Ferrara - Il percorso coerente nella creatività femminile della Biennale Donna
Lola G. Bonora Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2008
Presentare le opere di Mona Hatoum alla tredicesima edizione della Biennale Donna rappresenta una scelta importante e qualificante che integra e completa la scelta artistica e culturale operata nelle ultime due edizioni. Nel 2004 è stata ospitata ‘Andata e Ritorno. Artiste contemporanee tra Europa e America’. Nell’edizione successiva (2006) ‘Passaggi a Sud Est. Sguardi di artiste tra storie, memorie, attraversamenti’.
La monografica di Mona Hatoum ‘Undercurrents’ si è dimostrata perfettamente coerente per concludere, senza la pretesa di poter essere esaustiva, una indagine tematica così interessante e rivelatrice. Se uno degli aspetti più studiati è stato il nomadismo e conseguentemente l’identità culturale, la Hatoum ne è un esempio clamoroso. Non vi è dubbio che la circostanza crudele determinata dallo scoppio della guerra civile nel suo paese il Libano, che le impedisce di rientrare in patria, ne ha condizionato fortemente le scelte, ma al tempo stesso ha contribuito ad arricchire ed ampliare la sua educazione artistica e la sua formazione socio-politica. La distanza che ha dovuto mettere fra se e le sue radici, stabilendosi definitamene in Inghilterra, le ha consentito di vedere il suo passato ma ancor più il suo futuro in modo distaccato e probabilmente non privo di un salvifico “cinismo” che la indurrà a mettere a fuoco gli orientamenti e le specificità della società contemporanea che si dibatte costantemente fra la positività della scienza dell’arte e della cultura e l’iniquità della guerra. Non può essere senza significato il fatto che l’artista si definisca anglo-palestinese.
Nella produzione di Mona Hatoum si avvertono legami evidenti con il pensiero minimalista e con la frequentazione dell’esperienza concettuale, ma esclusivamente come background culturale, mentre il suo stile, il suo linguaggio e le sue tematiche sono assolutamente originali, personali e fortemente coinvolgenti. Molte delle sue opere conducono ad un retro pensiero insidiosamente ostile e inducono lo spettatore ad una riflessione profonda ed anche sofferta. Ben presto ci si accorge che quello che si sta osservando ha diverse valenze, diversi significati, diverse interpretazioni.
La sua produzione artistica non vuole certo essere consolatoria, anche se i materiali, le forme e i colori che usa per realizzare le installazioni, le sculture e i suoi oggetti ingigantiti, quindi sottratti alla loro funzione abituale, risentono fortemente di una eleganza formale frutto di una consapevole ricerca estetica, raffinata e puntuale, che certamente affascina e seduce, ma al tempo stesso sconcerta e disorienta. In diverse delle sue grandi opere si scorge l’intenzione di trasmettere l’insicurezza che deriva da un vissuto dominato dalla paura intesa come condizione esistenziale. Quella paura con la quale ogni essere umano, nel mondo in cui viviamo, potrebbe dover convivere. Quello che più mi attrae nel “leggere” le opere della Hatoum è l’intercettare il suo rifiuto per qualsiasi concezione didascalica, il suo sottrarsi ad ogni soluzione che possa dar luogo a precisazioni e chiarimenti. Sembra che non ami prendere posizioni tramite il suo lavoro, ma che preferisca provocare lo spettatore fino al punto di costringerlo a riflettere a capire o quanto meno indurlo ad avvertire i pericoli che investono anche quella parte di umanità lontana dalle dittature, dai conflitti, dalla miseria, dalle epidemie. Nessuno è al sicuro per sempre, sembra volerci ricordare l’artista.
Mona Hatoum
dal 1975 espone con personali o collettive. Le personali sono state ammirate in molti musei americani, canadesi, messicani, come anche a Londra, Parigi, Berlino, Amsterdam, Gerusalemme. L’esposizione ferrarese è la seconda italiana, e senza alcun dubbio, la più completa. La Biennale Donna, progettata fin dalle sue prime edizioni dall’UDI e dal suo Comitato scientifico, formato da Lola Bonora (curatrice di questa edizione), Annamaria F. Baraldi, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano, Antonia Trasforini e Liviana Zagagnoni (che lo coordina), è esposta al PAC di Palazzo Massari fino al 1 giugno 2008 ed è accompagnata da un catalogo in bilingue. Per informazioni: UDI tel 0532 206233 - udi@comune.fe.it
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