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Nadia Shamroukh

Nadia Shamroukh

La Donna del mese - Presidente della Jordanian Woman Union, afferma 'il mio desiderio più grande è quello di vedere nascere una grande organizzazione per tutte le donne arabe'

Silvia Vaccaro Lunedi, 24/01/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2011

Chi era Nadia Shamroukh l’ho saputo il giorno prima di incontrarla. Quasi per caso avevo sentito un’amica che era partita per la Giordania con la nota ong italiana, Un ponte per, l’aveva conosciuta in quella occasione e me ne aveva parlato entusiasta, descrivendola come una persona meravigliosa, generosa, accogliente. L’affetto che avevo sentito in quelle parole rivolte alla donna che stavo per incontrare sono state confermate dai fatti. Ho incontrato Nadia durante una tavola rotonda organizzata da Un ponte per, nella quale si discuteva di alcuni progetti che l’ong porta avanti. Uno di questi, che si occupa di protezione delle donne vittime di abusi, assistenza sanitaria, legale e campagne di informazione, è realizzato in partenariato con la Jordanian Woman Union, di cui Nadia è Presidente. Si è parlato molto della presenza di rifugiati iracheni in Giordania e delle loro condizioni di vita spesso terribili. Le ho chiesto di parlarmi della sua opinione sul conflitto iracheno e sulle responsabilità più gravi che lei, donna araba impegnata in prima linea per i diritti umani, individuava. “In Iraq assistiamo ad un disastro provocato dagli americani, con l’aiuto degli europei e anche degli arabi. Molti governi hanno seguito gli americani solo perché ancora dominano la sfera mondiale. La lega Araba, così come l’Europa, non ha avuto la forza di mettersi contro gli USA. Il motivo della guerra è un vero e proprio assalto al petrolio, quindi non è esatto parlare di un conflitto, parlerei piuttosto di una vera e propria distruzione premeditata dell’Iraq, e credo anche che la comunità internazionale non abbia fatto quasi nulla per impedirla. Avrebbero dovuto mandare delle forze speciali come è stato per il genocidio ruandese o nel caso della ex-Jugoslavia. Perché non l’hanno fatto e non lo fanno? Perché restano tutti a guardare lo sterminio di migliaia di civili iracheni? Questa situazione non è facile da risolvere e purtroppo quando gli americani finalmente se ne andranno lasceranno un paese a pezzi. Quando c’era Saddam, che era un dittatore, la gente era unita contro di lui. Da quando c’è l’occupazione statunitense, il popolo è diviso e i fratelli sono pronti ad uccidersi tra loro”.

“In Giordania sono arrivati moltissimi profughi da quando è iniziato questo orrendo conflitto. I governi arabi, soprattutto quelli dei paesi confinanti con l’Iraq, non possono essere miopi davanti a questa tragedia umana e devono garantire ai cittadini iracheni che fuggono da quell’inferno una vita dignitosa. Nel mio paese arrivano sia persone ricche che pagando ottengono la residenza e vivono nei quartieri alti delle nostre città, sia gente poverissima che noi cerchiamo di aiutare con i nostri progetti. In generale la popolazione araba sostiene gli iracheni, in particolare il popolo giordano è molto vicino a questo popolo fratello. Questo rapporto ha origini storiche: l’Iraq ha sostenuto la Giordania molte volte, ha donato quantità enormi di petrolio e moltissimi nostri ragazzi hanno studiato in Iraq gratuitamente. C’è quindi molta solidarietà da parte della nostra popolazione nei confronti dei rifugiati.”

Parlando più in particolare di donne, le ho chiesto che tipo di relazione c’è tra giordane e irachene. Nadia mi ha rivelato quello che desidera di più. “Vorrei finalmente una legge nuova: essere tutelate da una legge giusta vuol dire vivere in un paese civile. Ancora adesso la qualità di vita di una donna in Giordania dipende molto dalla classe sociale a cui appartiene, ma tutte, nessuna esclusa, sono accomunate dalla subordinazione nei confronti dell’uomo di casa. Sognando ad occhi aperti, il mio desiderio più grande è quello di vedere nascere un’organizzazione in cui tutte le donne arabe si trovino riunite per parlare insieme di tematiche di genere, per confrontarsi e per essere più forti. Noi arabi siamo un unico popolo separato dai confini dei paesi e credo che la pace e i diritti fioriscano solo dove c’è solidarietà tra le persone e dove la fratellanza dei popoli è più forte.”



(24 gennaio 2011)

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