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Muore il teologo della Liberazione Giulio Girardi

Muore il teologo della Liberazione Giulio Girardi

Una vera “Eucarestia dell’arrivederci” tra gli amici di Giulio Girardi per l’ultimo saluto presso la Comunità di base cristiana di S. Paolo in Roma

Mercoledi, 29/02/2012 - Il grande cuore di Giulio Girardi cessa di pulsare all’alba del 26 Febbraio, dopo una lunga malattia. Amico, filosofo, teologo, teorico tra i fondatori di Teologia della Liberazione ci lascia a 86 anni appena compiuti. Promotore del movimento Cristiani per il Socialismo, ex sacerdote salesiano, perito del Concilio Vaticano II in qualita' di esperto del marxismo e delle problematiche dell'ateismo contemporaneo, viene successivamente espulso dall'Universita' Salesiana di Roma, da altri atenei cattolici, dalla congregazione salesiana e, successivamente, sospeso a divinis, tutto per "divergenze ideologiche". Non era accettabile nel 1969 una stretta collaborazione tra marxisti e cristiani! Pubblica con La Cittadella ''Marxismo e cristianesimo'', libro di grande successo, e tra i tanti altri: ''Credenti e non credenti per un mondo nuovo'' ''Cristianesimo, liberazione umana, lotta di classe'', “Gli esclusi costruiranno una nuova storia”?

Un pensiero cristallino, colmo di rettitudine e un sano sentire cristiano dentro un cuore puro di bambino caratterizzano la persona di Giulio Girardi, socialmente irreprensibile, vissuto proprio come i poveri che amava. Un’esplosione di empatia e immedesimazione confluiscono nell’amore e nella dedizione per gli esclusi, gli oppressi e per tutte le minoranze, con un vero anelito cristiano. Anche nei momenti di necessità, non rinuncia a vivere con pochissime riserve economiche per garantire il sostentamento ad alcuni studenti poveri del Sud America e molte Fondazioni per le minoranze oppresse. Solo così, affermava lui, si sarebbero potuti “liberare” veramente…

Don Franzoni inizia la commemorazione dell’ “Eucarestia dell’arrivederci” per onorare con commozione e affetto questo grande uomo lasciando la parola a Bruno Bellerate (l’amico che l’ha accolto nella sua casa per questi lunghi anni di malattia), che insieme a Gérard Lutte (presente attraverso un suo scritto perché in Guatemala) lo ricordano con affettuosa amicizia: “Giulio era un grande filosofo e il suo insegnamento ha marcato profondamente la formazione intellettuale di migliaia di persone. Era molto impegnato con tutti i movimenti di liberazione particolarmente in America Latina…Si è interessato anche di pedagogia, mettendo in risalto anche l’amicizia liberatrice nel rapporto educativo e analizzando come il dominio imperialista sull’economia è reso possibile dall’imperialismo culturale che pervade l’insegnamento a tutti i livelli e i mezzi di comunicazione di massa.

La sua ricerca non era puramente teorica, si faceva a partire dall’osservazione e dalla riflessione sulle esperienze concrete di liberazione. Ha condotto ricerche scientifiche di alto livello con la partecipazione degli attori della liberazione: gli operai della FIAT a Torino, durante gli anni della contestazione; i giovani della comunitá di San Benedetto al Porto di Genova, sottolineando che solo un metodo educativo basato sulla partecipazione e sul protagonismo degli stessi giovani, poteva aiutarli a liberarsi veramente. Fece anche una ricerca sull’importanza dell’amicizia liberatrice nell’educazione, analizzando la vita del Vescovo latino americano Proaño, impegnato con le comunitá indigene del suo paese nel fare rispettare i loro diritti.

