In breve dall'America Latina - La legalizzazione dell’aborto in Messico; Daisy Tournè, prima Ministra dell’Interno in Uruguay; femminicidio in America Latina.
Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2007
MESSICO La legalizzazione dell’aborto è molto vicina
In Messico stanno avanzando contemporaneamente due progetti di legge, uno nel Distretto Federale di Città del Messico e l’altro nel Parlamento Nazionale per depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza. I partiti di maggioranza appoggiano questa iniziativa mentre la Chiesa cattolica e settori più conservatori stanno preparando una dura opposizione tanto che il Vaticano ha deciso di mandare in Messico il vescovo colombiano Alfonso Lopez, presidente del Consiglio Pontificio per la famiglia, per dare sostegno a chi si oppone a questo progetto. Uno studio dell’Università Autonoma del Messico stima che nel paese si pratichino un milione di aborti ogni anno, che equivale al 30% delle gravidanze annuali. Altre ricerche indicano che l’aborto clandestino costituisce la quarta causa di morte tra le donne messicane e che ottenere un permesso per interrompere la gravidanza (in Messico è permesso l’aborto terapeutico) è quasi impossibile.
URUGUAY Daisy Tournè, prima Ministra dell’Interno
Lo scorso 1° di marzo il Presidente dell’Uruguay, Tabarè Vasquez, ha annunciato la rinuncia del Ministro dell’Interno Josè Diaz e la sostituzione di quest’ultimo con la deputata Daisy Tournè che ha ufficialmente assunto l’incarico l’8 marzo. Tournè, che ha alle spalle una lunga carriera politica nel Partito socialista e nel Frente Amplio (formazione di centro-sinistra attualmente maggioranza nel paese), è la prima donna in Uruguay ad assumere questo incarico.
AMERICA LATINA FEMMINICIDIO
A partire dal caso inquietante di Ciudad Juarez, dove in pochi anni sono state assassinate più di 400 donne e 600 sono scomparse senza lasciare traccia, Gregory Nava ha realizzato un bel film, interpretato dalla famosa attrice Jennifer Lopez, che ha contribuito ad alimentare una crescente attenzione su un tema particolarmente scabroso come quello del femminicidio in atto in molti paesi dell’America Latina. Noidonne un anno fa si era occupata di questo argomento realizzando un’intervista a Luz Estela Castro, un’avvocata dell’Associazione delle madri delle ragazze scomparse “Justicia para nuestra Hijas”. Non si può che essere soddisfatti di questa improvvisa diffusione di informazioni su crimini tanto gravi che colpiscono le donne e allo stesso tempo auspichiamo che questa risonanza non sia solo una moda passeggera, legata al film, ma che contribuisca a tenere desta l’attenzione e a fare pressione sulle autorità messicane per intervenire in maniera più determinata. Detto questo dobbiamo purtroppo osservare che il Messico non è il solo paese afflitto da una violenza incontrollata verso le donne. In tutta l’America Latina il fenomeno del femminicidio è in costante, preoccupante aumento. Tanto che si è svolto a San Salvador un Seminario Regionale sul Femminicidio organizzato da ORMUSA (Organización de Mujeres Salvadoreñas) e al quale hanno partecipato, insieme a rappresentanti del movimento femminista di diversi paesi latinoamericani, la Corte Suprema di Giustizia, l’unità di Genere del PNUD (Programma delle nazioni Unite per lo Sviluppo), istituzioni e organizzazioni non governative. L’obiettivo dichiarato dell’incontro era quello di mettere insieme le forze tra enti pubblici e non governativi per approfondire l’analisi del fenomeno e uniformare i processi sociali, giuridici e politici nel trattare questo tema a livello regionale. Dalle discussioni avviate è emerso che il femminicidio è un elemento crescente che richiede uno sforzo unanime dei diversi settori sociali, nel tentativo di abbordare il tema in maniera integrale in considerazione del fatto che la violenza verso le donne ha complesse cause strutturali come la disuguaglianza sociale ed economica, il crimine organizzato, l’inefficienza dei poteri statali, la cultura machista. Interessante è stato rilevare che ancora non esiste un consenso sull’uso del termine femminicidio tra le varie istituzioni pubbliche, le quali invece prediligono l’utilizzo del vocabolo omicidio pur davanti all’evidenza del fatto che si tratta di un delitto indirizzato solo contro il genere femminile.
Proprio perché sappiamo che Ciudad Juarez è solo uno dei luoghi del genocidio verso le donne, uno dei tanti, fa ancora più male avere in mano la lista di 286 di morte, a cui bisogna aggiungere 75 cadaveri senza nome e circa 2.000 scomparse dal 1993 al 2003, come riportato nel Rapporto su Ciudad Juarez presentato dalla Commissione Nazionale per i Diritti Umani del Messico nel novembre del 2003. Tutte sono nostre figlie, tutte sono nostre morte. Tutte sono donne.
(22 maggio 2007)
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