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Morire depressi?

Morire depressi?

Melanchòlia - “Viviamo dentro una crisi che ci trova impotenti e inerti, perché sentiamo di perdere e stiamo male". Una rilfessione a partire dal film di Lars von Tier

Giancarla Codrignani Lunedi, 05/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011


Non faccio propaganda al film di Lars von Tier; anzi non so neppure se mi è piaciuto. Tuttavia, per come l'ho letto io, mi sembra interessante ragionarci sopra. Il titolo Melanchòlia - scritto in latino perché non corrisponde alla moderna "malinconia" e forse è un frullato certamente non romantico di depressione, accidia, inerzia.... - è il nome di un asteroide che sta per distruggere la terra. La fine del mondo è seguita sullo sfondo di una festa di matrimonio e, in particolare, dell'inquietudine di due sorelle. Persone "normali", ma - come tante che definiamo normali - prive di senso preciso del vivere, mosse da desideri effimeri: denaro, sesso, carriera, sicurezza... e rese stravaganti oppure amare dai fallimenti, ma tutte, anche senza saperlo, depresse. Vittime della malattia che sta distruggendo il nostro mondo.

Viviamo infatti dentro una crisi che ci trova impotenti e inerti, perché sentiamo di perdere e stiamo male. Non che ci sia un gran che da perdere; ma ci illudevamo di poter contare sulla crescita delle nostre piccole cose. Piccole ma non innocue, se è vero che nessuno mette in causa i valori se si compera uno smalto nuovo. Ma non innocue se ci riduciamo al consumo senza riflettere sulla povertà dei desideri e se in pochi anni lo stile berlusconiano ci ha indotto a credere che la tv dice cose vere e a vegliare una notte intera in attesa che apra un magazzino di merci elettroniche a prezzi scontati. Non innocue se i governi non sentono l'ipocrisia di compassionare i paesi poveri e di fare guerre umanitarie, di cancellare il welfare e non imporre regole al mercato, di nominare la giustizia e di far pagare alla gente i fallimenti delle banche. Non innocue se ci indigniamo, tardivamente, perché diminuiscono le risorse, ma facciamo conto di non sapere che se fossimo diventati un po' più poveri, avessimo curato l'ambiente e la legalità, aiutato i popoli (e i nostri stessi ceti) più svantaggiati e tenuto meno larga la forbice di salari e profitti, ci saremmo risparmiata la crisi. Invece abbiamo eletto e rieletto Berlusconi e intanto stiamo male e non abbiamo più neppure i mezzi per pagarci l'analista contro la depressione.

Nel film le due donne, anche se troppo tardi quando non vale più anticipare la fine con il veleno, cercano di capire: proprio la più fragile inventa per il bambino la magia di una capanna "magica" di rami, entro cui giocare a rifugiarsi al momento dell'impatto. Il pittore Albrecht Dürer nella sua Melencolia aveva disegnato simboli che, anche incompresi, sono evocativi: attorno alla donna dalle ali ripiegate, strumenti disseminati, una clessidra, una campana, un teschio, un quadrato magico con i numeri di Fibonacci, ma anche una cometa abbagliante sotto un arcobaleno ma vicina a un mostriciattolo che trascina la scritta melencolia. Nemmeno Durer pensava positivo, almeno in quella discussa figurazione e come temeva i cavalieri dell'apocalisse, temeva abbandono culturale, ignavia, sfiducia.

Oggi, prima di attendere la fine del benessere occidentale, abbiamo tempo per recuperare interesse alla buona vita e cercare medicine risanatrici promuovendo dignità e diritti, e cose che non si mangiano (tanto, la depressione dà morte, non fame) come scuola, informazione, cultura. Reagendo prima di subire la rovina. Che non è certa, se è vero che l'umanità raggiunge i sette miliardi con una bambina e deve sempre trovare le risorse, se in Irlanda vince le elezioni un anziano poeta socialista contro la star televisiva dei sondaggi, se in Liguria sono stati tanti i ragazzi andati ad aiutare.

Coda: per chi fa informazione - vedi Noi Donne - i tagli all'editoria sono il piccolo asteroide che minaccia la sopravvivenza. Pensiamo al pane, ma anche alle rose degli abbonamenti.

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