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Naturalmente e senza paura

Naturalmente e senza paura

Parto naturale - L'epidurale, vista e rivendicata come un diritto e un progresso emancipativo, "si rivela come il completamento della scissione della donna tra corpo e mente"

Verena Schmid Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007

Il dolore fa paura, le emozioni forte del parto ancora di più. Nei paesi avanzati ambedue vengono aboliti con l'epidurale, o almeno così suona la promessa. Il quadro ideale è una donna non solo senza dolore ma anche senza turbamenti mentre il suo bambino sta faticosamente cercando la sua strada attraverso di lei.
L'epidurale è una realtà ben più diffusa in altri paesi che non nel nostro, ma noi adesso seguiremo il trend internazionale con i dovuti anni di ritardo. E' una questione culturale.
Viene facile pensare che tale ritardo sia dovuto alla presenza di un forte patriarcato in Italia, e che di conseguenza l'epidurale venga vista e rivendicata come un diritto per la donna, finora negatole, pensata come un progresso emancipativo.
Ma scrutando il tema con uno sguardo più attento, l'epidurale si rivela come il completamento della scissione della donna tra corpo e mente, iniziato molti anni prima.
Dice Barbara Duden, nota storica tedesca dalla sua prospettiva di storia del corpo femminile: "Il corpo della donna è diventato un luogo colonizzato, e il bambino un prodotto opzionale, che puoi decidere di avere o non avere. Una scelta che ricade sulle donne, ma in realtà è un esempio della infiltrazione del management tecnologico nell'area più intima della persona umana. E quel che è peggio che concetti del femminismo legati al corpo -autodeterminazione, scelta, controllo, decisione e responsabilità personale- vengono usati strumentalmente per sostenere questa colonizzazione, dipingendola come una presunta emancipazione dal destino biologico".
Nel processo di sua emancipazione sociale la donna diventa complice dell'uomo nel suo bisogno di semplificare i processi complessi della biologia femminile, temuti come "catene" o fomentatrici di disordini. Quindi l'epidurale oggi appare come una necessità, sia perché le donne, essendosi allontanate dalla propria polarità femminile hanno paura del parto, ma anche e sopratutto perché la medicalizzazione del parto lo ha reso un evento eccessivamente doloroso, traumatico e senza gratificazione per la donna né per il bambino. Ha di fatto separato la donna dal suo corpo.
Proviamo a seguire le tracce di questo fenomeno dei nostri tempi a ritroso. Da 50 anni il parto è ospedalizzato e quindi medicalizzato. La medicalizzazione aumenta il dolore, togliendogli la ritmicità, l'aspetto che lo distingue da altri tipi di dolori. Quindi almeno due generazioni di donne e uomini sono cresciuti con l'idea che il parto sia una cosa "malata", traumatica e quindi fuori dalla competenza propria, bisognoso di uno specialista. Il dolore del parto, certo, da sempre si è cercato di lenirlo, di contenerlo, lo chiede la com-passione femminile. Ma finché il dolore veniva contenuto, senza toglierlo, finché le donne potevano partorire e vivere la gratificazione del parto, non c'era la richiesta di eliminarlo da parte loro. La richiesta di eliminarlo nasce dalla struttura ospedaliera, che non può tollerare il confronto vivo e quotidiano con l'espressione delle partorienti nelle loro doglie nella misura quantitativa derivante dalla concentrazione di tante nascite nello stesso luogo.
Quindi l'ostetricia ospedaliera nel corso del tempo ha inventato ogni sorta di anestesia e analgesia ben più pericolose e ben più castranti dell'odierna epidurale. Naturalmente l'offerta appare allettante. Chi mai sceglie la sofferenza? Oggi la richiesta di eliminare il dolore viene anche dalle donne.

La medicalizzazione
Da almeno due secoli, il parto naturale nelle società occidentali e occidentalizzate non c'è più. Da quando la donna è stata distesa a letto per partorire, le doglie si sono trasformate in dolori insopportabili e la donna non era più in grado di cooperare attivamente con lo stress del parto.
A questa condizione si è aggiunto negli anni dell'ospedalizzazione l'interventismo medico: il monitoraggio, l'immobilità totale, l'ossitocina sintetica e oggi le prostaglandine, le induzioni, il parto pilotato, la rottura delle membrane, la distensione manuale di collo uterino e perineo, le Kristeller (spinte sulla pancia), l'episiotomia, le ventose oggi sempre più facili, i parti vaginali operativi - vere violenze, fortunatamente oggi per lo più sostituiti con il taglio cesareo, l'assenza di sostegno e aiuto, ancora oggi in troppi ospedali nemmeno quello del marito, l'allontanamento immediato del bambino, tutti fattori che hanno amplificato il dolore rendendolo insopportabile e hanno tolto anche la gratificazione compensatoria data dall'accoglimento del bambino, lasciando la donna sfinita, sola e triste. Cosa rimane nella memoria di quelle donne? Di quelle bambine nate che poi hanno ri-partorito con il terrore nei visceri altre figlie e figli?
La presa di distanza, la scissione interna è il minimo che possa succedere. L'esproprio, il disempowerment si è compiuto.
Poi oggi l'epidurale paradossalmente appare più naturale del parto spontaneo. Con l'epidurale puoi camminare, con l'epidurale il tempo della spinta non è più limitato all'ora, con l'epidurale puoi anche andare in acqua, anche se non la senti, ma è più naturale, con l'epidurale prendi farmaci, ma non ti fanno niente. Con l'epidurale sorridi durante il parto, un po' meno quando arriva il bambino, ma almeno lo vedi. Tutto questo non è possibile con il "parto spontaneo", inibito da regole astratte.
Dimentichiamo che, insieme al dolore, l'epidurale toglie anche la dinamica fisiologica del parto, il processo del divenire madre, la forza, la gratificazione, il legame biologico, l'intensità del primo incontro, il periodo sensitivo fatto di un'estasi particolarissima e la gioia.

