Login Registrati
Natalia Bondarenko. Parola che taglia

Natalia Bondarenko. Parola che taglia

Poesia - Natalia Bondarenko. Poesia antilirica e minimale, capace di una profonda comunione con il pubblico

Benassi Luca Domenica, 04/11/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2012

La poesia di Natalia Bondarenko si offre a chi legge con una peculiare ruvidezza, un’essenzialità del dettato adoperata per costruire una poetica antilirica e minimale, nella quale il tessuto metaforico è sempre legato alle esperienze e agli oggetti del quotidiano. Non che manchi un anelito all’assoluto, a un desiderio nel quale disciogliere la dolcezza della passione e il dolore dell’abbandono, ma questo è sempre legato al vissuto, a ciò che nell’immediato costituisce l’esperienza della poetessa. Questa esperienza è segnata dalla precarietà della straniera che nella ‘terra altrui’ ha scelto di impiantare le proprie radici e i propri affetti, e che può fare conto solo su di sé e il proprio corpo. Per la Bondarenko il corpo è strumento per osservare il mondo e comprenderlo, esso si espande fino a ricomprendere in un’unica sfera sensoriale gli oggetti prossimi del vivere quotidiano, come fossero parte del sé. In questo senso, la scrittura della poetessa ucraina è tangente ad un certo minimalismo delle poetiche dell’Est Europa - fra tutte viene in mente la poesia della polacca Wis³awa Szymborska - anche per un’adesione ad una sintassi stringata, priva di aggettivi e sprechi verbali. Scrive Katia Longinotti nella prefazione a “Terra Altrui”: “I versi dell’autrice ucraina sono immediati, veloci e precisi nel loro svolgersi, le parole sono essenziali, anche i momenti drammatici sono rielaborati con la leggerezza di gesti metodici e quotidiani” nei quali “l’ironia è l’intonazione principale”. Ed effettivamente ironia e disincanto sono tratti specifici di questa poesia, nella quale si fa uso di un tono colloquiale e del linguaggio parlato, derivato anche da una assimilazione profonda della scrittura di Sanguineti, capace di attivare una “comunione e interazione spontanea” (Longinotti) con il pubblico. Bondarenko si rivolge spesso a un ‘tu’ distante (straordinarie le rievocazione della madre, identificata con la terra lontana) oppure destinato all’abbandono, ad un incendio dell’eros nel quale si consumano affetti, rimpianti, possibilità di relazioni durature. La solitudine, la consapevolezza di vivere in terra straniera, è allora condizione inevitabile, alla quale opporre il contatto ruvido, la parola tagliente della poesia. Natalia Bondarenko nasce a Kiev (Ucraina) nel 1961 e dal 1990 vive a Udine. Scrittrice, poetessa, traduttrice, da alcuni anni scrive direttamente in lingua italiana, pubblicando “Profanerie private” (2010), “L’amore del giglio” (2010) e “Terra Altrui” (2012) dal quale sono tratti i testi qui pubblicati.





Mi hai creduto pazza

nel sentirmi parlare a voce alta e ridere

ballando sull’asfalto bagnato dalla pioggia

appena atterrata



ho trovato un interlocutore interessante

che era disposto ad ascoltarmi e

permetteva di toccarlo fin con le scarpe.



Era la mia ombra.



------   ------    -------    -------





Potrei prenderti così, come ti ho trovato,

sporco di pallonate prese in pieno petto,

lavarti e centrifugarti per bene, stendendoti

al sole (sperando che splenda).

O come un semplice zerbino peloso.

Toccarti con le suole conforta le idee,

spillarti coi tacchi è un anticipo per i torti futuri.

Ma meglio di tutto, vorrei prenderti dal cassetto

come una tovaglia austriaca, rossa,

a quadratini, così, leccandomi le dita,

riuscirei ad ogni tuo centimetro a raccogliere

le piccole briciole di pane

toccando per forza la tua anima.





------   ------    -------    -------





Guarda che per avermi

è semplice: sfoglia un dizionario della seduzione,

qualche bugia ben riuscita

baloccando a proposito – fammi sentire unica

o, almeno, la seconda

[se proprio così stanno le cose]

e poi, sfiorando con audacia

tutte le periferie del mio corpo,

illuditi di avermi come mi illudo io. Un caffè

te lo preparo… quando hai finito…



Prima di andare via annota negli appunti

i numeri dei miei seni, l’orario del mio grido

e altre cose che io non tengo a ricordare.

E vai a giocare sperando nel terno secco.



Guarda che per avermi è molto semplice,

è per trattenermi che devi lavorare.




------   ------    -------    -------





Mi hai chiesto perché piango.



Se tu mi fossi amico ti direi

perché ho amato troppo.



Perciò, per me trattengo

il nome dell’amore e

a te rispondo che io piango

perché

solo così si paga il conto.












Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®