Mercoledi, 02/02/2022 - "La vita è un dono, non si può buttarla via, la si deve proteggere”.
(Monica Vitti)
Nel 1988 «Le Monde» pubblicò la notizia della sua morte. E lei, la romana di padre Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti – ‘nom-de-plume’ mutuato come surrogato dal cognome dell’amatissima madre di origine bolognese - ringraziò i giornalisti per una ‘gaffe’ che di certo le avrebbe ‘allungato la vita’.
E certo così fu, anche se qualche anno dopo, venne meno, per la lunga malattia degenerativa che l’ha ‘spenta’, la qualità di un’esistenza e di una professione che, sicuramente, molto le avevano dato ed a cui molto lei stessa, aveva dato.
Uno scambio bellissimo, straordinario, unico che aveva - per dirla con le parole della Presidente, Chiara Sbragia, e degli altri vertici di CINECITTÀ: “Difficilmente gli schermi di tutto il mondo hanno avuto, hanno ed avranno un’attrice di tanto grande talento, bellezza, intelligenza, modernità. Con la sua arte tutto il cinema italiano è diventato più ricco. Grazie a lei, la società italiana si è scoperta un po’ più emancipata, ironica, e, finalmente, contemporanea”.
La si era ricordata con affetto e rispetto il 3 novembre scorso al compiersi dei suoi 90 anni (https://www.noidonne.org/articoli/monica-90-anni-il-3-novembre-18243.php): una carriera a tutto tondo, la sua, attrice, ma anche autrice per e con il ferrarese Michelangelo Antonioni, musa e consigliera – anche lei scriveva, pure libri, anche lei aveva idee proprie e, lui, uno dei più grandi registi della storia del cinema mondiale, le dava giustamente spazio e stima, confrontandosi con lei nel corso del loro lavoro insieme.
Tanto è più vero visto che la prima interpretazione comica di Monica venne da lei così introdotta: "Fu Michelangelo [Antonioni] stesso a spingermi verso la commedia. Vi ero come predestinata: il mio maestro all'Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, Sergio Tofano (un vero monumento del teatro, del cinema, della tv, persino, a dispetto dei tempi, n.d.r.), me lo ripeteva sempre: 'Sei fatta per la commedia!'. Lo capì Blasetti, che mi affidò nel 1962 un ruolo da protagonista ne La lepre e la tartaruga, uno degli episodi del film 'Le quattro verità'”.
Mentre la sua innata completa autorialità – che le fece ottenere successo e premi – si espanse con “Scandalo segreto”, un film del 1990 scritto, diretto e interpretato da lei stessa.
I protagonisti, internazionali, furono Elliott Gould, Catherine Spaak e Gino Pernice. La pellicola le valse la candidatura al David di Donatello come Miglior regista esordiente – vittoria che andò poi a Ricky Tognazzi per il suo “Piccoli equivoci” – nonché la doppia vittoria del Globo D’Oro per la Migliore opera prima e Miglior attrice.
Nel corso della sua eccezionale carriera cinematografica diversi son stati i riconoscimenti ottenuti, tra cui: 5 David di Donatello come migliore attrice protagonista (più altri quattro riconoscimenti speciali), 3 Nastri d’Argento, 12 Globi d’oro (di cui due alla carriera) ed un Ciak d’oro alla carriera, un Leone d’oro alla carriera a Venezia, datole da Gillo Pontecorvo, un Orso d’argento alla Berlinale, una Cocha de Plata a San Sebastián.
Così è giusto concordare con le parole di Roberto Russo, l’ultimo amore e compagno della sua vita, fedele custode, fino alla fine, di lei e del suo splendido lavoro:
“ (...) un film come “L’avventura” di Michelangelo Antonioni – lei protagonista - sta ancora nei locali ‘d’essai’ di Parigi e New York: vuol dire l’ETERNITÀ".
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