I rischi
Mentre non parliamo dei rischi dell'epidurale, non parliamo neanche di quelli del parto supino, medicalizzato (il 94% secondo una indagine in Germania) erroneamente chiamato "parto spontaneo". In realtà ambedue queste modalità del parto hanno rischi importanti per la salute sia della madre, che del bambino, che a volte si sovrappongono e si sommano. Per la madre che partorisce distesa sul letto, il dolore è improduttivo e amplificato, lo stress psico-emotivo forte. Gli esiti in cesarei sono più frequenti con parto supino che con epidurale: in Italia siamo al 36% di cesarei contro un 4% di epidurali. I numeri sono prova del fatto che il parto "normale" nelle condizioni attuali diventa distocico. Il rischio di morte materna è più alto nel parto supino e medicalizzato che nell'epidurale e questo ancora a causa delle Kristeller, associate a uterotonici (prostaglandine, ossitocina sintetica). Le complicanze a breve, medio e lungo termine per la donna nel parto supino, medicalizzato sono numerose e in parte anche gravi. Nomino qui ad esempio la sindrome post-traumatica da stress del parto, che solo ultimamente ha attirato l'attenzione degli studiosi, la depressione post partum che è talmente frequente che viene definita "fisiologica", ma in realtà in gran parte è una conseguenza del parto medicalizzato.

Possibili alternative
Ma allora quali sono le alternative a medicalizzazione, epidurale e parto in posizione supina?
Visto che sia l'epidurale che il parto supino indeboliscono la salute e la forza di donna e bambino, una terza via dovrebbe aprirsi. La scelta tra un parto violento e l'epidurale non è una scelta vera. Se mi devo strappare un dente e devo scegliere se farlo con o senza analgesia, la risposta e ovvia: con! Il trauma, le complicanze saranno minori (forse).
Tutt'altra cosa è partorire un bambino.
La vera scelta, l'alternativa possibile sia al parto immobilizzato e medicalizzato, sia all'epidurale per tutte c'è, le ostetriche la conoscono: si chiama parto fisiologico, attivo, salutogenico, analgesia naturale, sostegno, assistenza one to one in travaglio.
Si chiama ambiente tranquillo, donna attiva, movimento costante, rilassamento.
Si chiama accoglimento del bambino, gratificazione, forza, empowerment.
Si chiama educazione alla nascita e preparazione alla gestione del dolore.
Si chiama continuità dell'assistenza.
Si chiama ostetrica, la professionista per la fisiologia.
E' un'alternativa sicura, efficace, qualificante, gratificante. Lo dicono non solo le donne, ma anche le evidenze scientifiche. E con la continuità dell'assistenza la richiesta di analgesia farmacologica scende drasticamente.
Perché allora non aprire anche questa possibilità? Perché non investire nell'ostetrica, oltre che nell'epidurale? Perché non assumere più ostetriche anziché più anestesisti?
Il problema è un altro: per realizzare questo tipo di assistenza, occorre cambiare radicalmente le condizioni di lavoro delle ostetriche stesse. I turni non permettono una sufficiente continuità. Occorre ripensarle, uscire dagli schemi, superare le vecchie dinamiche di potere, cercare soluzioni innovative. Cos'è in gioco?
Per le donne la loro potenza generativa, per i bambini la loro salute primale e l'attaccamento sicuro, per gli uomini il passaggio a padre e il rapporto di coppia, per le ostetriche la propria professione.
Mentre l'attuale Ministro della Salute auspica il 30% di epidurali per tutte le donne in Italia, il governo inglese ha fatto una scelta diversa: vuole il 75% delle donne assistite da un' ostetrica (Changing Childbirth 1993). Inghilterra, Olanda, Canada, Nuova Zelanda hanno dato l'esempio su come fare. Le ostetriche sono assunte dalla Regione o dal Servizio Sanitario Nazionale e operano in piccoli teams, prendendosi cura di un gruppo di donne che seguono con continuità dal concepimento fino alle esogestazione e che assistono al parto nel luogo scelto dalla donna. Per fortuna, nonostante la totale mancanza di promozione sociale e politica, in tutto il mondo ci sono infinite piccole e grandi esperienze dove alcune ostetriche, insieme alle donne riescono a mantenere integra la nascita e a vivere la gratificazione di un parto attraversato con le proprie forze. Insieme tengono viva la fiamma del saper partorire, in attesa di un nuovo appuntamento fra qualche anno o decennio, dove il fuoco dell'esperienza della nascita potrà di nuovo accendersi e illuminarne la scena.


* Ostetrica, scrittrice e Direttrice della Scuola di Arte Ostetrica

(18 settembre 2007)

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