Mercoledi, 30/07/2014 - Rilevare il fenomeno delle Mutilazioni Genitali Femminili nella sua reale entità, realizzare una mappatura che sia sufficientemente aderente alla realtà e mettere in rete il tutto in modo che sia avviato finalmente un lavoro metodico. Questo il metodo scelto per attuare il progetto che ha l’obiettivo di contrastare una pratica violenta e inaccettabile che viola il corpo e la dignità delle donne. Numerosi i partners coinvolti nell’attuazione: la Asl RMA, il Centro Astalli di Roma, l’Associazione Nosotras con sede a Firenze e che si occupa da anni di progetti per le donne con mutilazione genitali ed altri nel comprensorio della Regione Toscana, la Fondazione Albero della Vita con sede a Milano, che si occupa di progetti sull’infanzia e adolescenza (gruppo CRC), l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini (AOSCF) in quanto centro di riferimento della Regione Lazio che da sempre si occupa di immigrazione e di materno-infantile e che nel Centro di prevenzione all'interruzione volontaria della gravidanza, avvalendosi di mediatori culturali, lavora al contrasto e alla cura delle MGF, all'assistenza al parto e al puerperio. Interessato alla collaborazione anche Enrico Materia, che aveva proposto il progetto di ricerca presso l’ASP LAZIO da svolgersi presso il Sanifo, e un network aperto ai soggetti del Terzo Settore che da tempo si occupano della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia. Il progetto è stato possibile nell’ambito del finanziamento della legge sulle Mutilazioni Genitali Femminili - la numero 7 del 2006. In base alla ripartizione dei fondi stabiliti dalla Conferenza Stato Regioni per la presenza di donne straniere è stato erogato un contributo da parte della Regione Lazio finalizzato al ”monitoraggio di interventi da sviluppare per la prevenzione e il contrasto del fenomeno delle Mutilazioni Genitali Femminili”.
In una delle prime riunioni tenute per avviare il percorso è stato stabilito che la popolazione target del progetto sia quella del Corno d’Africa, dove sicuramente c’è la presenza più alta di MGF. I paesi che vengono presi in considerazione sono Eritrea, Etiopia e Somalia.
Questa iniziativa è particolarmente importante poiché, nonostante siano stati realizzati e finanziati dal Dipartimento Pari Opportunità molti progetti, non si è mai previsto di mettere in rete i risultati per avere il polso sulla reale entità del fenomeno. I risultati saranno perciò particolarmente significativi e potranno essere utilizzati per prevenire una pratica brutale che anche in Italia esiste. Inoltre gli sbarchi degli ultimi due anni hanno fatto aumentare nel territorio nazionale la presenza di popolazioni che hanno nelle loro culture questa pratica.
Il progetto è cominciato con alcune riunioni anche in uscita con la raccolta di 50 questionari redatti nelle tre lingue e anche in italiano. Per testare il progetto sono state coinvolte alcune mediatrici culturali che lavoreranno alla raccolta dei questionari. Inoltre sono previsti incontri con donne delle diverse etnie per dar loro modo di discutere di questa pratica e - molto importante - sono previsti incontri anche con le comunità perché è nei gruppi di appartenenza che vanno costruite le condizioni di accettazione per l’abbandono di usanze fondate su ignoranza e pregiudizio. Il progetto si concluderà a giugno del prossimo anno e sarà interessante analizzare i risultati e valutare il complesso del lavoro fatto.
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