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Modena / In scena “Il vestito di piume”

Modena / In scena “Il vestito di piume”

“Il vestito di piume” nell'ambito de “Il Ratto d’Europa” di Claudio Longhi, uno spettacolo sulla violenza alle donne

Mercoledi, 19/12/2012 - Abbiamo intervistato la portavoce del gruppo Donatella Allegri.

Da quanto tempo il vostro gruppo recita e qual’è la vostra formazione?

La piccola squadra formata da tre attori e un musicista che ha creato e interpretato “Il vestito di piume” non è una vera compagnia, ma è interessante e lusinghiero che a qualcuno lo sia sembrata: fa pensare che il lavoro è parso coerente e la squadra rodata. In realtà, il gruppo si è riunito appositamente per realizzare il doppio spettacolo che si è tenuto il 26 novembre al Teatro Tenda,(al mattino le scuole, alla sera i cittadini) per iniziativa dall’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Modena e con il supporto organizzativo di Emilia Romagna Teatro Fondazione. Il ruolo di collante, in effetti, è stato svolto da ERT, a cui noi attori coinvolti siamo legati per altre collaborazioni, pregresse o in corso.

Attualmente e per l’anno a venire noi attori – Diana Manea, Antonio Tintis e Donatella Allegro – siamo impegnati nello spettacolo ideato e diretto da Claudio Longhi “Il Ratto d’Europa”, che andrà in scena al Teatro Storchi di Modena nel mese di maggio, e nelle molte attività collaterali che il progetto prevede. Diana Manea si è diplomata presso la scuola del Piccolo Teatro di Milano; Antonio Tintis, si è diplomato a Roma presso l’Accademia Di Arte Drammatica «Silvio d’Amico». Io, Donatella, ho studiato a Roma come Antonio ma sono nata e vivo a Bologna. David Sarnelli, il musicista, era alla sua prima collaborazione con Emilia Romagna Teatro e con tutti noi. David, fisarmonicista e organettista, alterna l’attività concertistica e didattica a collaborazioni con compagnie teatrali come musicista di scena. In questo lavoro è stato una presenza attiva, oltre che necessaria. Insomma, grazie all’iniziativa del Comune e alla fiducia da parte di ERT Ufficio ragazzi e giovani, questa rete di conoscenze stratificate e un po’ casuali, incrociatesi sul fertile suolo modenese, si è trasformata nel piccolo gruppo che ha ideato e interpretato “Il vestito di piume”.



A quali testi vi siete ispirati per questo spettacolo riguardo la violenza sulle donne?


Alla costruzione della drammaturgia abbiamo lavorato noi attori, operando una scelta e un montaggio dei testi prima molto ampia (si potrebbe fare un altro spettacolo solo con i materiali scartati!) che abbiamo voluto lievemente diversa per la lettura della mattina, dedicata alle scuole superiori, e per la sera, destinata ad un pubblico adulto o comunque “teatrale”. Aggiungo che non è una novità per noi essere qualcosa di più che esecutori: anche nel “Ratto d’Europa”, nonché nelle nostre attività indipendenti, siamo abituati a scegliere, elaborare e riscrivere testi; credo che sia una cosa che accomuna molti di noi attori trentenni – una strana generazione che ha avuto una formazione solida, per certi versi tradizionale, ma che in un mondo della cultura senza investimenti e senza collaborazioni durature ha la necessità e insieme il desiderio di essere parte attiva in tutto il processo che porta allo spettacolo. In questo caso, dato il peso del tema trattato, ci siamo tuffati con impegno nella drammaturgia, musicista compreso. Siamo partiti mettendo in campo le nostre conoscenze personali e da lì, scambiandoci opinioni e facendo ricerche in biblioteca, abbiamo allargato le nostre conoscenze e le nostre scelte.

Ciò che ne è uscito si può riassumere in tre nuclei sotto-tematici: 1) testi che descrivono il fenomeno della violenza, con eventi, dati e descrizioni; 2) testi che facciano emergere il collegamento tra la “mala-educazione di genere” e il sostrato culturale su cui la violenza si innesta; 3) testi che abbiamo chiamato, per comodità, “poetici”, di apertura, con un respiro verso il futuro. Il nostro musicista ha optato per brani non facilmente riconoscibili, atmosfere scure, inevitabilmente coerenti con il tema, ma mai enfatiche. Anche nella scelta dei testi abbiamo evitato di toccare corde da “thriller”: ci sarebbe parso offensivo e completamente inutile alla comunicazione che volevamo instaurare.

