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Napoli e "la munnezza"

Napoli e "la munnezza"

Elelzioni amministrative/2 - Il centrosinistra, al governo di Comune, Provincia e Regione, è impegnato in una battaglia di bandiera contro il berlusconismo

Stefania Cantatore Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2006

I comuni sono la dimensione che assomiglia di più alla dimensione umana del vivere, a quella disseminazione orizzontale di pensieri, bisogni ed eventi che rappresentano anche una pratica che a partire dalle donne è divenuta politica che vuole il potere strumento di benessere e convivenza. Così donne e cittadini immaginano il governo delle città. Ma a donne e cittadini questa pratica è stata spesso impedita, e le parole simbolo - democrazia partecipata, rispetto dei tempi delle donne, accoglienza dei bisogni dei bambini e dei giovani - quasi trafugate ed usate come slogan elettorali. Sicurezza e qualità della vita, in due grandi città, Napoli e Milano. Sono i due poli nei quali si misureranno e, per esempio a Napoli, i candidati, con in più la responsabilità, di confermare e rafforzare il risultato elettorale nazionale che consegna al paese una maggioranza di governo assai faticosa. A Milano e Napoli, le donne, da donne sono scese in piazza, e il paese incredulo ancora non riesce a tenerne conto.
Le buche per le strade, il degrado, “la munnezza”, la microcriminalità: i temi della campagna elettorale nel capoluogo campano (governato dalla sinistra nei tre livelli Regione, Comune, Provincia) senza che se ne possano vantare né successi, né prospettive immediate, e la Sindaca uscente “Rosetta” ricandidata per l’Unione, avrà più di un problema. Ancora una volta costretta la Sinistra ad una battaglia di bandiera contro il berlusconismo, perché difendere l’operato dell’amministrazione uscente è davvero molto difficile.
Di buche, microcriminalità, degrado, munnezza, parlano infatti sia il candidato della desta Malvano, che l’altro “alternativo” di sinistra Rossi Doria (forte sicuramente dei voti della protesta, che mai si punirebbe favorendo la destra).
Ma nessuno dei tre candidati, o meglio dei due che si presumono interessati, nomina quelle donne scese in piazza. Non sa che farsene.
Eppure sono le donne della loro città, che lavorano sulla vivibilità, che avvertono da anni che la politica è un’altra cosa: che insomma di buche si parla, ma si devono anche riparare, che armonia e sicurezza passano per una politica della convivenza, della quale hanno imparato, forse le parole, ma non le pratiche.
Insomma è alla concezione misogina della politica, che si devono gaffes e sottacimenti delle due locuzioni chiave, che potrebbero indirizzare un vero cambio di registro nel governo cittadino: lotta alle violenze dentro e fuori le mura domestiche, lotta alla camorra. Piscine, porti turistici, centri per l’occupabilità non hanno fondamento senza quella prospettiva di base.
La paura di denunciare, ma prima ancora di muoversi, l’impraticabilità di certi quartieri (o forse di tutti), in certe fasce orarie, la nominalità dei diritti (oberati dalla clientela e dal favore) sono gli effetti del fardello che pesa come un macigno sulle spalle delle donne di Napoli e del Sud. È il peso del patriarcato camorristico (e se non lo è direttamente, ne assume l’omertosità) quell’acqua sporca che riesce ad adattarsi bene all’ambiente in tutte le stagioni.
E c’è un reato trasparente, lo stupro, che nel nostro paese spegne ogni azione politica di legalità, perché spesso si svolge in quell’universo impermeabile ai diritti che è la famiglia patriarcale. È il ricatto, l’ultima ritorsione, la minaccia di morte per l’unica ribellione veramente destabilizzante per l’arroganza di sottopotere, quella delle donne.
A volte guardiane coatte dei sottopoteri mafiosi, le donne di questo paese vanno liberate dall’impunità di un reato di cui ci si accorge solo quando arriva ai bambini.
A Napoli, dove la violenza per le strade e nelle case è il reato più commesso, le reti antiviolenza sono asfittiche e senza risorse pubbliche: un segnale che la catena del comando dal centro alle periferie, dalla destra alla sinistra (inconsapevolmente?) sul femminicidio non trova contraddizioni.
Dalle donne (per ora silenti) in parlamento a quelle degli enti locali, la catena del comando avrà finalmente un segno virtuoso di inversione di tendenza? Il movimento delle donne, su questo, come sempre, sarà un problema per il conformismo politico, ed una risorsa per chi vuole davvero governare.
(27 maggio 2006)

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