimento n. 6’ è il mio petroglifo. Spero di rimanere in giro a lungo dopo che me ne sarò andato. Forse solo per dire che eravamo lì, che abbiamo girato quelle scene. Eravamo vivi e ci siamo divertiti un sacco.”
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