La donna del mese - In ricordo di una donna la cui vita si è intrecciata con la storia delle donne, con la politica e con la democrazia del nostro Paese
Maria Luisa Boccia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006
E’ con Noi donne nel 1943 che Nadia Gallico Spano comincia la sua attività politica in Italia. Viene da Tunisi, da poco liberata, ed ha già vissuto l’esperienza drammatica della lotta clandestina antifascista nel Pci. Come altri compagni e compagne del “gruppo tunisino” ha accettato di proseguire quell’impegno nella Italia ancora lacerata dalla guerra. Raggiunge a Napoli il marito Velio Spano, ma deve lasciare a Tunisi le due figlie, Paola e Chiara.
Come immagine per la prima copertina del giornale Nadia sceglie il volto di una donna giovane e sorridente al futuro, preferendola a quella di una donna “stanca e malvestita in piedi di fronte alle pentole”. Allora le casalinghe erano circa 13 milioni, prive di qualsiasi diritto, impegnate a fronteggiare le pesanti condizioni di vita in un paese distrutto dalla guerra. L’immagine di una massaia povera e oppressa dalla fatica poteva quindi risultare più realistica. Nadia scelse di rappresentare “le studentesse”, scelse cioè l’immagine di donna che, grazie anche alla politica della quale il giornale era voce, sarebbe divenuta realtà. Le lettere di approvazione delle lettrici le dettero ragione.
E però quella scelta di guardare al futuro non significa in alcun modo estraniarsi dalla vita delle donne. Nell’Italia del dopoguerra prima a Napoli poi a Roma e in Sardegna, Nadia impara a conoscere “le questioni” della politica, non nella loro generalità, ma caso per caso, dalla viva voce di questa o quella donna prima o dopo le riunioni; e conosce quanto sia frustrante non poter dire o fare niente, non avere una soluzione da indicare, perché non c’è. Sarà questo il segno peculiare, direi la qualità, della sua attività politica: attenzione ai mille volti del bisogno e della sofferenza umana, desiderio e capacità di relazione, volontà di vincere la frustrazione dell’impotenza. Per questo interrompe senza rimpianto, l’esperienza al giornale quando il Pci decide – e allora non si discuteva, si accettava e basta - di impegnarla nel lavoro politico con le donne, perché le è più congeniale fare politica con l’incontro, in rapporto con il territorio.
Nel ’46 Nadia Gallico Spano è eletta all’Assemblea Costituente; su oltre 530 membri le deputate erano 21, ed è a loro che dobbiamo se tra i principi fondativi della società e dello Stato furono posti anche quelli della cittadinanza delle donne. E’ un’eredità ed un debito che riconosco. Ed è certo innanzitutto per questo che Nadia va ricordata e fatta conoscere alle giovani donne. Ma non si può comprendere appieno la presenza nella Costituente, se non la si mette in rapporto con quella peculiare qualità politica, di cui ho parlato. Ed anche a quel ponte tra presente e futuro che Nadia aveva voluto simbolicamente significare con la copertina di Noi donne. E’ lei a dirlo con chiarezza: “le deputate avevano una convinzione comune si sentivano rappresentanti delle donne e volevano meritare la fiducia che avevano ricevuto” ed erano unite nel guardare “ avanti, il più avanti possibile, lasciando la porta aperta alle conquiste future”. Certo, c’era una sorta di divisione del lavoro tra uomini e donne. I primi si riservavano la costruzione dello Stato, lasciando alle donne “i temi più vicini alla loro sensibilità”, come famiglia, figli, scuola, assistenza. Commenta Nadia: “Ritengo ancora oggi una fortuna che siano stati affidati a noi”. Perché comunque il compromesso politico tra culture diverse, perfino opposte, era ricercato a partire dalla concretezza di analisi e avendo a riferimento la piena uguaglianza tra i sessi scritta nell’ art. 3. E’ indicativo che la battaglia più accesa fu sull’accesso alla magistratura, per il radicato pregiudizio che la donna difetta di equilibrio, razionalità ed autonomia; e fu Maria Federici, democristiana, a contrastare e vincere le resistenze maschili, più forti nel suo partito.
Nelle due legislature in cui Nadia è deputata per la Sardegna tutta la sua attività parlamentare è caratterizzata dal forte radicamento nel territorio, dalla invenzione di soluzioni ai problemi concreti di lavoro, di istruzione dei figli, di servizi e diritti sociali. Sempre costruendo relazioni con le donne; sempre privilegiando il lavoro capillare, sempre portando nell’aula di Montecitorio le esperienze di lotta e di vita. Ed anche dopo, fino agli ultimi anni, la campagna elettorale per ogni tipo di elezione, come per i referendum sul divorzio e l’aborto, è non solo un impegno costante, ma è forse quello nel quale è più a suo agio ed esprime appieno le sue migliori capacità.
Nadia ci ha lasciato con un libro di ricordi Mabrùk (benedetto, parola di augurio in Tunisia) assolutamente da leggere (AM&D Edizioni, pagg 426, Euro 15,00). E’ un dono prezioso non solo per conoscere, attraverso la memoria di una protagonista, la storia del Novecento, ma per capire cosa è la vita politica. Nel duplice senso: di come è una vita indissolubilmente intrecciata con la politica e di come è la politica se la consideriamo nel suo farsi vita, segnando l’esperienza, le relazioni, le idee e le scelte, insomma il modo di essere e di agire nel mondo di uomini e donne. E non è certo un caso che sia una donna ad offrirci un libro di ricordi in cui la politica è intessuta di vita come la vita lo è di politica.
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