Per quanto riguarda il primo nucleo, abbiamo attinto alla saggistica più o meno recente: Malamore di Concita De Gregorio; Se questi sono gli uomini di Riccardo Iacona; la raccolta Amorosi assassini; L’avvocato delle donne di Tina Lagostena Bassi e anche da alcune opere letterarie, come il celebre La donna che sbatteva nelle porte di Roddy Doyle, Lo stupro di Franca Rame, fino a La sonata a Kreutzer di Tolstoj. Per quanto riguarda l’educazione di genere abbiamo scelto brani da Elena Gianini Belotti, Prima le donne e i bambini; Irene Biemmi, Stereotipi sessisti nei libri delle elementari; Michela Marzano, Sii bella e stai zitta. I brani più poetici sono tratti dal recente Se non ora quando, di Eve Ensler e dal più classico L’harem e l’Occidente di Fatema Mernissi. Da quest’ultimo libro viene anche l’idea del nome dato all’iniziativa: La donna dal vestito di piume, infatti, è il titolo con il quale la nonna dell’autrice raccomanda sia tramandata una delle novelle delle Mille e una notte nella sua versione “eretica”, cioè sostanzialmente femminista.

Un po’ a cavallo tra il secondo e il terzo nucleo sta un brano che abbiamo tratto dal sito di “Maschile plurale”, il gruppo di ricerca sulle tematiche di genere dal punto di vista degli uomini: un appello contro la violenza di genere scritto da Sandro Bellassai nel 2009. È un testo di grande importanza, che raccomando a tutti. Alcuni dei testi che ho citati sono stati assemblati in un montaggio incalzante a tre voci più musica che apriva entrambe le versioni dello spettacolo, quella della mattina e quella della sera.



Avete recitato per le scuole e continuate a farlo. Qual è la vostra opinione circa l'utilità di queste iniziative?

La replica per le scuole è stata pensata dall’Assessora Marcella Nordi, e ci è sembrata subito una scelta così importante da meritare un’elaborazione a parte, sia nella scelta dei brani sia nell’organizzazione dello spettacolo. L’idea è stata quella di amplificare il nucleo sotto-tematico dell’educazione di genere, per comunicare ai ragazzi che quello che raccontiamo loro – che una donna ogni tre giorni muore per mano di un uomo, e muore in quanto donna, e che molte altre violenze più o meno nascoste vengono agite ogni giorno – li riguarda molto da vicino: riguarda il loro modo di parlare e di pensare, viene da quello che leggono, guardano, osservano e respirano. Abbiamo quindi fatto una selezione delle favole sessiste raccolte e analizzate da Irene Biemmi – scegliendo volutamente di affidarne la lettura alla voce maschile di Antonio – scelta che invece non abbiamo fatto per lo spettacolo della sera (in quell’occasione, invece, abbiamo letto la Gianini Belotti); abbiamo scelto la Marzano, più diretta, forse, invece che Bellassai; per la “fiction” abbiamo preferito Tolstoj a Roddy Doyle, che è molto drammatico. Soprattutto, però, abbiamo voluto che ci fossero non solo parole letterarie, riportate in modo frontale, ma anche un dialogo dal vivo. Abbiamo quindi invitato a intervenire Roberta Mori, Presidente della Commissione per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini della Regione Emilia Romagna, e abbiamo terminato la mattinata proiettando il documentario “Comizi d’amore 2012”, realizzato e gentilmente concesso dall’Associazione Hamelim di Bologna, che sulla scorta delle famose interviste pasoliniane ha mandato i ragazzi delle scuole superiori a fare domande su sentimenti, sessualità e rapporto con il corpo a loro coetanei e ad adulti incontrati per le strade. Personalmente, mi sarebbe piaciuto coinvolgere anche la Casa delle donne contro la Violenza di Modena, ma per varie ragioni non è stato possibile. A inizio della mattinata abbiamo però assistito alla presentazione e alla premiazione di un altro interessante lavoro specificamente creato dagli studenti sul tema dell’educazione di genere. Ecco: l’importanza di parlare di questi temi con i ragazzi, che sono il vero motore del cambiamento, è indubbia, tanto che è quasi retorico ribadirlo. Ma può essere molto più grande se episodi come questo sono preceduti e seguiti da un lavoro quotidiano di educazione alle differenze di genere, all’affettività, al rispetto della libertà e delle differenze. Noi attori ci fermiamo su questa soglia: ricordiamo i fatti, scegliamo e riportiamo i testi più efficaci, ribadiamo che la parola e lo studio sono alla portata di tutti e che sono la prima – anche se certo non l’unica – delle chiavi possibili per cambiare la società. Ma qui ci dobbiamo fermare, qui comincia, o continua, nei casi più virtuosi, il lavoro quotidiano degli insegnanti e l’approfondimento da parte dei ragazzi. E in tutto questo, le istituzioni devono assolutamente fare la loro parte, con soldi e iniziative.

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