Login Registrati
Nel nucleo della parola

Nel nucleo della parola

Silvia Caratti - Versi dotati di una specie di indomabile potenza, di una densità metallica che incide la carta

Benassi Luca Lunedi, 12/03/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2012

Non c’è dubbio che Silvia Caratti sia fra le voci più originali e convincenti della generazione dei poeti nati negli anni ’70. Nata nel 1972 a Cuneo, vive a Torino, dove lavora come archivista, occupandosi di biblioteconomia e archivistica musicale. Poetessa parca nelle pubblicazioni, ha all’attivo il solo libro d’esordio “La trama dei metalli” (prefazione di Maurizio Cucchi) del 2000, edito da Lietocollelibri, che l’anno seguente ha vinto il premio “F. Matacotta” per l’opera prima. Numerose sono, invece, le presenze in antologia, delle quali si ricordano “I poeti di vent’anni” (a cura di Mario Santagostini, Stampa, 2000), “Nuovissima Poesia Italiana” (a cura di Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi, 2004) e “Almanacco dello Specchio” (2005), quest’ultime due pubblicate da Mondadori.

Dotata di un talento naturale e incandescente, Silvia Caratti scrive versi con una specie di indomabile potenza, con una visionarietà alchemica, minerale, cristallina, che regala alla sua poesia una densità metallica che incide la carta. Nulla è lasciato al caso, alla leggerezza del lirismo, al divagare della musica del verso, la Caratti è dura come sono per lei la vita, le relazioni, il mistero dell’esistere attraverso l’incontro con l’altro; è precisa e affilata come l’emozione, ma questo controllo della materia del linguaggio, che spesso la conduce a movenza vicine alla prosa, è subito slabbrato nel mistero del non detto. Colpisce nella poesia della Caratti, ed in particolare ne “la trama nel metalli”, questo essere coraggiosa e paurosissima a un tempo, questo esporre la disperazione e il desiderio come si esporrebbe un’infermità deformante, dopo averne corroso i dettagli fino a un nocciolo emozionale. La poesia è ciò che rimane dopo pressioni gigantesche, depressioni atmosferiche più che psicologiche, destinate a tempeste e naufragi. Eppure, anche quando la poetessa mette a nudo il nervo scoperto di se stessa, non vi è mai l’indugiare sul sentimento e la sua maturazione, mai un’attardarsi sul corpo come espressione di dolori o piaceri: “Il suo corpo stretto nel velluto della cassa/ non si muove eppure muta./ Se solo si riuscisse a farne una questione tecnica/ a non stare sempre lì a domandarsi:/ sentirò qualcosa anch’io?/ Un presagio delle labbra che si seccano/ le costole che franano/ i denti che s’inclinano.// È un miracolo di cristallizzazione/ che ancora non capiamo/ e disprezziamo.” Silvia Caratti entra nella trama delle cose, nei nuclei, nei legami forti, e allo stesso tempo riesce a situarsi in una dimensione altra, cosmica, dove orbite stellari, soli, pianeti e lune rappresentano l’affollarsi della solitudine, il tentativo umano prima che letterario di lanciare messaggi senza risposta nell’abisso dello spazio profondo; nel pozzo insondabile di noi stessi.







Così simile a me, lì,

in un cantuccio del letto,

nella penombra di un’imposta chiusa male,

ritorta alla parete bianca,

infiltrata fra le lenzuola lise,

appostata sotto una foto di noi due

in una qualche remota piazza della bassa,

generosa, immobile

e genuflessa al tuo piacere.



_____________________________





Qui in questo luogo,

che era dell’attesa

e della vanità del tempo,

da qui io guardo il tuo pensiero.



La chiamano difformità

la cosa che ci sospende alle altre cose,

la chiamano ricchezza e verità.



Ma è di un nome solo

che stiamo discutendo.



______________________________





Io non sto bene.

Non sto per niente bene.

C’è qualcosa nell’aria che finirà con l’uccidermi.



Si dice in giro che sia una persona

e dica il nome mio come una preghiera.

Che abbia una trama stretta

di metallica apparenza

e un sorriso infantile

e una mano già alzata.





______________________________________





Dopo tutto che sarà mai?

Il classico pacco di lettere

tenute da un elastico

(vorrei bruciarle sì, ma dove?)

le foto rispedite indietro,

i numeri cancellati,

i regali occultati.



Guardo la mappa della via lattea

appesa dietro al letto dove

un minuscolo puntino dice

“siete qui”.





______________________________________





Guarda a te stesso e al tuo compimento

nient’altro conta, nessuna lotta o ribellione,

solo l’accettazione che ovunque sia la stessa legge:



che tu sei parte dello stupro e dello scalpo

che sei la corda e il coltello

che compie il suo macello



tua è la lacrima sopra la lama

e l’orbita vuota di una parola

che nessuno vuole più sentire



tua è la voce che la vorrebbe urlare,

di quella mente brillante e oscena

che ancora non sai di possedere.





Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®