La sua vita era coerente con le sue teorie. Giulio non si è arricchito, non ha vissuto nel lusso e nelle comoditá e tutta la sua vita è stato fedele all’annuncio della buona novella di liberazione dei poveri. Andava dovunque fosse chiamato, da una parte all’altra dell’Italia e del mondo, per una conferenza, un seminario, un corso di formazione, una ricerca. Ha accettato di fare, per vari anni, seminari ai miei studenti sulla cultura indigena e i movimenti di liberazione in America Latina. Gli studenti che hanno partecipato mi hanno piú volte detto che questi seminari sono stati fondamentali nella loro formazione.

Giulio non poteva non interessarsi e amare le ragazze e i ragazzi di strada. Ha accettato di essere il padrino della figlia di una di queste ragazze, che aveva conosciuto mentre stava in Nicaragua. Ha partecipato a vari incontri della nostra onlus Amistrada, per trattare temi per noi importanti. Si è proposto di venire a spese sue in Guatemala e condurre un seminario con le ragazze e i ragazzi del Comitato di gestione, che dirigono il loro movimento, e con i consiglieri adulti. Ha trattato, sulla base delle esperienze dei partecipanti, il tema dell’amicizia liberatrice. Il suo apporto ci ha profondamente influenzato, al punto che il nostro metodo educativo è basato sull’amicizia liberatrice.

… E quando gli chiesi cosa dovevo dire alle ragazze e ai ragazzi di strada mi rispose: “Devono credere nella resurrezione!”. Questo prezioso messaggio è trasmesso per telefono appena una settimana prima del decesso.

“Voleva trasmettere un’utopia concreta”, continua commosso Bruno Bellerate. Eppure “la vita concreta non c’era nel senso che Giulio trascendeva dal suo stesso corpo”. Ricorda la rinuncia a prendere possesso del suo corpo dopo l’ictus: il dolore annientava la sua volontà di liberazione di sé. Questa sua soglia fragile rispetto al dolore, come ricorda Bruno Bellerate, lo aveva portato anche nel baratro della depressione, purtroppo affrontata secondo “regime”, con farmaci pesanti che avevano opacizzato il suo slancio vitale, farmaci che allontanerebbero il senso volitivo di chiunque, l’Io di qualunque grande uomo, come era Giulio Girardi. Preferisco ricordarlo paralizzato come era negli ultimi tempi, accolto con calore e dedizione presso la famiglia Bellerate, che in una grigia clinica per malati psichici. Non era quella la tappa da seguire, non lo sarebbe per nessuno, soprattutto per un uomo con un’anima come la sua. La spiritualità vera fa paura a tutti, perfino agli amici. Dietro l’angoscia, anticamera di qualsiasi male oscuro c’è tutta una serie di stratificazioni interiori, di destini biografici, da disvelare poco a poco, con calma e devozione, amore, per non finire in quello che Bruno Bellerate definisce “la condanna del mondo degli esclusi”. Infatti “gli esclusi rompono il silenzio”, perché “è stato escluso ovunque, dalla carriera, dai Salesiani, dalle Istituzioni, dalla Chiesa Ufficiale, da ciò che più amava, una vita umana, fatta per incontrare persone, per fare conferenze, viaggi, studio”. Nonostante tutto “Giulio ha sempre volato alto, con fede in Dio e fiducia negli uomini. Uomo affascinante per il suo esprit de finess, il suo eloquio avvincente, le sue idee originali e stimolanti. Come gli esclusi, Giulio ha comunque rotto il silenzio con la sua testimonianza, con le sue parole e sofferenza”. Il prof. Bellerate si augura che qualcuno voglia occuparsi della biografia di Giulio Girardi. Non manca nessuno a ricordarlo, tutte le Comunità di base con preghiere o scritti commemorativi toccanti.

Nella Comunità cristiana di S. Paolo ci sono tutti i Salesiani -eccetto chi non può comparire forse per difendere delle posizioni più comode-, i suoi amici, una rappresentanza dell’ambasciata cubana, Nora Habed di Amistrada, che parla commossa ricordando una sua frase: “La forza del diritto deve prevalere sul diritto della forza”.

Il silenzio dell’alba ha favorito un distacco da un corpo sofferente, ma il suo grande cuore è ormai penetrato nel pulsare del mondo.

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