La pagina di poesia del numero di marzo 2011 di Noidonne è dedicata ad una delle figure più significative della poesia italiana contemporanea: Maria Grazia Calandrone. Scrittrice poliedrica e performer di una poesia dai tratti magmatici e ricca di melodia e ritmi graffianti, la Calandrone apre a noidonne le porte del suo laboratorio con un’intervista inedita.
D- La tua poesia si presenta a chi legge come magmatica, fatta di grumi emotivi impastati con ossa, carne, pelle, una poesia che chiede anzitutto un impatto fisico con il suono, il fonema, la voce; una poesia che vuole essere declamata, come confermano anche le tue performance, i concerti recitati e le attività vicine al teatro. Concordi con queste affermazioni? Qual è il tuo rapporto con il suono della poesia?
R- Il suono della voce che la dice è diventato negli anni fondamentale perché con gli anni diventa necessario “comunicare”, la estroversione, diciamo che si smette di farsela addosso, anche se la fase pionieristica della ricerca con le mani affondate nel linguaggio è indispensabile alle fabbriche carnali di poi.
D- Come nasce la tua poesia? Sulla carta, sullo schermo di un computer, oppure arrotolandosi in bocca, nello schioccare della lingua? Quale è l’officina del poeta?
R - Tutta quella che hai detto e oltre: note sul telefonino, sui biglietti dell’autobus o del cinema, sui tovaglioli, sui palmi delle mani, a memoria o registrate in audio – ovunque si abbia la fortuna di venire colti dalla poesia bisogna fermarsi quantomeno a ringraziare!
D - Se dovessi d’istinto attribuire un aggettivo alla tua poesia la definirei memorabile. Oggi si scrive tanta poesia d’effetto, che cerca di stupire, sopra la media perché la media è molto bassa; difficilmente però si leggono poesie memorabili. Cos’è per te una poesia memorabile?
R - Quella che contagia. Quella che rianima il centro caldo che tutti abbiamo proprio qui, quella che apre gli occhi di chi legge non sopra se stessa ma verso gli occhi di una seconda persona, possibilmente collettiva.
D - Fernando Pessoa ebbe a dichiarare: “perché si scrive? Perché la vita non basta.” La citazione ricorda l’inchiesta condotta dal quotidiano francese Libération nel numero speciale del 22 marzo 1985, la quale riprendeva un’analoga indagine condotta dalla rivista Littérature di Breton nel 1919. La semplice domanda che veniva rivolta a scrittori e poeti era “perché scrivete?” Samuel Beckett diede una risposta lapidaria quanto esemplare: “perché non sono capace a fare altro.” Maria Grazia Calandrone perché scrive?
R - Per ricordare che il mondo non è solo quello che si vede.
D - Quali sono i tuoi progetti futuri? Prossime pubblicazioni?
R - A giorni esce per luca sossella editore “L’infinito mélo”, uno pseudoromanzo, unito al cd “Vivavox”, che né l’editore né io consideriamo un allegato bensì parte integrante dell’opera, poiché in esso dico testi diversi da quelli che formano il libro: un esperimento di multivocalità in prima persona. Poi in autunno uscirà “La vita chiara”, un volume “classico” di poesia per la Nuova poetica di Transeuropa.
Maria Grazia Calandrone (Milano, 1964, vive a Roma): poetessa, performer, autrice e conduttrice per Radio 3, critica letteraria per “Poesia” e “il manifesto”. In poesia ha pubblicato: “Pietra di paragone” (1998), “La scimmia randagia” (2003), “Come per mezzo di una briglia ardente” (2005) “La macchina responsabile” (2007), “Sulla bocca di tutti” (2010) e “Atto di vita nascente” (2010); ha scritto testi teatrali ed è autrice e conduttrice di programmi culturali per Radio 3. Dal 2008 porta in scena in Italia e in Europa con il compositore Stefano Savi Scarponi il videoconcerto “Senza bagaglio”.
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