Uruguay - Continua la battaglia per il diritto all’aborto sicuro
Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007
Lo scorso 16 maggio in Uruguay una ragazza di 20 anni è stata processata per il reato di aborto, sulla base di una legge del 1938, dopo essersi recata in ospedale per curarsi dalle conseguenze di una interruzione di gravidanza clandestina. Questo evento ha riportato in primo piano un tema che da molto tempo agita la società uruguayana. Solo per parlare dell’ultima legislatura, perché un progetto di legge per la depenalizzazione è stato presentato più volte nel passato con poca fortuna, è più di un anno che giace in Senato una proposta di depenalizzazione dell’aborto nelle prime 12 settimane di gestazione; ciò che impedisce a questo progetto di avanzare è fondamentalmente che il Presidente della Repubblica, leader del primo governo di sinistra del paese e medico, ha già annunciato che è sua intenzione utilizzare il suo potere di veto nel caso in cui questa proposta diventasse legge. Molti parlamentari favorevoli alla depenalizzazione dell’aborto davanti a questa situazione non se la sentono di far mancare l’appoggio al Presidente su questo tema e destabilizzare così il governo. Le parlamentari e le Ministre che da anni lottano per la legalizzazione di questa pratica non hanno la forza sufficiente per far avanzare il disegno di legge. Così, ancora una volta, sulla salute e sulla vita delle donne si combatte una battaglia per il potere.
Secondo un’inchiesta dell’agenzia uruguayana Factum il 61% della popolazione sarebbe favorevole alla depenalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza, il 27% sarebbe contrario e il 12 % ha preferito non rispondere. Questo sondaggio rivela una chiara scissione tra la società civile e il sistema politico. La relazione tra chi si dichiara favorevole e chi si dichiara contrario è di 6 a 3; il sociologo Bottinelli, coordinatore dell’agenzia di sondaggi, ha dichiarato che questa relazione si è mantenuta stabile negli ultimi 14 anni dato che tutte le ricerche realizzate in questo arco di tempo hanno avuto la medesima risposta. E’ veramente sorprendente che una tendenza così netta e stabile nel tempo non trovi spazio nell’Assemblea legislativa e la risposta a questo interrogativo può forse essere data a partire dalla forza culturale e mediatica che hanno i gruppi di oppositori appoggiati soprattutto dalla Chiesa Cattolica mentre la maggioranza dei cittadini mantiene una sua opinione senza avere una militanza attiva.
Il processo alla giovane donna ha avuto anche il merito di riaprire il tema della relazione medico/paziente, dato che l’individuazione della ragazza da parte della magistratura si è potuta realizzare a causa della denuncia del medico del pronto soccorso che l’ha curata. La facoltà di Medicina, il Consiglio Arbitrale del Sindacato Medico dell’Uruguay e il Tribunale di Etica della Federazione Medica delle regioni rurali hanno pubblicato, in relazione a questo caso, un documento congiunto nel quale si dichiara che “Il segreto medico non è una scelta ma un obbligo per i medici. (…) Per ciò che riguarda i casi di aborto esiste una legislazione specifica che obbliga a denunciare il caso al Ministero della Salute senza rivelare il nome della paziente”. La riservatezza, prosegue, è “una delle basi fondamentali e fondanti della professione medica nella sua relazione con i pazienti e con tutta la comunità” aggiungendo che la legislazione nazionale “obbliga e protegge” il segreto professionale e, in particolare, quello medico. Nel quadro di questa discussione questi organismi hanno riaffermato la necessità di educare i sanitari e tutti gli altri professionisti che lavorano nel campo della salute al rispetto della riservatezza.
Intanto nel paese è partita una campagna nazionale a favore dela ragazza e per chiedere la depenalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza, sostenuta anche da due Ministre. Nel blog NOSOTRAS Y NOSOTROS TAMBIÉN si stanno raccogliendo firme a sostegno del seguente appello: “Il 16 maggio 2007 una donna uruguayana è stata processata per il reato di aborto. Tutti coloro che firmano questo appello si autodenunciano per aver infranto la legge 9763 del 1938 abortendo o finanziando un aborto, accompagnando una donna a praticarlo, conoscendo l’identità di molte che lo hanno fatto e tacendo. Tutti siamo la ragazza di 20 anni processata. O tutti siamo delinquenti o questa legge è ingiusta”. L’invito è a visitare il blog all’indirizzo http://despenalizar.blogspot.com/ e a leggere le storie delle donne che si autodenunciano; per le più grandi tra noi sarà una conferma che la battaglia per i diritti delle donne è stata una battaglia di civiltà, per le più giovani una spinta a mantenere con attenzione i diritti acquisiti.
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