La presentazione di due libri “L’area grigia della ‘drangheta” e “Il Contagio” e la deposizione di Giuseppina Pesce (processo All Inside): uno spaccato di quello che è diventato il fenomeno della ndrangheta oggi
Domenica, 27/05/2012 - Processi come “Crimine” e “All Inside” hanno aperto un varco alla conoscenza dei meccanismi che regolano questa organizzazione criminale. Sottovalutata negli anni passati per una mancanza di attenzione da parte di tutti i soggetti che avrebbero dovuto tenere alta la guardia: società civile, magistratura, istituzioni, media.
I motivi sono diversi: la rassegnazione al fenomeno, l’idea che difficilmente ci sarebbero stati pentiti in questo tipo di organizzazione e anche perché si pensava alla Calabria come area marginale rispetto ai grandi movimenti internazionali di “Cosa nostra” e che i malaffari fossero circoscritti alla singola regione. Inchieste come “Crimine” rivoluzionano totalmente quello schema: la ndrangheta è un fenomeno mondiale, europeo, che controlla la nostra nazione con infiltrazioni decennali anche al nord Italia, ed esattamente come le altre organizzazioni esiste come fenomeno criminale da 150 anni.
LA DEPOSIZIONE DI GIUSEPPINA PESCE NELL’INCHIESTA ALL INSIDE
Nell’aula bunker di Rebibbia abbiamo assistito alla deposizione di Giuseppina Pesce, collaboratrice di giustizia che sta facendo tremare con le sue dichiarazioni uno dei clan più potenti della ndrangheta. La sua collaborazione, sofferta e tortuosa, è avvenuta in più fasi. Parla per ore, per giorni, risponde con voce seria e pacata a tutte le domande. Fa i nomi di politici, del giudice Carnevale (probabilmente quel Corrado Carnevale passato alla storia come “ammazza sentenze”), di come le cosche tenevano in mano questa città: dalle estorsioni, al malaffare, alle attività commerciali che passavano dalle mani della cosca. (A Rosarno 1 su 60 abitanti è un ndranghetista). Di quanta importanza ricoprono le donne all’interno della cosca: quando i capi stanno in carcere sono loro stesse a portare le direttive agli affiliati liberi, garantendone così la sopravvivenza.
La ‘ndrina è una famiglia di sangue nella quale si confondono altri legami con matrimoni tra affiliati, come la tela di un ragno, in cui i fili si mescolano e dalla quale è difficile uscirne, come un destino ineluttabile. Le regole sono ferree, tribali, dalle quali ci si deve evolvere. Giuseppina Pesce con la sua determinazione ha rotto equilibri che fino a qualche anno fa era impensabile immaginare. Ecco qualche passaggio della sua deposizione in Aula.
Pm Alessandra Cerreti: Perché ha deciso di collaborare?
Giuseppina Pesce: La mia scelta l’ho fatta non per risentimento verso la mia famiglia. Nel carcere ho passato brutti momenti, in cui ho pensato di morire, non per la carcerazione, ma per i miei figli, per proteggerli dall’ambiente e dalla catena del carcere. L’ho fatto soprattutto per mio figlio per i progetti che già avevano su di lui, il suo futuro sarebbe stato quello. L’ho fatto per renderli padroni di scegliere.
Pm Cerreti: Ha paura per la sua incolumità?
G. P.: Si
Pm Cerreti: Teme qualcuno?
G. P.: Si
Pm Cerreti: Chi e perché?
