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Nel mirino. Arte e lavoro

Nel mirino. Arte e lavoro

Fotografia - Per il quarto anno consecutivo Officine Fotografiche organizza la rassegna Obiettivo Donna

Annarita Curcio e Barbara Gnisci Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009

La manifestazione, che ha il patrocinio dell’assessorato alle politiche culturali dell’XI Circoscrizione del Comune di Roma (28 febbraio - 9 aprile presso la sede di Officine Fotografiche, in via Casale de Merode 17/a), prevede l'avvicendamento di tre mostre fotografiche di Anita Calà, Viola Lorenza Savarese e Angelina Chavez. Ma vuole anche offrire, attraverso degli incontri con delle addette ai lavori (Tiziana Faraoni, photoeditor de L'espresso, Alessandra Tarantino, fotografa e photoeditor de l'AP, Lavinia Longo, film-maker, Barbara Gnisci, storica della fotografia; N.d.r.) qualche spunto di riflessione sul mondo della fotografia al femminile.
In vista dell'evento, abbiamo incontrato le tre fotografe a cui abbiamo chiesto, fra le altre cose, di farci qualche anticipazione sui lavori che presenteranno...


Parlateci del lavoro che esporrete a Obiettivo donna. In Anita e Angelina, l'enfasi è posta sulla corporeità; in Viola, invece, è lo spazio vuoto e disabitato a farsi latore del suo messaggio. Spiegate il perché delle vostre scelte.

Anita Calà. “Carne in scatola” è il nome che ho scelto per le opere che saranno esposte. In esse a essere rappresentato è il corpo di una donna intrappolato in uno spazio costretto che deforma l’estetica visiva a cui siamo abituati. Nelle mie opere affronto la difficoltà del disagio femminile attraverso lo straziante sconvolgimento “fisico” dei corpi.
Angelina Chavez. Il lavoro “Family Portrait” è nato insieme a mio figlio. La gravidanza e la sua nascita mi hanno cambiato la vita e mi hanno portata verso una visione più introspettiva e autobiografica, se così si può dire, della fotografia. Ho voluto cogliere i momenti intimi che vivo quotidianamente nelle quattro mura domestiche con uno sguardo da mamma e da fotografa.
Viola Lorenza Bavarese. “Tracce” nasce da un colpo di fulmine. Sin dal mio primo approccio con la fotografia sono stata rapita dall’archeologia industriale e urbana. L'intento di questo progetto è quello di conservare, congelandolo in uno scatto, l'immenso patrimonio che l'Italia possiede, prima che il tempo e la storia facciano il loro corso.

Riuscite a vivere con la fotografia?

A.C. Ho lavorato per più di quindici anni come costumista. Ma nel 2005 ho deciso di lasciare questa professione per dedicarmi completamente alla ricerca artistica. Oggi vivo facendo l’artista, occupandomi in special modo di pittura, scultura, fotografia, installazioni e video animati.
A.Ch. Ho finito di studiare fotografia nel maggio del 2007 e subito dopo ho cercato di inserirmi nel mondo della fotografia professionale. Da allora partecipo a esposizioni sia collettive che personali, lavoro come assistente per vari fotografi, faccio parte di un'agenzia fotografica (SIEPHOTO, N.d.r.), e inoltre produco anche servizi fotografici per matrimoni e ritratti su commissione. E’ da un anno e mezzo che vivo unicamente di fotografia ma purtroppo è molto difficile, non sempre si è retribuiti nella maniera adeguata ma lentamente le cose stanno migliorando e sono molto fiduciosa.
V.L.S. Per vivere faccio l'impiegata ma dedico alla fotografia tutto il tempo che ho a disposizione. ..

Quali sono gli elementi portanti della vostra ricerca espressiva?

A.C. Il centro della mia ricerca è la donna tout-court. Del resto è un soggetto su cui ho lavorato sin dall’inizio della mia carriera. Prima, da costumista, le abbellivo, disegnando per i loro corpi abiti meravigliosi; poi, una volta abbandonato il lavoro di costumista ho iniziato a riconoscerne il lato più intimo e a estrapolarlo per mezzo della pittura e della fotografia. E il modo migliore di raccontare le loro condizione segreta mi è parso quello di svestirle, un gesto dalla chiara valenza simbolica: voglio renderle nude e vere agli occhi della società...
A.Ch. Direi che un elemento portante della mio fare fotografia sia la curiosità a indagare me stessa e il mondo che mi circonda. Questo mi obbliga a guardare meglio e in profondità le cose che tendono a sfuggire nella quotidianità. Nei miei lavori, attraverso lo studio della luce naturale, cerco di raccontare il mio quotidiano sotto punti di vista diversi.
V.L.S. Mi interesso soprattutto di archeologia industriale e urbana. Quando lavoro mi muovo come un segugio, alla ricerca delle tracce del passato. E quando le trovo, provo a immaginare come sia stato quel posto tanto tempo fa e quali fossero le emozioni di chi vi ha vissuto.


(17 febbraio 2009)

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