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Musikee, quattro donne (e non solo) per una startup

Musikee, quattro donne (e non solo) per una startup

Intervista a Chiara Crispino, co-founder di Musikee, la startup che rivoluziona il modo di fare musica

Sabato, 05/03/2016 -
Prendete una band. Accorciate le distanze tra il gruppo musicale e i suoi fan. Aggiungete un sistema di collaborazione fatto di ricompense e missioni. Otterrete Musikee, un progetto visionario che rende la musica social.

Il meccanismo proposto è semplice: trasformare i semplici «Like» e «Follow» in azioni concrete per fornire a manager e artisti la possibilità di coordinare le attività online e offline. Attraverso un aiuto fornito all’artista del cuore – come il volantinaggio, la promozione o la condivisione di contenuti sui social – i fan contribuiscono al suo successo e, in cambio, accedono a premi personalizzati. Una piattaforma web controlla in automatico, e registra, le missioni compiute. I crediti sono assegnati se le azioni risultano corrette. Nel caso di missioni personalizzate, il controllo è affidato all’admin della community, che potrà essere l’artista in persona, un fan di fiducia o un membro dello staff. Per un’idea che mette al centro le relazioni umane. Che intesse relazioni e crea ponti per accorciare distanze.

Ne abbiamo parlato con Chiara Crispino, una delle founder di Musikee. Appena trasferita a Barcellona con parte del team, Chiara ci parla del progetto e di cosa significa lavorare in un gruppo dove le quote blu sono in minoranza.



Come nasce l'idea di Musikee?

Musikee nasce dall’incontro tra mondo della musica e tecnologia web. Con la sua precedente società, Daniele (CEO) aveva collaborato per anni con EMP Italia – importante azienda europea di merchandise musicale metal e rock – che coltivava e gestiva uno street team. In pratica, alcuni fan del brand tramite azioni online ed offline li aiutavano nelle loro attività in cambio di sconti sul merch e altri premi. Nel 2014 io frequentavo un Master in Comunicazione Musicale e, oltre a studiare e lavorare in prima persona nell’industria discografica, ero in contatto quotidiano con le mie colleghe, esperte da anni nella gestione di fandom, consapevoli come me che i fan sono una risorsa fondamentale per la musica, spesso non gestita al meglio. Quando Daniele mi ha parlato della sua idea, fare due più due è stato immediato! Qualche mese dopo insieme a Fabio – programmatore e startupper – abbiamo iniziato a costruire la prima bozza del prodotto e da lì a poco cominciato a testare e lavorare con il resto del team.



Com’è organizzato il lavoro del team?

All’inizio eravamo solo noi tre founder: Daniele, che si occupava degli aspetti di organizzazione, della gestione generale e della programmazione web; Fabio, programmatore attento alle dinamiche startup e io che mi occupavo di tutto il resto (contatti con i partner, sviluppo del prodotto, gestione delle prime community). Ma più il progetto cresceva più sentivamo il bisogno di qualcuno che fosse specializzato nei diversi settori. Così pian piano nel corso di quest’ultimo anno sono arrivate le quote rosa, le mie ex colleghe di Master: Chiara Colasanti, esperta da anni nella gestione di fandom, si occupa degli aspetti e delle esigenze legate ai nostri utenti scatenati e appassionati di musica; Elena tratta e gestisce il rapporto con gli artisti sulla piattaforma e Annaclara si occupa di PR e della parte commerciale. Il nostro team è compatto e affiatato. Ama quello che fa. Pur non essendo spesso fisicamente insieme, lavoriamo “fianco a fianco” in modo compatto e unito, completandoci a vicenda.



Il team di Musikee è composto da quattro donne su sei. Una formazione ben oltre le quote rosa...

Sì, in questo momento è un team decisamente rosa! Il motivo è che un prodotto come Musikee ha un lato tecnologico molto importante. Come tutte le startup web non si può mai dire un prodotto finito, ma è in continuo sviluppo. Tuttavia a livello di struttura, la parte che ora richiede maggiori attenzioni è quella affine all’area della musica (il centro del prodotto), della sociologia, delle PR, del marketing. E questi aspetti sono ricoperti alla perfezione dalle ragazze con le quali lavoriamo, che uniscono alla padronanza lavorativa del loro settore grande sensibilità e passione: spesso il lato umano è più forte nelle donne, anche se questa non è una regola universale. Tuttavia la prospettiva è quella di crescere presto e avere anche una sufficiente dose di quote azzurre.



Cosa significa essere l’unica founder donna della startup?

È un’esperienza molto interessante. Penso che la forza di un progetto sia anche il confronto continuo e la varietà dei punti di vista che si mettono in gioco, e a volte questa varietà è accentuata dal fatto di essere una donna (anche se sotto alcuni punti di vista mi sento a volte più vicina al pensiero maschile che femminile). Serve tuttavia un’uniformità a livello di pensiero e qui ho la fortuna di lavorare con due uomini organizzati, in gamba, aperti, calmi, ambiziosi ma estremamente rispettosi e dotati di grande capacità di problem solving. Inoltre il resto del team è femminile: in caso di decisioni non prettamente lavorative in cui ho bisogno di sostegno, ho sempre su chi contare per chiedere una mano!



Musikee si è appena trasferito a Barcellona. Perché questa decisione?

Il team di Musikee è distribuito e lavora da remoto: il lavoro è organizzato in modo da poter essere eseguito da qualunque parte del mondo, vivendo nel posto che ci piace di più o offre più opportunità da un punto di vista lavorativo, secondo le esigenze della startup. È la nostra filosofia di vita e di azienda. Ora abbiamo deciso di vivere tutti insieme a Barcellona per qualche mese: oltre all’aspetto di lavoro e vita insieme (che a livello di team è molto formativo) il motivo per cui abbiamo scelto proprio questa città è l’apertura che offre sul mercato musicale locale spagnolo e latino. Un mondo profondamente interessante per il modo in cui i fan si legano e interagiscono con gli artisti musicali e le band. Un mondo con cui è molto più facile dialogare stando sul territorio e potendo respirare in prima persona l’atmosfera e la cultura, oltre che poter incontrare fisicamente clienti e partner.



Qual è la tua visione della situazione imprenditoriale femminile in Italia?

Non amo generalizzare né dare giudizi, ma posso dare il mio punto di vista. Avviare un’attività per me significa assumere la responsabilità non solo dell’attività stessa ma anche delle persone che ci lavorano all’interno e di quelle negli anni coinvolte, anche se solo marginalmente: è una fatica ma anche una grande gioia. Allo stesso tempo, in quanto donna però credo che la realizzazione umana di una donna passi anche dalla possibilità di avere spazio e tempo per dedicarsi alla famiglia. L’Italia non è un luogo dove conciliare questi due aspetti è semplice. Un’azienda è come un figlio, anzi, è come dieci figli: donne e uomini dovrebbero dunque essere messi nella condizione di poter gestire la loro vita privata e quella lavorativa sullo stesso piano, senza dover togliere nulla né all’una né all’altra. In particolare le donne, e ancor più chi si occupa di fare impresa e di generare lavoro per altre persone sollevando la condizione del paese nel quale ha scelto di vivere.

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