G. P.: Temo mio fratello perché non condivide questa scelta e non la condividerà mai.
“L’AREA GRIGIA DELLA ‘NDRANGHETA” (Aracne editrice)
Il volume pubblicato da Aracne editrice è una raccolta di atti dei seminari organizzato dal Museo della ndrangheta di Reggio Calabria è stato recentemente presentato a Roma. Tra gli interventi, moderati dal Prof. Luigi Lombardi Satriani): Luigi De Sena (vice presidente della Commissione Antimafia), Ottavio Sferlazza (Procuratore Dda Reggio Calabria), Giuseppe Creazzo (Procuratore di Palmi), Giuseppe Scoppelliti (Governatore della Regione Calabria), Fulvio Librandi (responsabile del Museo di Reggio Calabria), Lucio Dattola (Presidente Unioncamere di Calabria), Enzo Ciconte (uno dei massimi esperti in Italia delle dinamiche delle associazioni mafiose e della ndragheta). Tutti hanno ammesso l’eccezionalità del momento storico che stiamo vivendo riguardo ai risultati che la magistratura ha avuto in questi ultimi anni e alla necessità del cambiamento della società civile che ha avuto una spinta notevole, ma che ancora è molto indietro riguardo alla capacità di risorgere da tanti anni di immobilismo e rassegnazione, e che non riguarda più la sola Calabria.
Secondo Enzo Ciconte: “Il fenomeno ndrangheta è diventato una cosa nazionale. Al nord richiedono molti incontri, a Vicenza ad esempio ci chiedevano, visto che si è presa coscienza che, di fatto, la ndrangheta è arrivata qui e che è già nel tessuto economico come non farli allargare”. La crisi economica ha aumentato il fenomeno al sud come al nord ormai non si contano le aziende infiltrate, ma, avverte Ciconte, “in tutte altre le regioni la ndrangheta non ha solo interessi economici, ma ha raccolto l’interesse dei politici”.
Ma un altro evento importante ha inciso profondamente nel tessuto ndranghetista: la denuncia delle donne. Secondo il Prof. Librandi: “le donne che denunciano la propria famiglia compiono un atto tragico e lancinante, è un fatto che riguarda l’intera comunità, si è avuta la sensazione che la ndrangheta si sia trovata impreparata alla forza eversiva delle parole di queste donne”. Conclude Lombardi Satriani con un episodio che ci sembra emblematico: “Anni fa per una ricerca intervistammo una donna di Gioia Tauro che ci disse che aveva raccomandato il proprio figlio alla mafia per entrare nel centro siderurgico perché non potevo lasciare che diventasse delinquente. Sembra illogico, ma non lo è, è una contraddizione con un risvolto tragico”.
IL CONTAGIO ovvero l’infezione della ‘Ndrangheta, di Giuseppe Pignatone e Michele Pristipino a cura di Gaetano Savatteri (Ed Laterza).
Il volume è stato presentato in una libreria romana insieme al giornalista Lirio Abbate e il regista calabrese Mimmo Calopresti. “Il libro racconta l’esperienza di quattro anni” afferma Abbate “e di questa mala pianta che dalla Calabria si diffonde in tutto il mondo. Viene fatta un'analisi dei clan, della loro potenza, e viene fuori anche l’esperienza di Palermo dei due magistrati, che dà una chiave di confronto tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra”. Michele Pristipino, Pm della Dda di Reggio Calabria, fa un’analisi sull’importanza della famiglia di sangue e non, che compongono la ‘ndrina e delle leggi che la regolano, e che “creano confusione dalla quale (si pensa) non si possa uscire. Molti giovani se lo portano dentro sin dalla nascita. Per loro diventare ndranghetisti è come un atto dovuto come un destino cui non ci si può sottrarre. Bisogna rompere questa idea e operare nel sociale, fare formazione nelle scuole”. Per Giuseppe Pignatone, Procuratore Capo di Roma, le inchieste Crimine confermano l’unitarietà della ndrangheta, invalidando l’idea che ogni ‘ndrina vada per fatti suoi. “Noi riteniamo di aver dimostrato il contrario che la ndrangheta sia un organizzazione unitaria. E con tutte le vicende piemontesi io credo che queste riflessioni ci portino alla necessità di dire dei no, e di non stringere delle mani, sulla possibilità di guardarsi allo specchio prima di eleggere presidenti, amministratori, commissari, sia a Roma che in altre città”.
Lascia un Commento